Testo e foto di Franco Quaranta
|
Con la presentazione del tram storico –
avvenuta il 10 gennaio 2012 alla presenza del sindaco Luigi de Magistris e dell’assessore alla Mobilità, Anna Donati – un pezzo
importante, forse il più prestigioso, si è aggiunto alla collezione
napoletana di veicoli storici, adibiti in passato al servizio
pubblico.
Il recupero e la ricostruzione del tram
cominciano di fatto nel gennaio del 2004 con il suo spostamento
all’impianto tranviario di San Giovanni:
la 1029 era in condizioni pessime: sia la carrozzeria sia la
meccanica erano da rottamazione, la livrea si presentava in un
improbabile verde bosco in cui era stata approssimativamente
ridipinta anni prima su richiesta della produzione del film di Mario
Martone “L’amore molesto” per girare sul tram qualche scena.
|
|
|
L’obiettivo dichiarato dell’operazione era il
ripristino delle condizioni in cui uscì dalle officine AERFER quando, nel 1960, subì la trasformazione da tipo “Officina”
a “Meridionale”; perciò la prima fase del lavoro è consistita nella
ricerca di tutte le testimonianze utili a ricostruire l’aspetto
effettivo che il tram aveva a quel tempo.
Si realizzò altresì l’esigenza di modificare
in maniera sostanziale la meccanica al fine di permettere la messa
in servizio regolare. Trattandosi di modifiche confinate in zone che
non sono in vista, l’aspetto generale della vettura non avrebbe
subito variazioni tranne che per un solo dettaglio: il sistema di
captazione elettrica. La rete tranviaria non consente più la
circolazione dei veicoli dotati del sistema ad asta e rotella –
utilizzato fino al 2003 – per cui si è resa indispensabile
l’installazione del pantografo in dotazione al parco tranviario
napoletano, con un tollerabile ritocco all’estetica del tram.
Il lavoro di restauro vero e proprio è durato
complessivamente sette anni; i primi lavori hanno interessato la
cassa per la quale, date le condizioni di estremo degrado di quasi
tutti i corsi di lamiera ed anche di parte degli elementi
strutturali, si è resa necessaria un’opera di rimozione e ripristino
di entrambe le fiancate nonché di buona parte dei corpetti anteriore
e posteriore. Contemporaneamente si è proceduto alla rimozione di
tutti gli elementi interni inclusi posto guida, sedili,
pavimentazione e sottocieli.
|
|
Dal tram privato degli elementi di
allestimento è scaturita un’immagine estremamente suggestiva
caratterizzata dall’intelaiatura costituita da pilastrini e correnti
longitudinali e dal tetto in legno, costruito come una carena
rovesciata, a listelli affiancati e resi stagni con quella
operazione che in gergo marinaro viene detta “calafataggio”. Questa
scena, che sarebbe bello mostrare alle nuove generazioni magari
utilizzando la carcassa di un'altra vettura, evoca una modalità
lavorativa d’altri tempi, fatta di manualità, esperienza e
dedizione, ben lontana dalla veloce e ripetitiva sequenza di
operazioni computerizzate che dominano oggi le costruzioni di ogni
tipo.
|
|
Si è approfittato della assenza di tutti i
rivestimenti per mettere a posto i sottosistemi, sostituendo quasi
tutti i componenti del sistema frenante (per adeguarlo alle
normative attuali), installando il sistema elettrico a bassa
tensione che oggi è obbligatorio, ripristinando i meccanismi del
sistema pneumatico e di governo del veicolo. Dopo una verifica
strutturale preliminare, i carrelli sono stati revisionati con la
sostituzione dei motori e la verifica di tutti gli apparati di bordo
incluse le connessioni con i comandi.
|
|
L’operazione di ricostruzione si è rivelata
particolarmente onerosa: oltre alle lamiere, irrecuperabili, anche
alcuni elementi strutturali, particolarmente deformati a causa
dell’arrugginimento che ne aveva quasi raddoppiato le dimensioni,
sono stati sostituiti con un’azione di “cuci e scuci” volta a
sostituire le zone più compromesse con profilati nuovi.
