Storia della filovia
Le condizioni del trasporto pubblico
nell’area avellinese al termine del
secondo conflitto mondiale erano non
meno precarie che in altre aree della
Penisola provate dalla durezza degli
anni di guerra. Ma – non meno che
altrove – si avvertiva in essa la
volontà di rinascita che necessariamente
passa attraverso un’organica
ristrutturazione dei trasporti.
Fu l’on. Carmine De Martino, noto
personaggio politico democristiano,
titolare della S.A.I.M. (Società
Agricola Industriale del Mezzogiorno) e
già impegnato nella T.E.P.S. (Tranvie
Elettriche della Provincia di Salerno) e
quindi buon conoscitore del “mondo” dei
trasporti, a lanciare la proposta di
realizzare un collegamento filoviario
tra il capoluogo irpino e Atripalda per
ottenere un rapido allacciamento tra i
due Comuni evitando le lungaggini
connesse all’eventuale costruzione di
una linea elettro-ferroviaria, che era
invece propugnata da non pochi esponenti
locali.
Sulla sinistra,
evidenziato, l’on. Carmine De Martino
mentre partecipa ad una manifestazione
della S.F.I. (Archivio A.T.I.-AV).
Sulla base della proposta De Martino
nasceva così un Comitato promotore della
filovia Atripalda-Avellino, nucleo
originario della futura S.F.I. (Società
Filoviaria Irpina). Il primo
significativo problema che ad esso si
pose fu quello del percorso della nuova
linea e, in particolare,
dell’attraversamento della grossa
frazione di Pianodardine, rappresentata
da non pochi soci della costituenda
Società. La ‘salomonica’ decisione del
Comitato fu che – pur rispettando l’asse
piazza Libertà di Avellino – staz.
ferroviaria di Avellino – p.zza Umberto
I di Atripalda – sarebbe stato
realizzato un itinerario alternativo
proprio attraverso Pianodardine.
Il progetto della linea fu affidato
(forse anche in questo caso su
suggerimento del De Martino) al
salernitano ing. Domenico Capano,
divenuto in seguito (e per lunghi anni)
Direttore di esercizio della filovia.
L’ing. Domenico Capano, progettista della filovia irpina
e per lunghi anni suo Direttore
(Archivio A.T.I.-AV).
La nascita della Società Filoviaria
Irpina va fissata al 19 agosto 1946,
data della prima Assemblea dei Soci che
si tenne presso il cinema Ideal di
Atripalda dopo che era stata chiusa la
sottoscrizione delle azioni, curata in
particolare dal dott. Salvatore Cioppa,
Direttore della filiale di Atripalda del
Banco di Napoli. Scopo della Società era
(ovviamente) la costruzione e la
gestione di “un servizio pubblico di
trasporto di persone e di cose con un
impianto filoviario”, e la sua durata
era prevista fino al termine prorogabile
del 31 dicembre 1975. Nell’occasione,
venne eletto anche il primo Consiglio di
Amministrazione, composto di nove membri
e presieduto dal prof. Basilio Focaccia,
personaggio anch’egli molto legato al De
Martino.
Il 1947 vide dapprima l’approvazione
della costruzione della linea da parte
del Comune di Atripalda (per la parte di
sua competenza) il 13 marzo e quindi
l’analoga approvazione da parte del
Comune di Avellino il successivo 15
aprile. Il 19 luglio 1947 il dott.
Salvatore Cioppa, nel corso di una
significativa Assemblea, poteva
felicemente affermare che ogni ostacolo
alla realizzazione dell’opera era stato
superato e che – grazie ancora una volta
al De Martino che aveva favorito
l’acquisto di non poco materiale
necessario all’impianto della rete – i
lavori erano ormai “in dirittura
d’arrivo”. Anzi, era già possibile
fissare la data dell’inaugurazione della
filovia che si volle far coincidere con
la festa di S. Sabino, protettore di
Atripalda, il successivo 16 settembre.
Il materiale rotabile d’impianto era
costituito da quattro vetture FIAT 668F/CaNSA
CGE che era stato possibile reperire in
tempi brevissimi perché costruite in
realtà per la città di Valencia
(ordinativo del 1944), ma da questa
ricusate perché rese disponibili dalla
Casa torinese solo alla fine della
guerra. La solenne cerimonia, cui prese
parte il Ministro dei Trasporti on.
