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di Andrea Cozzolino |
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Agli albori dei servizi filoviari di
seconda generazione, vale a dire negli anni ’30 del secolo
scorso, a realizzare telai per il “nuovo” tipo di veicolo
non furono solo FIAT ed ALFA Romeo, ma anche altre Case da
sempre impegnate nel settore meccanico, come Isotta
Fraschini e Breda. Dedicheremo queste note alle vetture
filoviarie prodotte da quest’ultima Ditta (che continuerà
peraltro a realizzare veicoli filoviari - se pure in maniera
discontinua - fino al 1955), rinviando ad altro articolo la
disamina dei filobus Isotta Fraschini. |
Dell’importanza della Ernesto Breda nel
settore produttivo ferroviario e tramviario sarebbe più che
superfluo dire. Ciò che va sottolineato, invece, è il
particolare impegno da parte della Ditta milanese nel
realizzare non solo equipaggiamenti elettrici per filobus,
che verranno utilizzati da veicoli costruiti su telai ALFA o
FIAT, ma filobus “completi”, dal telaio alle parti
meccaniche ed elettriche. E a questa attività la Breda
aggiunse la gestione di non poche reti filoviarie tramite
una sua filiazione, la S.A.E.R. (Società Anonima Esercizi
Riuniti), che operò in non poche realtà di tutta Italia, da
Milano a Verona e a Padova, da Bari a Perugia. Ed anche se i
filobus Breda - ad onor del vero - sono non solo tra i più
brutti (purtroppo non c’è altro termine per definirli!)
costruiti in Italia, ma anche tra quelli più “problematici”
per i molti “fastidi” provocati dai loro impianti elettrici,
è indiscutibile che essi hanno costituito un segmento
ineludibile della “storia filoviaria” italiana.
Nel 1934 la
Breda produce il prototipo dei suoi filobus, costruito -
come si ricava da dati di archivio - su un telaio della
britannica AEC (Associated Equipment Company), che appare
peraltro solo in una foto d’archivio scattata a Milano; non
risulta però che abbia prestato servizio né nel capoluogo
lombardo (dove forse fu soltanto ‘provato’), né sulle reti
che - come abbiamo detto - Breda gestirà tramite S.A.E.R.:
un tentativo, quindi, e nulla più in attesa di qualche
specifico ordinativo. |
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L’unica
immagine esistente di un filobus Breda del 1934 è quella che
vediamo qui accanto. A due assi, presenta guida a destra e
due porte di ridotte dimensioni che anticipano le linee che
caratterizzeranno le prime serie di Padova e di Verona. Tra
le singolarità del veicolo spiccano il frontale estremamente
spigoloso, lo sbalzo anteriore molto ridotto, l’altezza
notevole dei cinque finestrini interposti tra gli accessi,
il limitato ingombro complessivo che porta a situare la base
dei trolley in posizione abbastanza avanzata (Archivio
Breda). |
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La prima commessa arriva dal Governatorato di Roma nel 1936.
In previsione dell’apertura della “grande rete” della
Capitale l’A.T.A.G. - com’è noto - ordina a più Ditte
costruttrici otto vetture prototipo per ciascuna, e tra le
Ditte interpellate vi è anche la Breda, che però, per
costruire i filobus romani, deve rigorosamente attenersi al
capitolato dell’azienda romana: guida centrale, porte a
doppia antina, frontale già “immaginato” dai disegnatori
A.T.A.G.: ne vien fuori un modello unificato che si
differenzia dalle altre miniserie solo per le parti
elettriche.
