|
| ||
di Andrea Cozzolino | ||
Nel gran fervore che caratterizza il settore del trasporto pubblico negli anni finali del XIX secolo notevole importanza assume la costruzione delle ferrovie funicolari. Queste si diffondono rapidamente in Italia dopo il gran successo dell’impianto Cook sulle pendici del Vesuvio anche grazie ad alcuni personaggi che ne favoriscono la realizzazione, primo fra tutti l’ing. Alessandro Ferretti, al quale si devono non pochi impianti funicolari in tutta Italia. All’interno di queste opere ve ne sono alcune - alle quali dedicheremo queste brevi note - che si distinguono dalle altre per la particolarità di essere mosse da un meccanismo particolare: il contrappeso d’acqua. In linea di massima, anche se vedremo che esistono casistiche particolari per i singoli impianti, il sistema funzionava così: la vettura che si trovava nella stazione superiore della funicolare (fornita di apposito serbatoio) veniva caricata di acqua (che sarebbe stata poi scaricata all’arrivo in quella inferiore) e così scendeva verso valle trascinandosi l’altra carrozza mediante una fune. Va da sé che la semplicità della metodologia presentava però alcuni inconvenienti, quale la necessità continua della disponibilità dell’acqua necessaria al funzionamento dell’impianto e l’esatta valutazione del carico, col rischio - altrimenti - che la vettura in salita potesse rallentare o addirittura fermarsi in prossimità della meta… Le funicolari a contrappeso d’acqua in Italia, delle quali di seguito cercheremo di ricostruire la “storia”, furono in tutto otto e precisamente: | ||
| ||
La Funicolare di Biella (1885) Il più antico impianto del quale ci occuperemo è quello che univa il centro cittadino di Biella con la frazione di Biella Piazzo, posta 60 m più in alto di piazza Curiel, donde si diparte la funicolare, compiendo un percorso di 177 m alla pendenza costante del 33,5 %. Progettata nel 1884 dall’ing. Eugenio Vaccarino, la funicolare di Biella - caratterizzata da due binari separati - fu appunto un impianto a contrappeso d’acqua, acqua che veniva fornita da una cisterna dalla quale si riversavano 3500 litri di liquido nel serbatoio delle vetture. Il sistema fu abbandonato già nel 1899 quando l’impianto fu dotato di un motore elettrico Siemens-Halske. Per completezza di informazione, ricordiamo che la funicolare - dopo un attento restauro - è stata riaperta al pubblico il 10 luglio 2018. | ||
Vista dal basso del tracciato a due binari separati della funicolare Biella - Piazzo (coll. A. Gamboni). | ||
| ||
La Funicolare di Mondovì (1886) Rimaniamo in Piemonte per documentare il secondo impianto che ha utilizzato l’acqua per il suo movimento, quello che univa (ed oggi diversamente unisce) le due “anime” di Mondovì, cittadina che ha una peculiarità: è distribuita su più livelli. In alto, il rione Piazza a 559 metri sulla collina conosciuta come Monte Regale, nucleo originario della città, in basso i rioni di Breo, Ferrone, Altipiano, Carassone, Borgato, lungo il torrente Ellero, affluente del Tanaro. Per unire Breo (quartiere prevalentemente commerciale) con Piazza venne progettata una funicolare dal noto ing. Alessandro Ferretti, che fece realizzare un impianto lungo circa 545 m che superava il dislivello di m 137 con una pendenza massima del 26 %. Originariamente mossa dal vapore, dopo un incidente occorso nel 1888, la funicolare, ad opera della Società Monregalese per le Opere Pubbliche, fu significativamente modificata adottando il sistema a contrappeso d’acqua, che però più volte generò inconvenienti per la mancanza proprio dell’acqua! Tuttavia, l’attivazione della trazione elettrica avvenne soltanto nel 1926. Chiusa a fine 1975, dopo decenni di abbandono, la funicolare di Mondovì, completamente restaurata, ha ripreso a funzionare il 16 dicembre del 2006. | ||
Cartolina d’epoca che ci mostra una delle vetture originarie della Mondovì-Breo mentre si approssima allo scambio centrale della linea (coll. A. Cozzolino). | ||
| ||
La Funicolare di Orvieto (1888) È il 1888 quando viene inaugurata la terza funicolare che utilizza il sistema a contrappeso d’acqua. Questa volta dobbiamo spostarci in Umbria, e precisamente ad Orvieto, dove di nuovo il Ferretti progettò un impianto detto comunemente “funicolare Bracci” dal nome del suo finanziatore, Giuseppe Bracci Testasecca, che intese consentire ai suoi concittadini un rapido collegamento tra il centro cittadino e la stazione ferroviaria. La funicolare superava un dislivello di 157 m con un percorso di 580 m. Significativamente ristrutturata nel 1935, conservò però il suo meccanismo originario fino alla chiusura, avvenuta il 1° marzo 1970. Sullo stesso tracciato, poi, dal 1990 è stata costruita una nuova funicolare tuttora funzionante. | ||
