"Vacanze d'inverno”

Italia/Francia, 1959 colore cinemascope 108’

Regia di Camillo Mastrocinque

Attori: Alberto Sordi - Vittorio De Sica -

Eleonora Rossi Drago

 

 

 

 

                                 chiudi la pagina

recensione di  Luigi Fiorentino

 

Il chiosco di acquafrescaio di don Armando, era posto all’angolo del bel largo Ferrandina (Napoli) a poca distanza dalla elegante Via dei Mille. La signora Sisina, sua moglie, si occupava della clientela spicciola servendo bibite in bottiglia, qualche caffè e preparando la buonissima e dolce orzata o la rossa ed aspra amarena. Le due bibite dal costo modesto di 15 lire a bicchiere, erano poste in capaci contenitori di vetro dotati di un rubinetto per la loro erogazione. A coloro che volevano una bibita speciale anche se un po’ più cara, la signora proponeva il prestigioso “americano”, nato da una felice intuizione del marito mescolando orzata, amarena, succo di limone ed aggiungendo una furtiva punta di bicarbonato che conferiva al prodotto una naturale effervescenza. Insomma il lavoro dell’acquafrescaio era ben condotto con incassi soddisfacenti. Ma don Armando, animato dal sacro fuoco degli affari, praticava anche altre piccole attività: smercio di sigarette di contrabbando, piccoli prestiti con interessi ragionevoli, acquisto e vendita di oggettini d’oro nonché di quadri d’autore. Tra questi ultimi le opere del famoso Giuseppe Casciaro, conosciuto pittore napoletano morto nel 1941. Tuttavia non erano pochi tra i clienti di don Armando e gli artigiani della zona, che nutrivano forti dubbi circa l’autenticità di queste tele. Mio cugino Peppino, affermato consulente del lavoro con studio al nobile palazzo D’Avalos, ne era ottimo ed assiduo cliente, fidandosi ciecamente della genuinità dei quadri proposti dall’acquaiuolo. Forse sarà stata la fedeltà di cliente di Peppino, il motivo per cui il nostro esimio commerciante, gli volle fare omaggio di due biglietti per una premiere al cinema Arlecchino di Via Alabardieri, dove peraltro svolgeva l’attività pomeridiana di maschera. Il film inaugurava in quell’ottobre del 1959, la nuova stagione cinematografica. La pellicola in programma era “Vacanze d’inverno”, a suo dire, un filmone molto divertente ed anche un poco piccante. In quell’occasione fui fortunato, in quanto lavorando nel suo studio come aiutante, fui invitato ad accompagnarlo al cinema in quella che potremmo definire con ironia, “una scappatella”. Come d’abitudine, la proiezione del film venne preceduta da una serie di pubblicità mentre in sala, una luce soffusa consentiva al giovanotto la vendita delle caratteristiche bomboniere Algida. Quindi fu la volta del cinegiornale “Settimana Incom”. Finalmente, le luci si spensero e iniziò la sospirata proiezione del film in technicolor “Vacanze d’inverno”. Il cast tecnico di prima categoria: regia C. Mastrocinque, sceneggiatura Sonego-Mastrocinque-Biancoli, scenografia M. Chiari, musiche del maestro A. Trovaioli. Gli attori rappresentati da un cast internazionale di grande livello e sicuramente tra i migliori del tempo: A. Sordi irresistibile, V. De Sica nel ruolo di portiere d’hotel, E. Rossi Drago affascinante e misteriosa nella parte della contessa Paola, e poi C. Kaufmann, M. Morgan, R. Salvatori, G. Marchal, P. Crossoy e tantissimi attori di secondo piano inseriti in maniera perfetta. Il felliniano G. Calì qui zio Carlo, R. Marchi il commendatore con i grandi ciglioni che recitavano per lui, l’eterno giovanotto G. Meynier, G. Partanna specializzato in ruoli alberghieri di cameriere, maitre, direttore di night club qui promosso direttore di Grand Hotel. Da segnalare infine il nostrano Enzo Turco nel ruolo di segretario del commendatore, abbigliato in maniera eccentrica e spiritosa. Il film incassò 650 milioni di lire, un’enormità considerando che un impiegato ne guadagnava 20.000 con gli straordinari. Le due ore di spettacolo passarono velocemente ed in assoluto