di Andrea Cozzolino e Antonio Gamboni

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Il 14 marzo 1960 cessava l’esercizio delle tre superstiti linee tramviarie dirette da Napoli verso i “Comuni del Nord” (Miano, Secondigliano, Piscinola da un lato, Chiaiano, Marano, Mugnano, Villaricca e Giugliano dall’altro), quelle linee nate alla fine del XIX secolo che sfruttavano per il loro itinerario la direttrice di Capodimonte.

Difatti, il 1 marzo 1899 la Société Anonyme Belge de Tramways (S.A.B.T.) inaugurava la tramvia che dalle adiacenze del Museo (via S. Teresa) raggiungeva - ancora in ambito urbano - il deposito del “Garittone”, sito esattamente all’incrocio delle due strade che conducono da un lato a Miano, Secondigliano e Piscinola e dall’altro a Marano, Mugnano, Villaricca e Giugliano.

Il 2 dicembre dell’anno successivo (1900) fu la volta della tramvia interurbana Museo - Capodimonte - Garittone - Bivio Mugnano - Bivio Marano - Giugliano, che assunse il numero 3. A quella data erano due le linee urbane in servizio:

1   Napoli (Museo) - Porta Grande

4   Napoli (Museo) - Garittone

Nel 1902 la rete delle tramvie di Capodimonte si completa con i brevi tronchi Bivio Mugnano-Mugnano e Bivio Marano-Marano, per quanto riguarda l’esercizio interurbano, e Garittone-Miano, per l’esercizio urbano. Quest’ultima linea, poi, sarà prolungata per ulteriori km. 1,400 fino a raggiungere Secondigliano il 14 marzo del 1907. Solo successivamente (21 aprile 1926) i tram “del Nord” raggiungeranno anche Piscinola. Al momento della sua massima estensione la rete delle Tramvie di Capodimonte comprenderà pertanto le seguenti linee:

Piazza Dante - Garittone

Piazza Dante - Porta Grande (km. 2,370)

Napoli - Secondigliano (km. 5,804)

Napoli - Giugliano (km. 12.000)

Napoli - Marano

Navetta Miano - Piscinola

Navetta Bivio Mugnano - Mugnano (km. 1,146)

Tram in uscita dal deposito “Garittone”. Non è improbabile che la foto

sia stata scattata il giorno dell’inaugurazione delle tramvie del Nord (coll. A. Cozzolino).

Nel 1910, grazie alla mediazione del Comune di Napoli, le reti delle tramvie urbane e di quelle del Nord vengono collegate all’altezza del Museo e viene stabilito un capolinea comune in piazza Dante, mentre alla Société Anonyme des Tramways Napolitains (S.A.T.N.), il gestore delle linee cittadine, viene concesso di estendere fino al Tondo di Capodimonte (e in prospettiva fino allo Scudillo) la linea, numerata 18, da piazza Vittoria a piazza Dante.

Il 31 marzo del 1929 l’Azienda Tranviaria del Comune di Napoli (A.T.C.N.), nel frattempo subentrata alla S.A.T.N., assorbe l’esercizio delle Tramvie del Nord e conseguentemente le linee assumono nuove denominazioni:

37  Piazza Dante-Secondigliano

38  Piazza Dante-Piscinola

39  Piazza Dante-Garittone

60  Napoli-Giugliano

61  Napoli-Marano

62  Napoli-Mugnano

Da pari data, la linea 18 raggiunge Porta Grande ed ingloba pertanto la vecchia 1 della S.A.B.T., mentre un’ulteriore tramvia, numerata 26, collega Capodimonte a Poggioreale.

Senza soffermarci sui notevolissimi danni che infrastrutture e materiale mobile delle tramvie di Capodimonte subirono durante il secondo conflitto mondiale, passiamo al dopoguerra e precisamente al 1954, allorché le linee “del Nord” - a seguito dell’eliminazione dei binari da via Santa Lucia a piazza Dante - furono limitate “provvisoriamente” al corso Amedeo di Savoia all’altezza del raddoppio del binario esistente in prossimità della birreria Peroni. Sarà una limitazione definitiva, che - con il taglio dei binari nell’anno successivo - porterà alla stranissima condizione dell’esistenza di una rete tramviaria del tutto separata da quella urbana ancora in esercizio.

