L’idea di far correre su binari stradali delle vetture
simili agli omnibus, quei carrozzoni trainati da
cavalli, era venuta a George Francis
Train, un americano che presentò questo tipo di veicolo a
Londra nel 1861. Le rotaie, a differenza di una strada
sconnessa, offrivano un attrito decisamente minore, pertanto
i cavalli, a parità di sforzo, potevano trainare comodamente
una vettura con 50 passeggeri.
In realtà il termine “tramway” non era nuovo. Già alla fine
del ‘700 un inglese di nome Benjamin Outram realizzava la
“Peak Forest Tramway”, una sorta di ferrovia industriale
lunga 12 km. La parola “tramway” (o tram) non deriva, però,
dal cognome Outram, ma ha un’origine diversa. Il vocabolo
“traam” significa, in basso sassone, trave, con riferimento
alle rotaie. Lo stesso Outram, nei suoi scritti, adopera il
termine come indicazione ferroviaria, però con una sola a:
“tram”.
La curiosa coincidenza toponomastica è così spiegata.
Chissà se a Napoli, coloro che videro per la prima volta tale
veicolo esclamando in vernacolo ‘o tram (il tram)
sapevano di nominare, inconsapevolmente, il suo inventore.
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Ma continuiamo la nostra storia.
Siamo nella seconda metà dell’800 e gli
omnibus, anche se in numero
considerevole, non riescono a soddisfare la crescente
domanda di mobilità. Così, anche in Italia, come in tante
altre città europee, gli imprenditori cominciano a mostrare
interessi per realizzare tramvie con trazione a cavalli.
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A breve scadenza, il 25
giugno del 1876 a Napoli veniva inaugurata la prima tramvia
a cavalli. Il periodico Illustrazione Italiana dedicò
all’avvenimento un interessante articolo che così
principiava: “A voi milanesi, che aspettate con desiderio il
tramway da Milano a Monza, ai torinesi che vanno lieti, da
breve tempo, di quello fino a Moncalieri, ai trentini, ai
romani, ai genovesi, ai palermitani, ai veneti, che ne hanno
così vivo desiderio, giungeranno gradite queste primizie,
intorno alla inaugurazione delle grandi linee di ferrovie a
cavalli della città e della provincia di Napoli”. Dunque, il
tram a Napoli, che non aveva perduta ancora la verve
di capitale europea, fece la sua apparizione prima che a
Milano, a Trento, Roma, Genova, Palermo e Padova.
Per quanto attiene la tipologia delle vetture cediamo ancora la
parola all’attento cronista della Illustrazione Italiana:
“Ve ne sono di scoperte (giardiniere), nelle quali possono
essere ospitate otto persone in piedi e ventotto sedute; le
coperte si dividono in due compartimenti, per la prima e per la
seconda classe. Figuratevi un chiosco cinese allungato, che
cammini su quattro ruote! Sono tutte eleganti, graziose, molto
pulite, senza stoffa, e tutte di ottimo legno, che proviene
dall’America. Le carrozze stanno su molle di cautsciù,
che impediscono che gli urti e le scosse delle ruote si
comunichino rigidamente al carro. La
vettura aperta è composta di una piattaforma divisa in tavole
longitudinali incrociate fra di loro, di legname forte, tenute
assieme con traverse avvitate disotto. Ai fianchi di questa
piattaforma vi sono due placche di ferro dette longarine che
servono da telai alla suddetta piattaforma, e queste longarine
si trovano applicate con viti a tutte le altre parti del carro
... Ci sono campanelli a timpano alle due estremità; lampade a
colore; persiane per l’estate e vetri per l’inverno. Si
fermeranno a richiesta dei passaggieri; ma in generale ciascuno
sale e scende mentre corrono, e il bel sesso ha il privilegio di
farle rallentare nella corsa”.
Il
personale di servizio, per ogni vettura, era composto da un
cocchiere ed un conduttore ai quali era fatto divieto di stare
seduti e parlare con i passeggeri. Durante il servizio, dovevano
porre “molta attenzione e diligenza per evitare disordini e
sviamenti”.
Allo scoppio della Grande Guerra, l’esigenza di muli e
cavalli per scopi militari portò ad una progressiva
scomparsa degli omnibus e dei tram a trazione animale.
Ma la dismissione fu
altresì accelerata dalla incombente elettrificazione delle
linee. |
Il Gioco
del Tramway |
Poco dopo
la comparsa del tramway a cavalli, fu
presentata dai costruttori di giocattoli
il
“Gioco
del Tramway”,
una variante del classico
“Gioco
dell’Oca”.
Il nuovo passatempo da tavolo ebbe un
grande successo, tanto da essere
commercializzato in diversi Paesi. |
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Versione
ottocentesca francese del nuovo gioco di
Società: Le jeu du tramway. |
Le
regole del gioco
Sul tabellone, che
proponiamo nella sottostante immagine, è
stampato un doppio percorso di 62
caselle numerate in un senso orario
(blu) che parte dalla immagine centrale
ed uno antiorario (rosso), che fa capo
al disegno in basso a sinistra. Di
seguito, il regolamento di gioco
impresso sul tabellone:
I. Il
numero dei giuocatori è illimitato, e si
divide in due parti. L’una segue la
linea rossa partendo dal N. 1, l’altra
la linea bleu, in senso inverso,
partendo egualmente dal N. 1. Ognuno
mette una posta e si stabilisce in
anticipo l’importo delle multe da
pagarsi nelle diverse combinazioni. Poi
la sorte indica il turno dei giuocatori
delle due linee.
II. Il
primo giuocatore della linea rossa getta
allora i dadi e pone la sua marca sul
punto fatto. Quello della linea bleu fa
altrettanto. Poi il N. 2 linea rossa,
indi il N. 2 linea bleu, e così di
seguito. Chi al primo colpo fa 9 con 5 e
4, va a collocarsi subito sul
Cocchiere; se fa egualmente 9 con 6
e 3 si mette sul Conduttore. Chi
tira un punto di Cavallo, lo
raddoppia. Chi tira un punto di
Scontro, paga la multa e ricomincia.
Chi cade fuori delle rotaje o sui
cavalli pronti, paga la multa e
passa un giro.
III. Chi
fa Ponte o Scambio, deve
aspettare finché un giuocatore
dell’altra linea lo liberi facendo lo
stesso punto. La partita può finire in
due modi a seconda dei patti: chi arriva
primo al 63 rimane vincitore, anche se
fa un punto maggiore oppure il vincitore
deve fare 63 giusto. Chi fa un punto
maggiore deve tornare indietro contando
altrettanti punti quanti son quelli che
ha tirato in più. |
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Cromolitografia del tabellone di gioco
edito a fine '800 e, in basso, ... |
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... lo
stesso gioco, ma stampato ad Amsterdam. |
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