Guido Corbellini, si svolse nei locali
della cosiddetta Dogana di Atripalda, il
locale che il Comune aveva messo a
disposizione della S.F.I. come sua Sede
e deposito delle vetture.
Certificato
azionario della Società Filoviaria Irpina
contenente i dati relativi alla
costituzione della Società, e
due immagini
della gran folla che partecipò
all’inaugurazione della rete filoviaria irpina il 16 settembre 1947. Nella
seconda foto, sulla destra, si scorge
l’abate di Montevergine padre Ramiro
Marcone, uno dei grandi fautori della
realizzazione della funicolare
Mercogliano-Montevergine (Archivio
A.T.I.-AV).
Il regolare avvio del servizio
filoviario coincise però con le proteste
da parte dei cittadini di Pianodardine
che non vedevano cominciare i lavori
necessari alla realizzazione di quel
percorso alternativo della filovia di
cui più sopra s’è detto, in realtà a
causa della mancata consegna dei pali
necessari al sostegno della rete aerea.
Il percorso alternativo vedrà infatti
comunque la luce, ma solo nel 1949,
dando vita alle linee filoviarie 1 e 2.
Anche il costo delle corse e il
sovraffollamento delle vetture fu causa
di non poche lamentele da parte
dell’utenza. A tal proposito va
ricordato che le tariffe oscillavano tra
le 10 e le 20 lire a seconda della
tratta percorsa e che la frequenza media
delle corse era intorno ai 20 minuti.
Le bianche
filovie cominciano il loro quotidiano
lavoro: vediamo due vetture che si
incrociano in corso Vittorio Emanuele,
e un altro
filobus al capolinea di Atripalda
(ambedue le cartoline coll. A. Cozzolino).
Tra i progetti di espansione della linea
maggiore rilievo aveva certamente la
possibile estensione della filovia fino
a Mercogliano, anche in previsione della
costruzione della funicolare
Mercogliano-Montevergine. Questa, però,
nonostante molti progetti presentati fin
dall’inizio del secolo, appariva ancora
molto lontana da una concreta
realizzazione a causa delle notevoli
difficoltà costruttive. Proprio per
questo, il Cioppa propose
(nell’assemblea del successivo 1949) che
l’eventuale prolungamento della filovia
fosse correlato alla costruzione
dell’impianto a fune, ma tale sua
proposta fu disattesa e l’assemblea si
espresse a favore di un prolungamento a
Mercogliano indipendentemente dalla
costruzione della funicolare. In
quest’ottica, sin dal successivo 1950,
fu dato mandato all’ing. Capano di
preparare il progetto per il
prolungamento.
Negli anni successivi, la S.F.I. (come
appare dai suoi bilanci) fu tutta
protesa verso lo sviluppo societario e
del servizio, e lo dimostrano due
estensioni automobilistiche,
l’istituzione di una linea circolare
interna ad Avellino sin dal 1950 e un
prolungamento verso la frazione di Valle
attuato nel 1954. Al 1956 risale infine
l’istituzione di una terza autolinea
collegante il centro di Avellino con la
frazione di Bellizzi Irpino.
Ma il 1956 rappresenta soprattutto il
momento dell’estensione della linea
filoviaria a Mercogliano, evento che è
caratterizzato anche dall’aumento del
materiale rotabile con l’acquisto di due
filobus a tre assi anch’essi ottenuti
grazie all’intervento della SO.ME.TRA.
di Salerno e – quindi – del De Martino.
La rete
filoviaria irpina dopo il prolungamento
a Mercogliano.
A questa situazione rosea segue – nella
seconda metà degli anni ‘50 – una serie
di anni ‘grigi’ che culmineranno con il
primo bilancio in rosso, quello del
1959. Causa di queste risultanze
negative della S.F.I. sembra essere
stata soprattutto la necessità di
reperire almeno due autobus usati per
sopperire al fermo (a rotazione) delle
vetture filoviarie di prima dotazione
che la M.C.T.C. impose di revisionare.
A partire dal 1959 – e con la sola
eccezione del 1961 – tutti i bilanci
della S.F.I. si chiuderanno in perdita,
e a nulla varrà la decisione – assunta
già nel 1958 – di accrescere il capitale
sociale, visto che le nuove azioni
immesse sul mercato non avranno gran
numero di acquirenti. E, se è vero che
la filovia perdeva sempre più introiti a
causa del diffondersi della
motorizzazione privata, è anche vero
anche che appare inspiegabile come la
Società non provvedesse a modernizzare
per quanto possibile la rete e ad
accrescerne la dotazione, acquistando
invece altri autobus (!). Sembra quasi
di assistere (leggendo i verbali delle
varie Assemblee) ad una rassegnata
‘resa agli eventi’: unica speranza
appare infatti una sovvenzione
governativa, che avrebbe dovuto essere
concessa in virtù della riconosciuta
pubblica utilità del servizio, che più
volte fu promessa, ma che mai fu
erogata.