divertimento. Il folto pubblico partecipò con interesse alle vicende dei personaggi, che si svolgevano nella magica atmosfera raffinata e tentatrice del Grand Hotel Miramonti di Cortina d’Ampezzo, perla delle Dolomiti. Qui, tra Natale e Capodanno, piomba in questa società frivola e ricchissima, un impiegato romano, il ragioniere Alberto Moretti (Sordi). Vi arriva insieme alla figlia Titti con la sua nuova Fiat 600. E’ stata proprio la figliola che, vincendo un concorso televisivo, ha avuto diritto a vivere un periodo in un ambiente così inusuale e tentatore. Il ragioniere s’innamorerà quasi subito di un’attraente contessa (Rossi Drago) spendendo ingenti somme in fiori e regali per essere alla sua altezza. Proprio la notte di Capodanno, ad un passo dalla meta e dalla conquista, si vedrà malamente respinto terminando in modo inglorioso, una vacanza che gli era parsa così seducente e trasgressiva. Nell’episodio del simpatico ragioniere, grazie ad una brillante sceneggiatura, s’incastrano poi tanti altri personaggi che creano un carosello di amori, intrighi, gelosie ed equivoci. Al finale bellissimo, tutti si ritroveranno felici e contenti. Poteva accadere tutto ma non è accaduto niente; insomma una giostra di amori ed adulteri sognati e mancati. Le due ore di proiezione volarono divertendo e facendo sognare al folto pubblico, una vacanza dolomitica che pochi, fra i presenti, avrebbero potuto realizzare. Mi ritrovai all’uscita della sala di Via Alabardieri con Peppino, che senza poter commentare per la fretta, scappò a casa. La severa moglie gl’imponeva orari molto rigidi. Io invece attraversai la bella ed oziosa Piazza dei Martiri infilando Via Calabritto con la sua sempre emozionate prospettiva sulla Piazza Vittoria, il Golfo e l’isola di Capri. Alcuni operai erano intenti a rimuovere dalla Villa Comunale le luminarie della trascorsa Piedigrotta che quell’anno non era stata particolarmente brillante. Le sue canzoni, infatti, non avevano avuto successo e la gente continuava a fischiettare “Guaglione” appartenuta all’edizione dell’anno precedente. Tutto sommato, escludendo l’inaugurazione dello Stadio San Paolo e l’exploit di Modugno con “Piove” a Sanremo, quel 1959 era stato un anno di transizione abbastanza banale. L’anno successivo, il 1960, sarà invece l’anno del boom. Tutti incominceranno a lavorare e le industrie a produrre. Gli elettrodomestici riempiranno le case anche se acquistati a rate. Il neologismo “motorizzazione” spiegherà perché le strade saranno piene di auto. Di riflesso il mensile “4ruote” diventerà la Bibbia degli automobilisti. Si vestirà Facis mentre l’uso del sapone Lux, quello di 9 stelle su 10, farà sentire le signore italiane un po’ holliwoodiane. Intanto alla radio un simpatico italo-americano di nome Mike Bongiorno, importerà dagli USA un nuovo modo di fare pubblicità imbonendo i radio ascoltatori ad usare i prodotti Oreal. Piano, piano, scopriremo gioie e dolori del consumismo che potremo curare con Cynar, contro il logorio della vita moderna. In Agosto si aprirà a Roma l’edizione memorabile della XVII Olimpiade che tante soddisfazioni darà agli atleti italiani. Anche sulla scia della pubblicità di questo evento, gli stranieri scopriranno le bellezze del bel paese. Tedeschi, francesi, inglesi ed americani riempiranno le più belle località italiane. Anche gl’italiani cominceranno a pensare alle vacanze e si apriranno nuove agenzie di viaggio. Lavorare in questo settore diventerà simbolo di abilità e capacità professionale. Anche per me il 1960, fu l’anno della svolta. Trovai finalmente un impiego fisso e sicuro che, per la sua banalità, abbandonai dopo un po’ di tempo per dedicarmi al turismo, lavoro pieno di rischio e sacrificio ma così interessante e seducente da amarlo tutta la vita. E chissà che questa scelta così importante per il mio futuro, non sia stata ispirata da quel bel film che parlava di vacanze, grand hotel e gente altolocata.