Il
gruppo - classificato 4001÷4015 (sole matricole dispari) -
sarà in parte modificato con l’adozione di un avviatore
diverso da quello originale, che aveva generato non pochi
inconvenienti tanto che, pur essendo numerate “per prime”, le
vetture Breda saranno immesse in servizio solo a marzo del
1937, due mesi dopo l’inaugurazione della prima linea della
rete capitolina. Ad onta dei problemi presentati dalla
serie prototipo, A.T.A.G. acquisterà però nel 1938 altri 14
filobus “tutti Breda”, sempre peraltro realizzati su
capitolato aziendale. I nuovi veicoli, immatricolati
4173÷4199 (sempre solo matricole dispari), pur essendo
dotati, come i primi otto, del motore MTR 290, presentavano
però un equipaggiamento elettrico di tipo più tradizionale
(rispetto a quelli) e mantenevano però la cosiddetta
“frenatura a recupero”. |
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Simili a tutti i filobus romani di prima dotazione, i Breda
rispettarono in tutto e per tutto il capitolato A.T.A.G., sia per quel concerne la serie-prototipo (filobus 4009,
Archivio Breda) che per le vetture prodotte in tempo
successivo
(filobus 4177, Archivio A.T.A.C.).
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Una trattazione a parte merita il singolare destino di quasi
tutti questi filobus, dei quali quasi nessuno fu esente da
danni bellici, da requisizioni o da successivi spostamenti
in altre città. Cominciamo dalla serie prototipo: nel 1943
l’A.T.A.G. cedette le vetture 4001-4003-4005-4007-4009 alla
sede perugina della S.A.E.R. (non a caso!) per consentire
l’avvio della prima linea filoviaria del capoluogo umbro. Ma
i Tedeschi quasi immediatamente (apertura della filovia il
28 ottobre - requisizione il 2 novembre!) asportarono le
vetture inviandole ad Innsbruck, in Austria, all’epoca
(com’è noto) facente parte del Reich. Qui i filobus ex-Roma
furono numerati 10÷14. Danneggiata irreparabilmente la 4015,
nel dopoguerra risultano presenti nella Capitale solo le
vetture 4011 e 4013, una delle quali sarà ceduta anch’essa a
Perugia assumendo in Umbria la matricola 121.
La guerra si accanì
anche sul gruppo 4173÷4199. Tre vetture (4191-4195-4197)
furono distrutte durante il conflitto, mentre ben sei
esemplari furono requisiti dalle truppe tedesche
(4175-4177-4179-4181-4183-4199). Di esse si sa solo che 4173
e 4199 furono “deportate” a Mainz (matricole 1 e 4 nella
città tedesca). Un terzo esemplare fu distrutto da un
bombardamento durante il trasporto. Quanto ai filobus
residui rimasti nella Capitale, essi furono trasferiti a
Bari (altra città S.A.E.R.!) ove furono classificati
251÷255. Soprannominati “le romanine”, rimasero in servizio
nel capoluogo pugliese fino alla metà degli anni ’60.
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Due immagini delle “romanine” 254 e 252 a Carbonara di Bari
mentre esercitano la linea 4 della rete pugliese.
(coll. P. Gregoris - coll. E. Bevere) |
Il 1937 segna anche l’apertura di altre due reti filoviarie
gestite da S.A.E.R., quelle di Padova e di Verona.