Da questo momento il declino delle tramvie di Capodimonte sarà sempre maggiore. Nel 1957 vengono soppresse le linee 37 e 38 per poi arrivare alla completa dismissione di quelle residue (60, 61 e 62) a marzo del 1960.

Il capolinea urbano delle Tramvie del Nord, in corso Amedeo di Savoia,

a metà degli anni ’50 (coll. A. Cozzolino).

Il percorso

Partendo dal capolinea tronco di via S. Teresa degli Scalzi la linea tramviaria raggiungeva a doppio binario il Tondo di Capodimonte e affrontava qui la tratta più acclive e “difficile” del suo percorso (pendenza massima dell’8 ‰), quello che ancora oggi reca il nome di via del Regresso di Capodimonte. Dopo due ampie curve le rotaie piegavano verso la cosiddetta “Porta Grande” della Reggia borbonica di Capodimonte, capolinea di una delle due linee urbane. I tram diretti in provincia imboccavano anch’essi lo stesso binario, ma utilizzando questo tratto di rete appunto come un regresso (e in direzione inversa anche come un binario di salvamento, vista la notevole pendenza), essendo praticamente impossibile (per la ristrettezza della curva) deviare verso Miano. Mutata la direzione (e operato, se necessario, il “salto della rimorchiata” grazie al raddoppio ivi presente) le vetture riprendevano la loro corsa dirette al capolinea provinciale o, viceversa, a quello urbano. Solo negli anni ’10 del XX secolo, grazie ad un ampliamento della carreggiata, sarà possibile per i convogli tramviari effettuare la curva eliminando il regresso.

  

Il capolinea urbano delle tramvie di Capodimonte, segnato da un robusto paracarro, e

il tram n. 26 all’altezza del Regresso (coll. A. Gamboni - coll. E. Bevere).

Proseguendo lungo la via di Miano le motrici incontravano il deposito del Garittone, alla cui altezza la linea si divideva ulteriormente: da un lato - attraverso via Nuova S. Rocco e con un percorso su marciatram posto sulla sinistra della sede stradale - i tram raggiungevano i ‘villaggi’ di San Rocco, Marianella e Chiaiano e quindi, percorsa la via S. Maria a Cubito (oggi via Emilio Scaglione), entravano in Comune di Marano, ove, sulla destra, si trovava la deviazione per Mugnano; quindi proseguivano fino ad incontrare la strada provinciale per Villaricca e Calvizzano attraverso la quale arrivavano a Giugliano e al capolinea (parimenti tronco) posto in piazza Annunziata. Come si evince dagli orari della tramvia, il raddoppio esistente all’altezza di Marianella veniva spesso usato per corse limitate. Analogamente, le corse dirette a Giugliano si alternavano con treni ridotti che si attestavano a Villaricca.

 

Due tram “del Nord” a San Rocco e lungo la strada di Miano (coll. G. Fiorentino - coll. A. Cozzolino).

Dal Garittone partiva un’altra linea che raggiungeva Miano dopo aver percorso la cosiddetta “curva della morte”; qui il tram svoltava verso destra imboccando via Regina Margherita, che veniva percorsa per intero e al cui termine la linea “per Secondigliano” si arrestava. Sempre dalla via di Miano si dipartiva poi una breve diramazione che - attraverso una strada comunale - raggiungeva il “villaggio” di Piscinola. Questa diramazione (in origine solo un servizio navetta tra Miano e Piscinola) diventerà una linea “autonoma” con capolinea urbano a piazza Dante solo con il citato assorbimento delle Tranvie del Nord da parte del Comune di Napoli nel 1929.

