È fuori
discussione che la Svizzera, con la notevole presenza di
ferrovie e tramvie sul proprio territorio, si candidi come
il Paradiso per tutti gli appassionati di treni. Una
illuminata politica lunga quasi 180 anni, l’ha dotata di una
rete capillare che se da un lato ha spezzato l’isolamento di
centinaia e centinaia di valli, dall’altro ha indotto un
inarrestabile sviluppo economico, contribuendo nel contempo
alla salvaguardia dell’ambiente.
Questo
concetto consente di pensare ad un sistema che nel corso
degli anni si è andato sempre più consolidando, aggiungendo
e migliorando ciò che esiste; senza mai operare tagli e
riduzioni. Ciò è in gran parte esatto; ma, sia pure a
malincuore, si devono pur riscontrare nel tempo taluni tagli
e chiusure magari dettati da circostanze di scarsa
redditività od obsolescenza. Certo siamo ben lungi, e per
fortuna, dalla nefasta stagione nostrana passata alla storia
come quella del taglio dei rami secchi; da me ribattezzata
“la strage delle innocenti”.
Interessandomi per ora, alle tramvie e ferrovie presenti nel
vicino Canton Ticino, mi sono imbattuto in questa cessata
“Lugano-Cadro-Dino”. Malgrado la sua ridotta estensione,
presenta diversi caratteri che possono suscitare interesse;
non fosse altro che per una variegata ed assortita
disponibilità di materiale rotabile. Seguiamone la storia.
L’apertura
delle grandi linee ferroviarie di comunicazione, ha sempre
suscitato velleità di allacciamento per quelle città non
poste lungo gli assi principali. Consapevoli di non poter
essere tutte servite in totalità dal treno, i centri minori
si adoperavano nel tentativo di ottenere almeno una bretella
che li potesse legare alla linea principale. Queste bretelle
assunsero l’attributo (mutuato dall’anatomia) di adduzione.
Essendo al servizio di bacini di utenza limitati, dovevano
avere una concezione improntata all’economicità sia di
costruzione che di gestione.
Nel caso
particolare della storia che stiamo raccontando, l’asse
ferroviario di riferimento, fu la ferrovia del Gottardo
(Gothardbahn) che dal 1892 collegò la Svizzera meridionale
con quella settentrionale. Non solo. Essa era segmento della
trave portante tra l’Italia (Europa mediterranea) ed i paesi
del Nord Europa (Mittel Europa). Lugano ne costituiva la
principale fermata nel Canton Ticino. I centri minori della
valle del fiume Cassarate richiesero ed ottennero una
piccola ferrovia di adduzione (Lugano-Tesserete del 1909).
Non passò molto tempo che anche i villaggi del lato
orientale non vollero essere da meno.
Costituitasi la Società ad hoc LCD
(Lugano-Cadro-Dino) nel 1908, alacremente ne promosse e
intraprese i lavori. Il tragitto, di cui presto diremo, fu
aperto in due scadenze. Il 2 gennaio 1911 era in servizio il
tratto che potremmo definire cittadino ossia
dall’imbarcadero (presso il lungo lago di Lugano) fino al
capace deposito sociale in località La Santa. In sostanza
aveva aspetto e servizio da tramvia. Il successivo 27 giugno
la ferrovia si poteva dire completata, toccando tanti centri
tra i quali Cadro; ed arrivando al terminale di Dino.
Pertanto la zona urbana veniva servita da materiale leggero
di tipo tramviario. Mentre sulla tratta interurbana,
svolgevano servizio veri e propri convogli di tipo
ferroviario. La lunghezza totale era di poco più di 8
chilometri con uno scartamento metrico puro (1000 mm) ed
alimentazione 1000 volts.
Complesso composto da due
elettromotrici inquadranti un rimorchio al lungolago il
settembre 1962.
(Collez. G. Fiorentino)
La ferrovia
LCD per anni svolse un servizio egregio ed apprezzato, sia
come tramvia che come linea suburbana. Si è calcolato che in
circa 60 anni di attività, furono trasportati 33 milioni di
viaggiatori con una media tra le 9 e 13 coppie di treni
giornalieri. A questo bisogna aggiungere il traffico urbano.
Il suo
epilogo avvenne il 30 maggio 1970, con una cronaca simile a
tante altre: boom del traffico privato da un lato, necessità
di un oneroso aggiornamento tecnologico che nessuno ebbe
voglia di fare, dall’altro. In questo triste rituale,
s’inserisce però un elemento inedito che se non fosse
tragico, sarebbe comico. Il 7 giugno 1969, la proprietà
della LCD fu ceduta alla LT (Lugano-Tesserete) che da poco
aveva chiuso la propria ferrovia, sostituendola con un
servizio gommato. Insomma come affidare le pecore al lupo.