Due immagini dei
filobus avellinesi dopo la loro ridipintura in verde bitonale:
la
vettura 01 è ripresa al capolinea di
Mercogliano, la
03 in
corsa da Atripalda verso Avellino
(ambedue le foto P. Gregoris).
A fine anni ’60 fu decretata la
riduzione del capitale sociale, che
generò serie preoccupazioni nel
personale il quale comprese come solo
con un intervento pubblico sarebbe stato
possibile uscire dall’emergenza. Del
resto, gli Amministratori (compresi
della gravità della situazione) si
dichiararono pronti a cedere l’intero
complesso aziendale. Fu così che il
Comune di Avellino decise di aderire (30
ottobre 1969) ad un Consorzio di Comuni
(Atripalda, Mercogliano, Contrada) che
si proponeva appunto la gestione dei
servizi di trasporto intercomunali. Si
avviava così la pubblicizzazione
dell’Azienda che ebbe come suo
necessario prologo la valutazione del
patrimonio della S.F.I., la quale – nel
frattempo – chiudeva il bilancio del
1969 (presentato ufficialmente ai soci
il 16 maggio 1970) con una perdita netta
di L. 54.355.282: un vero fallimento!
In data 8 ottobre 1971 la gestione della
filovia Avellino-Atripalda-Mercogliano
fu affidata ad un Commissario
Governativo nella persona dell’Ispettore
generale del Ministero dei Trasporti,
ing. Manlio Iovinelli, che prese in
consegna gli impianti e l’esercizio
della S.F.I. il successivo 14 dicembre.
In seguito, passate alla Regione le
competenze in materia di trasporti nel
1972, l’ing. Iovinelli fu nominato
Commissario straordinario regionale.
L’iter per la pubblicizzazione
dell’azienda dei trasporti avellinesi fu
non poco laborioso e passò innanzitutto
attraverso la dichiarazione ufficiale
del fallimento della S.F.I., dichiarato
dal Tribunale di Avellino nel 1974. Al
termine dell’anno successivo (23
dicembre 1975) al Commissario
straordinario si sostituì la Commissione
amministratrice del Consorzio Trasporti
Irpini, da cui sarebbe derivata
l’Azienda consortile Trasporti pubblici
Irpini, più nota semplicemente come
A.T.I. L’11 giugno 1974 era giunta
l’autorizzazione regionale a gestire il
servizio filoviario con autobus
sostitutivi, ma – in realtà – i filobus
(a causa di un grave guasto alla
sottostazione elettrica) già dal
precedente mese di novembre avevano
cessato il loro servizio.
Le caratteristiche tecniche e il
materiale rotabile
La rete di alimentazione della filovia
Avellino-Atripalda fu realizzata, al
pari degli equipaggiamenti elettrici dei
veicoli, dalla CGE. Caratterizzata dalla
tipica sospensione rigida utilizzata
all’epoca, aveva uno sviluppo di circa 9
km (comprensivi della deviazione per
Pianodardine), tutti a bifilare doppio.
Per la sua costruzione furono utilizzati
25.600 kg di filo di rame per la linea
di contatto e fili di acciaio da 6 mm
(1890 kg), da 5 mm (702 kg) e da 4 mm
(56 kg) per le sospensioni. Per il
sostegno della rete aerea furono
utilizzati 66 pali angolari, 266 pali
Bates, 84 pali (a traliccio) tipo
“Salerno” e 15 bracci per pali. Furono
installati 10 apparecchi di scambio
elettrici e meccanici. Nel tempo
l’impianto originario fu ampliato per
km. 4.825 raggiugendo – come sappiamo –
Mercogliano, ove il capolinea, posto in
Piazza Morelli e Silvati (oggi Piazza
decorati al valor civile), aveva la
particolarità di essere del tipo “a
triangolo”, a causa del ridotto spazio a
disposizione.
La vettura 02 impegna il capolinea a
triangolo di Mercogliano (foto P. Haseldine).