|
|
|
Completati anche gli interventi sulla cassa,
pitturazione inclusa, si è passati alla fase più delicata e, in
qualche modo, più interessante del restauro: il ripristino degli
interni lignei. Il fascino di questa operazione deriva dallo stesso
stile degli interni dei tram prodotti in quel periodo in cui
l’influenza dello stile Liberty si fa sentire soprattutto nella
solarità e nello splendore degli elementi di finitura ed
allestimento.
|
|
|
|
L’accoppiamento tra il mogano utilizzato per i
rivestimenti laterali ed il faggio evaporato con cui sono stati
costruiti gli elementi di contorno e sostegno, unitamente allo
splendore dell’ottone degli appoggi dei lumi a palla e di tutti i
mancorrenti, ha generato un effetto d’epoca di rara bellezza.
Costruiti ex novo nel colore e nelle forme
indicati dalle copiose testimonianze disponibili, i sediolini hanno
completato un contesto cromatico eccezionale in cui il bianco appena
virato di schienali e sedute riesce ad inserirsi armonicamente tra i
colori austeri dei rivestimenti lignei e la brillantezza degli altri
elementi presenti.
|
|
Il risultato finale dell’operazione è da
considerare decisamente straordinario; l’ANM dispone ora di un mezzo
di assoluto prestigio che può essere utilizzato per la promozione
aziendale così come per qualsiasi altra iniziativa che possa
coinvolgere un mezzo storico di alto livello.
|
|
Con la ricostruzione della 1029 – che segue di
qualche anno quello del filobus 8021, eseguito con comparabile
accuratezza – la strada della valorizzazione della storia del
servizio pubblico locale attraverso il restauro dei veicoli
appartenuti ai parchi aziendali ha mostrato in maniera chiara e
definitiva la propria validità e perseguibilità.
E non mancano certo i requisiti culturali ad
accreditarne l’opportunità.
Innanzitutto va detto che il trasporto
pubblico ha sempre avuto un’importanza capitale per la vita dei
napoletani e ciò indubbiamente rende opportuno il mantenimento delle
tracce rimaste vive del contesto in cui esso si esercitava e si
sviluppava.
E poi Napoli ha potuto contare su numerose
modalità di trasporto urbano: filobus, tram, funicolari,
metropolitane, e persino funivie hanno caratterizzato negli anni gli
spostamenti in città. I molti veicoli salvati dall’alienazione, e
che sono oggi in attesa della disponibilità di risorse per la
ristrutturazione, riflettono tutte queste modalità rendendo ancor
più desiderabile la realizzazione di un’istituzione museale che ne
promuova il restauro, li conservi, li esibisca, li manutenga e,
quando possibile, li metta in circolazione.
|
Purtroppo, il luogo in cui viviamo è
spessissimo assorto in una specie di emergenza permanente la quale,
vera o falsa che sia, distrae sistematicamente dalle opportunità che
non appaiano dedicate esplicitamente alla soluzione dell’ultimo
problema emerso. Ed allora anche un’iniziativa bella, capace di
suscitare consenso ed approvazione generale, in grado persino di
essere produttiva se gestita in modo adeguato, può apparire
intempestiva e non perseguibile in “tempi come questi”.
Chi ha seguito dall’inizio il tentativo di
costituire ciò che altrove (anche in Italia) è normalità ossia una
realtà in cui conservare ed esibire le testimonianze della storia
del TPL locale, sa bene quanti e quali no – non sempre detti e
motivati esplicitamente – sono stati contrapposti alla crescita di
questa iniziativa; dobbiamo sperare adesso che, con l’arrivo di
menti nuove nelle istituzioni comunali e nelle Aziende di trasporto
pubblico, diventi finalmente possibile tracciare un percorso chiaro,
compatibile con disponibilità e prospettive di reperimento delle
risorse necessarie.
Non c’è dubbio, infatti, che Napoli trarrebbe
vantaggio dalla creazione di un istituto a carattere museale che si
interessi della storia del trasporto pubblico e racconti la città da
un punto di vista molto particolare, capace di ravvivare suggestioni
antiche riproponendole attraverso le tante vestigia ancora
disponibili ed anche il viaggio in veicoli come la 1029.
|
|
|
|
|