Il deposito del Garittone

Le Tranvie del Nord ebbero, per tutta la loro durata, un unico deposito di ricovero e manutenzione del materiale rotabile, quell’impianto del Garittone che - anche se totalmente ricostruito negli anni ‘60 del secolo XX - è stato utilizzato come rimessa autoviaria fino al 2018: sito all’angolo tra la via di Miano e la strada che porta a Chiaiano (attuale via Nuova S. Rocco) presentava una struttura decisamente singolare.

Il deposito, infatti, era inizialmente diviso in due zone adiacenti, poste a quote differenti, ma entrambe con accessi sulla via di Miano, dotate di ampi piazzali e di capannoni per la rimessa delle vetture tramviarie ed annessa officina.

Le due zone, inoltre, erano “fisicamente” separate da un'area destinata ad ospitare una sottostazione elettrica. Erano presenti, inoltre, locali adibiti ad uffici.

Interno del deposito del “Garittone” allo stato d’origine (coll. A. Cozzolino).

Il materiale rotabile

La massima parte delle notizie relative al materiale mobile della S.A.B.T. si ricava da un prezioso documento scritto in francese risalente al 1907 e custodito nell’archivio di C.T.P. (Compagnia Trasporti Pubblici - Napoli). Da esso apprendiamo che i tram di prima dotazione erano dodici, numerati 1÷12: il truck e l’equipaggiamento elettrico di queste vetture erano stati forniti dalla Casa Dulait di Charleroi, mentre la cassa era stata costruita, sempre in Belgio, dalla Germain à Monceau. Apprendiamo poi che, nel 1906, in occasione del cambio dell’equipaggiamento elettrico, che fu aumentato di potenza, queste vetture furono ricostruite.

La seconda serie di vetture motrici era numerata da 13 a 20. Come per le precedenti, il truck e l’equipaggiamento elettrico erano stati forniti dalla Casa Dulait di Charleroi, ma la cassa era stata costruita dalla napoletana Benvenuti. Anche questi tram furono revisionati nel 1906, resi più “stabili” e furono loro montati due motori da 50 HP ciascuno.

Quanto alla terza serie di vetture motrici, essa era costituita da sei vetture che recavano i numeri da 21 a 26, ed erano dette ‘tipo Bruxelles’. Collaudate il 19 febbraio 1907 presentavano truck e l’equipaggiamento elettrico parimenti fornito dalla Casa Dulait di Charleroi, ma casse costruite in Belgio dagli ‘Atelièrs de Nivelles’. La potenza era ugualmente di due motori da 50 HP ciascuno.

  

Le vetture nn. 7 (a sinistra, dopo la chiusura dei frontali) e 14 delle Tramvie del Nord,

appartenenti a due diverse serie (ambedue le immagini coll. A. Cozzolino).

Quanto alle rimorchiate, esse vengono così descritte: “Vi sono nove rimorchi aperti, numerati da 31 a 39, in servizio dal 1902, ma che hanno scarsamente circolato, per cui sono attualmente in buono stato di conservazione, ma non di manutenzione. …. Quanto alle vetture di rimorchio chiuse sono anch’esse nove, ma numerate indipendentemente da quelle aperte, visto che recano i numeri da 37 a 45”.

La strana doppia numerazione delle rimorchiate avrebbe avuto una sua spiegazione poco tempo dopo, giacché i rimorchi chiusi avevano assunto la numerazione 37÷45 in previsione dell’arrivo, nel 1908, di nuove motrici, quelle che sarebbero state contrassegnate dai numeri 27÷36 e che, da documenti successivi, sappiamo esser state costruite, al pari di 21÷26, a Bruxelles (verranno definite infatti “Bruxelles II serie”) e quindi, presumibilmente, dagli ‘Atelièrs de Nivelles’ su truck Dulait.

Molto eleganti, le motrici 27÷36 presentavano sei finestrini laterali, arcuati nella parte superiore. Il frontale era a quattro finestrini, cui se ne aggiungevano altri due più piccoli, laterali, e, nella fascia compresa fra questi ed il tetto, erano praticate altrettante piccole aperture chiuse da vetrini. Gli accessi, molto ampi, erano “protetti” con una semplice catenella. All’interno, i posti a sedere erano costituiti da panche longitudinali.