Caratteristica singolare delle vetture della funicolare di Orvieto era l’accesso attraverso due porte frontali a doppia anta (coll. Federico Ferraboschi). | ||
| ||
La Funicolare di Regoledo (1980) Risale al 1890 un impianto realizzato a fini essenzialmente turistici. Si tratta della funicolare di Regoledo, costruita a servizio del Grand Hotel Regoledo, reso celebre dalle sue cure idroterapiche e frequentato nella seconda metà dall’Ottocento da illustri personaggi della letteratura, della musica e della medicina. Si tratta di un impianto per molti versi interessante, che merita una descrizione dettagliata: dopo un primo progetto, poi scartato, redatto da Alfredo Colli, che prevedeva l'adozione del sistema a contrappeso d'acqua, con Decreto ministeriale n. 26777/1862 del 29 maggio 1890 fu autorizzata la costruzione “in via di esperimento” di un impianto “con argano elettrico”, la cui progettazione fu condotta a cura della Fonderia di Berna e della società Usines de Roll. L'inaugurazione avvenne il giorno 1° settembre 1890. Una profonda ricostruzione dell’impianto, che mirava fra l’altro ad eliminare alcuni inconvenienti tecnici che si erano nel frattempo manifestati e che vide il cambiamento del sistema di trazione, fu autorizzata nel novembre 1901 e attuata nel 1903. Curiosamente, fu così che si passò al “contrappeso d’acqua” che impose la completa trasformazione delle vetture, dotate allora di un serbatoio per la capacità di 3600 litri. Lunga 440 m, la funicolare di Regoledo presentava una pendenza massima che nella prima parte del percorso raggiungeva il ragguardevole valore del 65 per mille, per poi attestarsi su valori compresi fra il 34 e il 53 per mille sul resto del percorso. Il viaggio veniva compiuto in circa 8 minuti. Peculiare risultava il sistema di esercizio adottato, che imponeva l’arresto delle due vetture in corrispondenza del punto di incrocio posto a metà percorso; i passeggeri venivano quindi trasbordati dall’una all’altra vettura e l’acqua travasata da quella superiore a quella inferiore. A questo punto era la cabina inferiore che, diventata più pesante, trascinava verso l’alto l’altra completando il viaggio. La funicolare di Regoledo fu chiusa al pubblico il 1° giugno del 1960. | ||
Cartolina viaggiata nel 1905 che riproduce una delle vetturette a servizio del Grand Hotel Regoledo. (coll. Federico Ferraboschi). | ||
| ||
La Funicolare di Sant’Anna a Genova (1891) Tra gli impianti a “contrappeso d’acqua” forse il più noto è quello genovese di Sant’Anna, risalente al 1891. Il tracciato di questa funicolare partiva (e parte tuttora) da piazza Portello (di qui anche il nome di “funicolare del Portello”) per poi percorrere il vallone del rivo di S. Anna, raggiungendo via Bertani, nelle adiacenze di Corso Magenta (una delle zone più signorili del capoluogo ligure). Con una pendenza che oscillava tra il 13 e il 19,40 %, le vetture superavano un dislivello di m 56,210. Costruita a binario semplice con raddoppio centrale, la funicolare di S. Anna ebbe come prima dotazione quattro vetture (due in servizio e due di riserva) fornite - ovviamente - di serbatoi per una capienza massima di 4700 litri di acqua. Nelle cabine di conduzione vi era un tubo di vetro collegato al serbatoio che - con varie tacche - ne indicava la capienza a seconda del peso dichiarato della vettura. Tipico dell’impianto genovese era la presenza nella stazione a valle di un ulteriore serbatoio: l’acqua scaricata dalla vettura in discesa veniva così recuperata e - in caso di necessità - due elettropompe la rinviavano alla stazione superiore. Nel 1963, quando ormai da anni la gestione della funicolare era passata alla U.I.T.E. (Unione Italiana Tranvie Elettriche), venne rispolverato un progetto del 1955, che prevedeva di ricarrozzare completamente le vetture di riserva, che furono ammodernate dalla Piaggio e - conservando i nn. 3 e 4 - consentirono alla funicolare di S. Anna di giungere sempre con il sistema di origine fino al 1978, allorché le direttive per la sicurezza emanate dal superiore Ministero imposero il passaggio alla trazione elettrica. L’impianto ad acqua funzionò fino al 19 novembre del 1978. | ||
La primitiva funicolare di S. Anna in prossimità di Corso Magenta (coll. Federico Ferraboschi) e, in basso la vettura n. 3 ristrutturata da Piaggio fotografata in corsa nel 1971 da J.-H. Manara.