La sottostazione elettrica di
alimentazione era ubicata in Avellino,
in via Francesco Tedesco, di fronte al
tiro a segno nazionale. Quanto al
deposito, non si trattava di un impianto
specifico; veniva infatti utilizzata una
piazza di Atripalda (Piazza Sparavise,
alle spalle del palazzo della Dogana)
adattata a parcheggio per filobus ed
autobus e sulla quale venivano
effettuate talora le operazioni di
manutenzione corrente. Per lavori di
maggiore entità veniva, invece,
utilizzato un ampio edificio adiacente
alla stessa piazza, a doppio ingresso,
attrezzato con bifilare per consentire
il passaggio delle vetture filoviarie.
La prima dotazione della filovia irpina
fu costituita da cinque filobus FIAT
668, realizzati dalla CaNSA in
un’inusuale livrea bianco-avorio
(01÷05). Questa era dovuta al fatto che
– come s’è detto – il committente
originario di quelle vetture (meglio:
delle prime quattro cui fu poi adeguata
la 05) era stata la città spagnola di
Valencia che aveva richiesto tale
verniciatura esterna dei filobus. Erano
dotati di motore ed apparecchiature
elettriche CGE (motore CV 1217/A da 125
HP), con avviatore MRA.
I FIAT 668 allo stato d’origine, con
la loro singolare livrea avorio che
rimane tale anche nelle cartoline acquarellate dell’epoca!
Nelle immagini, tratte dalla coll. A. Cozzolino, sono visibili le vetture 01 e
05.
Costituirono, questi cinque filobus,
l’ossatura del parco rotabili della
filovia avellinese anche quando furono
raggiunti da altre vetture, soprattutto
in occasione dell’apertura della linea
per Mercogliano. Alle pendici del
Partenio le vetture di tipo 668,
ridipinte nel classico bi-verde alla
fine degli anni ‘50, si dimostrarono -
al pari che in altre plaghe d’ltalia -
solide e durevoli. Basti pensare che
solo la 04 risultava radiata nel 1971,
mentre la 01 appare ridotta al rango di
riserva di ricambi per le unità ancora
in servizio. Per gli altri tre filobus,
invece, benché provati dalla naturale
obsolescenza, la data di cessazione del
servizio coincide con quella di chiusura
dell’impianto filoviario irpino.
Gli stessi filobus 01 e 05 vengono
riverniciati in verde bitonale alla fine
degli anni ’50.
La 01 è stata fotografata a
Mercogliano, la 05 ad Avellino (ambedue
le foto P. Gregoris).
Nel 1956, in occasione dell’apertura
della seconda linea diretta a
Mercogliano, la S.F.I. acquisì due
filobus a tre assi, in realtà
prevenutigli (come appare dalla
numerazione delle vetture) dalla
SO.ME.TRA. di Salerno. La prima unità
era proprio l’ultimo dei filobus che
erano stati acquistati l’anno precedente
per esercitare le linee salernitane. Si
trattava della vettura numerata 183, un
ALFA Romeo 140 AF / Pistoiesi CGE, a
guida centrale. Come le altre vetture
del suo gruppo, si distingueva per lo
scalino retrattile della porta anteriore
e per le caratteristiche lamiere
ondulate delle fiancate. Il massiccio
ALFA 140 era però – a detta di vecchi
filovieri – estremamente affidabile,
certo grazie anche al potente motore (CV
1227 A da 110 kW = 150 HP) e
all’equipaggiamento elettrico della CGE
con il consueto avviatore MRA. Non
meraviglia perciò che lo troviamo
regolarmente in servizio presso la
S.F.I. sino al 14 dicembre del 1971,
grazie peraltro ad alcuni significativi
lavori di ristrutturazione effettuati
qualche anno prima.
La vettura 183 ritratta in deposito
ad Atripalda dopo aver subito alcune
modifiche tra cui
l’adozione di sedili in materiale
plastico al posto di quelli originari in
legno (foto P. Gregoris).
L’altra delle due vetture immesse in
servizio all’epoca fu un singolare
ALFA-Romeo 140AF carrozzato Casaro e
fornito di apparecchiature elettriche
CGE/MRA identiche – come la
motorizzazione – a quelle della 183.
Numerato 184, al seguito dei filobus
salernitani, appariva però molto più
‘moderno’, con le sue linee squadrate,
la guida a destra e una più evoluta
scansione dei finestrini. Ancor più
valido nelle prestazioni rispetto alla
183, potette godere quasi naturalmente
di una vita leggermente più lunga, visto
che fu posto fuori servizio il primo
maggio del 1972.