All’arrivo di queste unità le rimorchiate da 31 a 39 assumeranno nuovi numeri a partire da 46 e saranno progressivamente o radiate o ricostruite come tipo ‘chiuso’.

Scarsissime le immagini di rimorchiate delle Tramvie di Capodimonte.

Questa foto ci mostra la carrozza n. 37 ormai alle soglie della demolizione (coll. E. Bowinkel).

Al 1929 - anno della confluenza delle Tramvie del Nord nell’Azienda Comunale dei Trasporti - risultano presenti due soli esemplari (46bis e 50bis: sic!) ancora allo stato d’origine (in attesa di radiazione), due probabilmente da ricostruire (51-52) e due già ricostruiti (53-54). La presenza di due vetture numerate nell’inventario 46bis e 50bis dipende dal fatto che questi numeri risultano già occupati da altri rotabili, precisamente da rimorchiate (dette nei documenti “Tipo Nuovo Capodimonte”) arrivate unitamente alle motrici del gruppo 27÷36 nel 1908. Queste rimorchiate assumono nel parco S.A.B.T. i seguenti numeri: 41-46-47-48-49-50. Di qui una doppia considerazione: 1. l’originaria rimorchiata n. 41 deve aver subito nel breve lasso di tempo tra il documento prima citato e l’arrivo del nuovo gruppo (in pratica tra 1907 e 1908!) un incidente tale da consigliarne la radiazione lasciando libero il suo numero ad una “Nuovo Capodimonte”; 2. per le originarie 46÷50 si rafforza l’idea che dovessero essere state (come detto) o ricostruite come chiuse o definitivamente accantonate. Il fatto che - nel detto inventario del 1929 - 53 e 54 vengano definite “tipo chiuso ex-aperte” sembra darne definitiva conferma.

Nel non breve intervallo tra i dati del 1908 e quelli del 1929 si inserisce poi un’interessante notizia contenuta nell’elenco dei truck forniti alle Aziende italiane dalla Brill, nel quale si legge che nel 1911 la Brill costruì per la S.A.B.T. ventidue truck tramviari. E questa notizia è confermata in pieno dal fatto che nel 1929, rinumerando le vetture S.A.B.T., l’Azienda Comunale crea una serie 801÷822 definita “Vetture con truck Brill”, costituita dall’accorpamento delle vetture 1÷12 e 27÷36 della S.A.B.T.

È presumibile quindi che le motrici di prima serie siano state totalmente ristrutturate e che si sia provveduto a sostituire i truck originari con quelli - molto più affidabili - della Brill (modello 21E, lo stesso utilizzato dalla gran parte delle motrici urbane di Napoli). Più problematico è chiedersi perché tale operazione sia stata estesa alle vetture dell’ultima serie: forse, si sarà voluto “modernizzare” il gruppo che aveva la possibilità di sopravvivere più a lungo.

Vettura 813 fotografata in servizio sulla linea 38. È la ex-27 delle Tramvie del Nord che delle caratteristiche originarie

ha conservato soprattutto l’arcuatura superiore dei finestrini laterali (coll. A. Cozzolino).

Sempre all’atto dell’accorpamento le vetture 21÷26 S.A.B.T. vengono riclassificate 823÷828, mentre le 13÷20 solo in parte entrano a far parte della dotazione dell’Azienda Comunale con le matricole 829÷833 (tutte peraltro radiate entro il 1935). I tram in origine classificati 16 e 17 vengono demoliti e quello numerato 13 è trasformato in carrello rimorchiato per trasporto materiali.

Il presente testo sintetizza quanto contenuto in 

A. COZZOLINO - A. GAMBONI, Napoli, Il tram di Capodimonte, Napoli 2017

http://www.clamfer.it/15_Libri/TramCapodimonte/TramCapodimonte.htm

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