 

 

IL TRENINO DI "VACANZE D'INVERNO"

di Gennaro Fiorentino

L’epilogo del soggiorno a Cortina del ragionier Moretti è anche l’epilogo del film. Allo sfortunato turista, finita la vacanza premio e deluso per la mancata conquista amorosa, non resta altro che fare le valige e partire; non prima però di essere passato per la portineria dell’hotel a regolare i conti. Purtroppo vi trova una nota infinita che, ormai in bolletta, non è in grado di saldare. L’unica soluzione è quella di lasciare in pegno la sua Fiat 600, con l’improbabile prospettiva di poterla riscattare appena possibile saldando quanto dovuto. Quindi si avvia mestamente alla stazione con le valige e la sua figliola.

La stazione è quella della dismessa “Ferrovia delle Dolomiti”. Il film ci regala quindi, per le sue esigenze di sceneggiatura, alcune delle poche immagini a colori esistenti di questa ferrovia che la miopia spinse i suoi amministratori a chiudere nel 1964, ma che nel 1959 era in piena attività.

Prima di analizzare gl’interessanti frames della pellicola, è opportuno dare qualche informazione circa la storia del trenino azzurro. La sua nascita si deve alle esigenze belliche della Grande Guerra, quando, per velocizzare l’afflusso al fronte di mezzi ed uomini, il Genio militare italiano costruì una linea decauville tra Cortina e Calalzo di Cadore, limitandosi a posare strette rotaie lungo la strada statale. Si trattava quindi, di una struttura essenziale, che si cercò di rendere più affidabile con i lavori che si svolsero nel 1917. Purtroppo la concomitante disfatta di Caporetto, fece finire in mani nemiche quanto costruito.

Dopo la guerra seguì un periodo di abbandono della struttura, cui pose fine l’amministrazione militare italiana per il suo utilizzo a fini civili, impiegando piccole locomotive preda bellica (feldbahn). Dopo un esordio abbastanza fallimentare, l’esercizio migliorò notevolmente. Ciò incoraggiò il Ministero ad affidarne ad una Società privata (SFD), la gestione con l’utilizzo di locomotive a vapore specifiche per una ferrovia convenzionale, anche se acquistate usate. Lo scartamento fu portato a 950 mm ed il tracciato fu migliorato. Nel 1927 la linea fu elettrificata a 3000 volts e finalmente poté arrivare a Dobbiaco, assumendo una lunghezza di 65 chilometri, tra i due estremi ambedue serviti da linee FF. SS. Il materiale utilizzato consisteva in sei elettromotrici (001-006) e sei rimorchiate con alcuni bagagliai; il tutto fornito dalla Stanga di Padova.

Nel 1956 Cortina ospitò le Olimpiadi invernali. La ferrovia fu ancora una volta migliorata nel tracciato e furono acquistati sempre dalle OMS, due ETR (007 e 008) a tre casse simili a quelli della Roma-Fiuggi ma non accoppiabili. Fu il canto del cigno. Dopo un luttuoso incidente sulla tratta Cortina-Dobbiaco e vari ridimensionamenti, il 17 Maggio 1964 alle ore 18.20 l’ultimo convoglio percorse la linea che fu chiusa. I due ETR, di recente acquisizione e dunque in ottimo stato, adeguati nello scartamento a 1000 mm, furono ceduti alla ferrovia Trento-Malè. Oggi sono in molti a rimpiangere il trenino azzurro ed il servizio che avrebbe potuto fornire alla Valle Ampezzana, per ridurne il traffico automobilistico e l’inquinamento. Mentre di tanto, in tanto, qualche comitato civico invoca improbabili riaperture.

Allora con un po’ di nostalgia, godiamoci queste immagini riprodotte dal brillante technicolor del film. La prima (Foto 1) ci mostra una veduta esterna della stazione. Si intravede una rimorchiata in sosta sul piazzale, uno sgargiante bus rosso sulla parte esterna e varie auto tra cui una Bianchina in primo piano. Di lontano cime innevate.