Viale Italia, Avellino: è ferma al
capolinea la “tre assi” n. 184 (foto P. Gregoris).
Va segnalata, infine, una curiosità:
benché acquistate in occasione del
prolungamento della filovia a
Mercogliano, le “tre assi” furono
utilizzate esclusivamente sulla
Avellino-Atripalda: la M.C.T.C.,
infatti, ne vietò esplicitamente
l’utilizzo sull’altra linea a causa
della presenza di curve a raggio troppo
stretto e per l’impossibilità, per un
filobus di dodici metri, di impegnare il
triangolo di manovra al capolinea di
Mercogliano.
Nel 1965 la dotazione della S.F.I. si
accrebbe di un’ulteriore vettura: si
trattava di un filobus prototipo
costruito però dodici anni prima (!): si
trattava di un FIAT 2401 CaNSA dotato di
apparecchiature elettriche OCREN (motore
LC 326 da 130 HP con avviatore tipo
EPN-1), caratterizzato dalla presenza,
sul frontale, di due “occhioni” atti a
sollevare la calandra per poter
ispezionare dal lato anteriore
l’impianto elettrico, caratteristica,
questa, tipica delle vetture filoviarie
con apparecchiature OCREN. Dopo le prove
in alcune città d’Italia (Napoli,
Bologna, Bergamo), di questa vettura si
perdono le tracce sino a quando, nel
1964, non ne riappare la foto,
pubblicata dalla Ditta intermediatrice
Vicentini di Cologno Monzese, che la
definisce “nuova” (ma la produzione dei
2401, a quella data, era cessata da
anni!) e si dice disposta a cederla o a
noleggiarla. Le non poche modifiche che
il filobus ci presenta ci fa supporre
che la vettura sia stata sottoposta ad
un accurato maquillage prima di
essere posta in vendita. E viene venduta
proprio alla S.F.I., nel cui parco
appare registrata a partire dal 1965,
ovviamente numerata 06. Ma - sia per le
diverse caratteristiche dell’impianto
elettrico sia per la durezza delle
manovre in curva a causa della mancanza
di servosterzo - la 06 non incontrò il
favore dei filovieri irpini, sicché fu
quasi sempre tenuta di riserva o,
comunque, utilizzata sulle corse di
rinforzo. Fu accantonata definitivamente
il 30 agosto del 1972, anche se nella
documentazione relativa al fallimento
della S.F.I. appare fuori servizio in
attesa di ricevere l’agognato
servosterzo.
Due immagini della vettura n. 06 del
parco S.F.I. In
quella frontale sono molto visibili gli
occhioni che servono a sollevare la
calandra
per ispezionare le
apparecchiature elettriche OCREN
(ambedue le foto P. Gregoris).
Nel 1966, alla fallita SO.ME.TRA.
subentrò nella gestione dei trasporti di
Salerno il Consorzio Trasporti Pubblici
Salernitano con la sua Azienda di
gestione dei trasporti, l’A.T.A.C.S.
Questa decise di mettere in vendita
alcuni filobus della sua dotazione, tra
cui alcuni FIAT 668/F122 CaNSA CGE
(MRA), (cinque unità su sette: gruppo
001÷007), coeve delle avellinesi ed a
loro identiche per apparecchiature
elettriche e potenza. Queste vennero
trasferite, con delibera del 19 dicembre
del 1966, alla S.F.I., che le acquisì
soprattutto per ricavarne ricambi
‘originali’ per le proprie omologhe
vetture della serie 01÷05. E tuttavia
tre filobus salernitani poterono
riprendere normalmente servizio sulla
filovia avellinese, ove assunsero le
matricole 07-08-09. Le vetture
“salernitane” furono comprensibilmente
accolte con estremo favore dal personale
S.F.I., a causa della assoluta
omogeneità con 01÷05, provocando, caso
mai, la già rilevata “emarginazione” di
06 e dei filobus a tre assi. Poi, 07 e
09 mostrarono segni di cedimento e
furono radiate unitamente alla 04 nel
1971, mentre 08 arrivò efficiente al
traguardo della chiusura della linea.
Tre filobus ex-SO.ME.TRA. transitati nel parco della
filovia irpina fotografati in deposito
nel 1968 (foto P. Gregoris)
e la vettura
n. 08 ritratta in prossimità della
stazione FF.SS. di Avellino (foto P. Haseldine).