Scarico dell’acqua alla funicolare di S. Anna (coll. F. Ogliari). | ||
| ||
La Funicolare di Ortona (1891) Molto meno fortunata della funicolare genovese fu quella di Ortona, anch’essa risalente al 1891 e - come tante altre - progettata da Alessandro Ferretti. Destinata a collegare la stazione ferroviaria con la Passeggiata Orientale, essa copriva una tratta a binario unico con raddoppio centrale di soli 131 m con una pendenza massima del 50 %. Qui il meccanismo prevedeva un serbatoio di accumulo a monte di ben 35 mila litri, mentre il sottocassa delle vetture era equipaggiato con un serbatoio di circa 2500 litri. Purtroppo, a seguito di un incidente dovuto proprio all’erroneo caricamento dell’acqua, la funicolare venne chiusa già nel 1894. Ed anche la sua succedanea a trazione elettrica, aperta al pubblico peraltro solo nel 1926, non ebbe grande fortuna, distrutta durante la II Guerra Mondiale nel 1943. | ||
L’unica immagine reperita dell’impianto di Ortona ci mostra - quasi ovviamente - la “funicolare elettrica”! (coll. F. Ogliari) | ||
| ||
La Funicolare di Saint Vincent (1900) Devono passare nove anni perché si inauguri un nuovo impianto a contrappeso d’acqua. Si tratta della breve funicolare che unisce - in Saint Vincent - il centro abitato con lo stabilimento termale “Fons Salutis”. Lunga 231 m con una pendenza massima del 27 %, la funicolare di Saint Vincent - convertita alla trazione elettrica nel secondo dopoguerra e tuttora in esercizio sotto forma di ascensore inclinato - supera un dislivello di soli 63 m e fu costruita - a suo tempo - con due binari separati tra loro. | ||
Primo piano per una delle piccole vetture in servizio a Saint Vincent (da cartolina postale). | ||
| ||
La Funicolare di Valle Oscura (1906) La funicolare di Valle Oscura (1906-1932) fu il primo degli impianti che consentì al paese di Rocca di Papa di essere collegato alla vasta rete di tram interurbani della STEFER. Essa - come tutte le altre qui descritte - funzionava a contrappeso d’acqua trascinando la vettura superiore carica quella inferiore scarica. La funicolare di Valle Oscura interscambiava con un tram “dei Castelli” appositamente prolungato da Squarciarelli fino alla stazione inferiore del “nostro” impianto. Nel 1932, la STEFER decise di spostare la stazione a valle in località Valle Vergine, a circa un km da quella precedente. Lunga 330 m, la funicolare ad acqua era a binario unico con raddoppio centrale e superava un dislivello di 105 m. | ||
L’intero tracciato dell’antica funicolare di Valle Oscura ripresa dalle adiacenze della stazione inferiore, di fronte alla quale sosta il tram della STEFER (coll. Gennaro Fiorentino). | ||
Foto del titolo: l’elegantissima stazione superiore della Funicolare di Sant’Anna a Genova. | ||
|