Passando al secondo (Foto 2), vediamo il giovanotto Franco (Geronimo Meynier), innamoratosi della giovane Moretti, si avvicina al convoglio in partenza per dichiararsi con il papà. All’epoca si usava così. La carrozza azzurra e lucidissima reca la scritta con bei caratteri “Ferrovia delle Dolomiti”. La prospettiva dei finestrini, ci fa ben intendere la presenza nella realtà di una prima e di una seconda classe. In fondo si nota la presenza di un bagagliaio.

Foto 1 - Bella immagine dell'esterno della stazione di Cortina con cime innevate ed animazione.

Foto 2 - Franco, in stato d'ansia, cerca attraverso i finestrini la sua amata per dichiararle il suo amore.

Foto 3 - Un fischio del capostazione ed il treno parte.

Nella foto 3, il capostazione dà il segnale di partenza mentre il macchinista si affaccia dalla motrice matricola 002. Foto 4: il treno è partito e Franco è riuscito a comunicare il suo amore. Ma il bagagliaio è diventato una carrozza di II classe mentre un’altra rimorchiata sulla destra è in sosta sul piazzale. Il film volge al termine ed incominciano a scorrere i titoli di coda. Li vediamo nella foto 5 insieme ad un bel ponte con il treno in transito. Ma la motrice è diventata un ETR (007 o 008) con una rimorchiata ed è ricomparso il bagagliaio. Licenza cinematografica.

 

Foto 4 - Franco ce l'ha fatta: si è dichiarato con l'amata e con il suo papà. Arrivederci a Roma!

 

Foto 5 - Il treno si dirige verso Calalzo mentre scorrono i titoli di coda.

Che banalizzazione: un ETR con una rimorchiata ed un bagagliaio!

 

Una curiosità per i cinefili. Tre anni prima (1956), Alberto Sordi girava per il film “Conte Max” di Giorgio Bianchi, alcune sequenze simili al film di cui ci occupiamo (Foto 6 e 7). L’ambientazione, oltre al bianco e nero, non era cambiata molto. Però quella volta, era il protagonista che stava sulla banchina a cercare qualcuno in partenza. Un’altra similitudine. Entrambi i film furono ambientati nell’hotel Miramonti di Cortina, sia nella parte esterna che nella hall. Ma in quello del 1956 fu utilizzata per le poche immagini previste, proprio la hall dell’albergo; mentre in quello del 1959 la cui sceneggiatura prevedeva molte sequenze, la hall fu ricostruita negli studi cinematografici, con uno stile teatrale e pertanto non molto credibile.

Un’ultima annotazione. Nel 1998 i fratelli Carlo ed Enrico Vanzina (figli del regista Stefano in arte Steno), girano per Mediaset la miniserie “Anni ‘50” ambientata a Capri. I fratelli (regista e sceneggiatore), è notorio, sono portatori di una notevole competenza cinematografica, di certo assorbita già dall’infanzia tra le pareti domestiche. Pertanto amano, nelle loro opere, produrre citazioni, ammiccamenti e riferimenti ad opere italiane trascorse attinte dal loro bagaglio di cultura filmografica. Ma lo fanno in maniera così simpatica da suscitare non irritazione, ma tenerezza e nostalgia.

“Anni ‘50” non tradì questo stile che tra le varie storie e personaggi, inserì quella di Mario Proietti (A. Fassari), un romanaccio che grazie ad un concorso televisivo vinto dalla figlia Marisa (C. Capotondi), si aggiudica un soggiorno al “Quisisana” di Capri. Anch’egli, superando un avvio goffo ed imbarazzato, finirà con l’innamorarsi di una contessa e si rovinerà spendendo tanti soldi per poterla conquistare. Intanto Marisa cadrà tra le braccia di un ragazzo, di certo di classe sociale superiore. Allora se al posto del mare, ci mettiamo la neve, credo che il riferimento al film recensito, sia stato quanto mai esplicito.

 

Foto 6 - Alberto Sordi (Conte Max) si precipita in stazione per recuperare la sua valigia

Foto 7 - Alberto Sordi (Conte Max) fa capolino presso il treno

alla ricerca dei suoi conoscenti in partenza per Calalzo.

 

chiudi la pagina

vedi anche