Cominciamo ad esaminare i filobus Breda che inaugurarono le
filovie nella città del Santo. Si trattava di due diversi
modelli definiti - a seconda della loro lunghezza - Breda
80G e Breda 80/2G. Il gruppo più consistente - classificato
501÷518 - derivava certamente dal prototipo del 1934, ma
presentava un frontale meno aggettante anche se sempre assai
spigoloso: per il resto, gli 80G conservavano lo sbalzo
anteriore pressoché inesistente, la guida a destra e i
finestrini ‘alti’, in numero di cinque, tra i due accessi,
anche qui ridotti e chiusi da due sole antine. Più lunghi i
quattro Breda 80/2G numerati 601÷604, che si distinguevano
per gli accessi più larghi (porte a quattro antine) e per il
più elegante disegno del frontale: ma erano stati carrozzati
dalle locali Officine della Stanga!!! |
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I due modelli di filobus Breda presenti a Padova (Archivio
ACAP). A parte la diversa lunghezza delle vetture, si nota, nei
Breda 80/2G, l’«impronta» della Stanga nella diversa
scansione dei finestrini, abbinati qui a due a due. Anche lo sbalzo
anteriore appare più accentuato rispetto al modello “corto”. |
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Se c’è un gruppo di filobus che ha sofferto per i
bombardamenti della II Guerra Mondiale, questo è certamente
quello costituito dalle due serie patavine, che - a seguito
di un’incursione proprio sulla rimessa filotramviaria -
persero definitivamente quattro unità del primo gruppo,
mentre quasi tutti gli esemplari furono danneggiati chi più
chi meno. Di qui la decisione dell’Azienda di inviare,
peraltro nel 1955, la totalità dei Breda residui in
ricostruzione esterna presso la Ditta Pietroboni, che ne
modificò totalmente l’aspetto, tra l’altro ampliando anche
gli accessi della serie “500”. Molto più aggraziati, i
Breda-Pietroboni raggiunsero in parte anche gli anni ’60 del
secolo scorso. |
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I filobus Breda ristrutturati da
Pietroboni e molto più dirozzati grazie all’arrotondamento
di molti spigoli. Le 12 vetture del primo gruppo
assunsero le matricole 21÷32 (vettura 30, foto Pedrazzini),
mentre i quattro esemplari già
classificati 601÷604 furono rinumerati 33÷36. La vista frontale ci consente di
apprezzare la nuova ‘dolcezza’ delle forme e la presenza dei
fregi che ulteriormente ingentiliscono il
lato anteriore dei filobus (coll. M. Bedini).
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E veniamo a Verona. Qui in certo modo si ripete - nella
prima fase di avvio della rete filoviaria - quanto avvenuto
a Padova, con l’acquisto di 19 vetture Breda 80G, in tutto
simili a quelle della vicina città del Santo (matricole
151÷169). Solo nel 1941, invece, il parco veronese si
sarebbe accresciuto con l’arrivo di sei vetture “grandi”
(Breda 80 2G), numerate 200÷205.
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Foto di fabbrica dei Breda veronesi e - a
destra - due esemplari del gruppo fotografati in periodo
bellico, come sottolineano le fasce bianche
anti-oscuramento. Si noti la “V” verde-chiaro che
caratterizza la vettura 152,
ingentilendone il frontale (ambedue le
immagini Archivio Breda). |
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A differenza delle vetture patavine, i Breda
80/2G veronesi si presentavano in tutto simili alle vetture
‘corte’ corrispondenti,
a parte le porte a quattro antine. Anche il
frontale, come dimostra la foto a destra, scattata da P. Gregoris nel 1963 (!!!),
appariva simile in ambedue le serie. |
Verona si può definire certamente “la città dei filobus
Breda”. A differenza, infatti, di altre realtà, essa
continuò anche negli anni ’50 a fornirsi di vetture
filoviarie interamente realizzate dalla Casa milanese. In
particolare, furono due i gruppi - peraltro assai diversi
tra loro - che accrebbero la dotazione scaligera dapprima
nel 1953 (matricole 209÷214) e poi l’anno successivo
(matricole 215÷224). I Breda del ’53 sono in realtà identici
alla serie 101÷103 di Perugia, costruita nel 1949 per il
capoluogo umbro, che era caratterizzata da guida centrale
(!) e da una singolare scansione dei moduli frontali, divisi
tra loro solo grazie alla diversa inclinazione e privi di
montanti separatori. Con il gruppo successivo, invece, assai
simile per estetica ai tre assi che la Breda fornirà nel
1955 all’ATM di Milano, si torna alla guida a destra, e alla
scansione dei due moduli frontali. Tutto il veicolo, in
questo caso, sembra “adeguarsi” a quelli che sono i canoni
più abituali delle vetture filoviarie prodotte da altre
Ditte costruttrici. |
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Immagini di fabbrica dei due modelli di Breda 2GU apparsi
sulla rete veronese negli anni ’50 (Archivio Breda). Fra i vari motivi di diversità c’è anche la differente
scansione dei finestrini, molto più “moderna” nella vettura
ritratta a destra. |
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I filobus nn. 209 e 224 dell’AMT di Verona fotografati in
servizio nel 1963 da P. Gregoris. |
Concludiamo la trattazione delle vetture filoviarie Breda a
due assi ricordando i tre esemplari perugini 101÷103,
risalenti al 1949-’50 e identici ai più “giovani” 209÷214
veronesi. E che non diversamente dalle vetture scaligere
hanno resistito in servizio fino ai primi anni ’70. Del
gruppo, la vettura 101 - recuperata presso un demolitore -
fu a suo tempo preservata presso il MNT di La Spezia.
