Tre strisce metalliche sul frontale,
decrescenti verso il basso, fino all’ultima
compresa tra i fanali: così si potevano
riconoscere senza difficoltà i filobus
fabbricati dalla Casaro, una delle più rinomate
Case costruttrici di carrozzerie per mezzi
pubblici, la prima ad importare dall’America il
progetto di una struttura autoportante, l’Aerocoach
(divenuta in Italia Tubocar) nel 1948.
Ma già all’avvento del mezzo
filoviario in Italia (parlando, ovviamente, di
filobus di seconda generazione) la Ditta di
Carmagnola era presente sul mercato; basterà
ricordare le vetture realizzate in sintonia con
l’ALFA Romeo per Roma, Napoli e Salerno o i FIAT
672 presenti nella Capitale, a Livorno, a
Salerno e a Palermo. Ma è nel secondo dopoguerra
che la Ditta di Carmagnola entra prepotentemente
nel settore delle carrozzerie filoviarie con la
costruzione di ben 80 filobus destinati alla
rete di Atene, ma acquistati dal Governo
italiano in conto di danni di guerra dovuti alla
Grecia. È proprio su queste vetture che appare
per la prima volta quello che diventerà il
simbolo dei filobus Casaro, la presenza di tre
strisce sul frontale.
A sinistra: vettura A.R. 110 AF – Casaro
costruita per la rete di Napoli nel 1940 su
disegno unificato
della Casa di Arese (Archivio Ansaldo). A
destra: A.R. 140 AF – Casaro realizzato dalla
Ditta di Carmagnola
su proprio disegno in servizio sulla rete
ateniese. Oltre le “tre strisce sul frontale”
è visibile lo sterzo posto a sinistra
secondo l’uso greco già negli anni ’50 (foto P.
Haseldine). Agli ALFA
140 ateniesi fanno seguito dieci esemplari
pressoché simili realizzati nel 1953 per la rete
di Firenze (gruppo 3121÷3130, di cui otto
finiranno anch’essi ad Atene dopo la chiusura
della rete fiorentina), mentre altri 5 ALFA 140
saranno costruiti da Casaro nel 1956, ma con una
diversa e più moderna scansione dei finestrini:
quattro di essi andranno a costituire la serie
catanese 301÷304, mentre un solo esemplare
incrementerà la filovia irpina all’atto della
sua estensione a Mercogliano, assumendo la
matricola 184. Nel frattempo, la Casaro si era
cimentata anche nella realizzazione di vetture
FIAT 672/225, con guida a destra, destinate a
Palermo (gruppo 221÷225) e a Catania (201÷204).
Nella vettura palermitana 225 – ritratta a
sinistra – le tre strisce sulla calandra sono
spezzate dall’inserzione della matricola
ed appaiono di misura uguale (coll. G. Di
Lorenzo),
mentre (foto
a destra di P.
Haseldine) il
filobus
avellinese 184
presenta la
scansione
“classica”
del fregio distintivo della Casa di
Carmagnola. Ad Atene i
filobus italiani piacquero sicché l’Azienda
della capitale greca ne ordinò altri ancora
(precisamente 46) alla Casaro. Questa volta si
trattava però di vetture altamente innovative,
le prime in assoluto da 12 m realizzate con la
tecnica della struttura autoportante. Di più,
avevano la singolare caratteristica di essere
dotate di gruppi meccanici Lancia, opzione
certamente fra le meno comuni. I nuovi filobus
saranno accodati a quelli con meccanica ALFA
assumendo le matricole 1081÷1126.
Atene di nuovo protagonista: in alto a
sinistra il dépliant dei “modernissimi” Tubocar
F79 e a destra
un esemplare del gruppo fotografato in
servizio nella capitale greca (vettura 1097,
foto P. Tordeur).
Nel frattempo, la Casa
di Carmagnola cominciava a produrre filobus
autoportanti anche per l’Italia. Il primo
ordinativo è quello proveniente da Brescia per
dieci filobus con gruppi meccanici A.R. 910:
saranno divisi in due gruppetti, 45÷47 del 1953
e 49÷56 dell’anno successivo. Curiosamente, sono
gli unici a non essere contraddistinti dalle tre
strisce sul frontale, che tornano però in
tutta la successiva produzione: sette filobus
FIAT 2405 con guida a sinistra per Cagliari
(gruppo 551÷557), tre con guida a destra ed
analoghi gruppi meccanici per la piccola rete di
Civitanova Marche (4÷6), dieci FIAT 2405 per
Palermo (gruppo 130÷139 del 1956), ancora
vetture per Cagliari del 1956-’57 realizzate in
parte con gruppi FIAT (558÷561), in parte con
gruppi Lancia (562÷567).
Ancora al 1957 va ascritto il
grosso ordinativo di quarantanove filobus per la
rete di Roma: si tratta in questo caso di
vetture a guida centrale, ancora una volta
dotate di gruppi meccanici Lancia (4501÷4597 con
sole matricole dispari), che la Casaro farà
materialmente costruire dalla sua affiliata
Mater con stabilimento a Grotte Celoni.
Identici, ma costruiti nella sede “centrale”
dell’Azienda sono, invece, i tredici Lancia
Esatau – Casaro per Salerno, che saranno
numerati dall’ATACS 251÷263.
Quattro diversi modelli di filobus costruiti
da Casaro negli anni ’50 con la tecnica della
struttura portante Tubocar:
uno dei tre
FIAT 2405 per
Civitanova
Marche (foto P.
Gregoris) ed uno
dei dieci
costruiti per
Palermo (coll.
Di Lorenzo);
un Lancia Esatau a guida centrale per la
rete di Roma (foto M. Diotallevi) e la vettura
558 di Cagliari (foto M. Diotallevi).
Sin dal 1959 (ancora otto filobus con gruppi
meccanici A. R. 910 per Brescia e ben 120 per la
rete de Il Cairo) il disegno delle carrozzerie –
tutte con guida a sinistra – sarà quasi
unificato, ma mai mancherà la nota distintiva
delle tre strisce della calandra, anche se
talora leggermente differenti. Nel tempo la
produzione della SEAC sarà la seguente: 25 FIAT
2405 ancora una volta per Cagliari (gruppo
568÷592), 10 Alfa mille per La Spezia (serie
231÷240), 8 FIAT 2405 per Verona, divisi in due
sottoserie (137-138 con equipaggiamento
elettrico e motore TIBB, 139÷144 con
apparecchiature CGE) e infine due serie ancora,
con guida a destra,
per l’ATM di Milano (201÷220: A.R. mille – SEAC
CGE del 1963 e 101÷120: A.R. mille – SEAC TIBB
del 1964).
Concludiamo la galleria di immagini dei
filobus Tubocar: in alto a sinistra la foto di
fabbrica delle vetture destinate in Egitto,
caratterizzate
da due porte
estreme, a
destra la
vettura 142 di
Verona (foto P.
Haseldine),
infine due
testimonianze
delle serie
“200” e “100”
dell’ATM
milanese: qui le
tre strisce sono
più piccole, più
“alte”
e sormontate da un
‘baffo’ (vettura
106, foto P.
Haseldine,
vettura 218,
coll. A.
Cozzolino).
Foto del titolo:
La vettura 255 del parco salernitano (foto
M. J. Russell).
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