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Rara immagine a colori, risalente al 1970, del filobus n.
103 della rete di Perugia (foto P. Haseldine). |
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E veniamo ai (pochi) “tre assi” costruiti dalla Breda, in
tutto 18 filobus, comprendendo nel novero la vettura
sperimentale n. 5001 del parco ATAG risalente al 1938. Si
trattava, anche in questo caso, di un veicolo realizzato su
capitolato dell’Azienda romana, che ripeteva ‘in grande’ il
modello delle vetture-prototipo (e non solo) a due assi che
erano state fabbricate da più Ditte tra il 1937 e il 1940. A
differenza, però, dei filobus sinora esaminati, la 5001
sembra che fosse fornita di equipaggiamento elettrico
Ansaldo (o forse TIBB), anche se non vi sono riscontri
precisi in merito. La 5001 fu certamente tra i filobus
requisiti in periodo bellico, ma non è certo che possa
essere identificata con la vettura 68 (poi 20) circolata ad
Hildesheim.
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Nel disegno complessivo della 5001 si riconoscono i
caratteri essenziali del capitolato ATAG (Archivio ATAC). |
Sempre nel 1938 Breda costruisce sette filobus a tre assi
per l’UITE di Genova (matricole 300÷306), questa volta
certamente dotati sì di motore Breda (modello MFT, potenza 2
x 59 kW), ma di equipaggiamento elettrico Ansaldo KTR III/7.
Le vetture realizzate per il capoluogo ligure - a differenza
della romana 5001 - presentano la guida a destra, con
conseguente parabrezza a due luci, sei moduli laterali tra
le porte e un frontale che definire spoglio e sgraziato è un
eufemismo!!! Ma ai Tedeschi i Breda genovesi piacquero
ugualmente sì che ne requisirono quattro esemplari,
lasciando a Genova solo 303÷305, che l’Azienda ligure
avrebbe riclassificato nel dopoguerra 2303÷2305. I Breda
lasciarono il servizio attivo nel 1963. |
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Figurino e foto ‘ufficiale’ (filobus n. 301) delle vetture a
tre assi costruite da Breda e Ansaldo
per la rete genovese
(Archivio AMT-GE). |
Nel 1955-‘56 la Breda realizzò gli ultimi filobus in
assoluto della sua produzione, dotati di telaio, parti
meccaniche ed elettriche e carrozzeria propria. Erano le
vetture milanesi 311÷320, i cui primi due esemplari,
peraltro, erano stati classificati da ATM come 751 e 752.
Esteticamente, apparivano come la versione “grande” del
gruppo veronese 215÷224 risalente all’anno precedente e,
pertanto, sembravano, in certo modo, ‘integrati’ nel
design più tradizionale delle vetture filoviarie
italiane. Dotati di motore MTS 270/320 della potenza di 99,3
kW, non ebbero grande fortuna: dieci anni dopo erano stati
già tutti radiati! |
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Indiscutibile la somiglianza tra i Breda a due assi dell’ultima
serie veronese
e i tre assi costruiti per Milano (coll. A.
Cozzolino).
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Foto del titolo:
La vettura 169 del parco ATM-Verona fotografata nel 1963 in
piena efficienza,
ventiquattro anni dopo la sua immissione in esercizio (foto
P. Gregoris). |
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