Così anche per la “nostra”, tempo un anno, si preferì la
modernità del bus. Per amor di cronaca, si deve tuttavia
precisare che sin dal settembre 1967, il capolinea cittadino
era stato arretrato in piazza Indipendenza. Ciò avvenne per
motivi di incompatibilità con il crescente traffico
automobilistico; quantunque preclusivo del comodo
interscambio con i servizi lacuali.
La flotta
tra materiale di trazione e rimorchi, offre non pochi spunti
d’interesse.
La nostra
piccola ferrovia nacque elettrica. Pertanto sin dall’origine
si dotò di quattro elettromotrici di costruzione svizzera
SWS con matricola CFe 2/2 da 1 a 4.
Elettromotrice n. 1 allo stato di origine pertanto con
l’archetto e la vecchia matricola CFe.
(Collez.
G. Fiorentino)
Purtroppo
giacché la concezione si rivelò poco adatta all’itinerario,
sia pure molti anni dopo, furono trasformate. Il truck fu
ricostruito a tre assi con quello centrale portante e i due
estremi motori. Dal che furono ribattezzate BDe 2/3 (tre
assi portanti e due motori). L’archetto fu sostituito da un
moderno pantografo mentre furono dotate di un dispositivo
per comando multiplo. In tal guisa la 2 e la 4 furono
predisposte per un comando a monte mentre la 1 e la 3 per la
posizione a valle. Tuttavia sarebbe stato possibile sia un
impiego singolo che con l’intervallo di una rimorchiata.
Nel 1941,
profittando della chiusura della ferrovia Biel-Meinisberg,
fu acquistata una graziosa elettromotrice di colore arancio
cui fu attribuita la matricola Be 4/4 10. Stante
l’impossibilità di rimorchiare, per lo più svolse servizio
tramviario.
Elettromotrice Be 4/4
matricola 10 in una rara foto a colori che ci permette di
comprendere
l’appellativo “Freccia
arancio”. Nonché avere una prospettiva del deposito La Santa
com’era il 1969.
(Collez. G. Fiorentino)
Nel 1955,
di fronte ad un’ottima frequentazione in termini numerici,
fu acquistata un’altra motorizzata: Be 4/4 9. Questa volta
era nuova di fabbrica, prodotta dalla ACMV di Vevey, senza
spiccate doti di velocità. Però aveva una capacità di 64
posti a sedere e 32 in piedi. E poi era abbinabile con la 2
o la 4, il che le conferiva caratteri di estrema
flessibilità. Alla chiusura della ferrovia, fu ceduta alla
MOB.
Elettromotrice 9 acquistata
nuova di fabbrica qui ripresa a La Santa il luglio 1966
(Collez. G. Fiorentino).
La storia
dei tramvetti per il servizio urbano si presenta più
semplice. All’origine 1913, fu acquistata una vettura a
corrente trifase dalla rete di Lugano in seguito al cambio
di alimentazione (matr. 5).
Tramvetto proveniente dalla
prima dotazione rete urbana Lugano; poi immatricolato con il
n. 5 della LCD.
Qui ripreso in deposito
intorno al 1925 (Collezione G. Fiorentino).
Anch’essa
fu ovviamente adeguata a quella della LCD. Ancora negli anni
’50 del ‘900, di fronte ad un promettente sviluppo del
traffico urbano, furono rilevate tre vetture numerate da 6 a
8 dell’azienda TAM (Chiasso-Mendrisio). Subito furono dotate
di pantografo.
Vettura
matricola aziendale 7 proveniente dalle tramvie
Chiasso-Mendrisio.
Qui
ripresa in corso Elvezia diretta a La Santa intorno al 1950
(Collezione G. Fiorentino).
Circa le
rimorchiate, si notato diverse vetturette e carri merci;
taluni di provenienza RhB. Tuttavia tra il 1945 ed il 1946
furono acquistate due carrozze rimorchiate nuove a carrelli,
di costruzione SIG di Neuhausen. Le loro matricole furono 41
e 42.
Rimorchiata 42 ripresa a
Piazza Manzoni intorno a luglio 1962 (Collez. G.
Fiorentino).
Mi sono
riservato per ultimo la sfiziosa carrozza giardiniera B21
dalla capacità di 50 posti a sedere. E’ facile immaginarne
un suo utilizzo per lo più estivo.
Storica motrice n. 1 al
terminale di Dino con la giardiniera e le livree originali
che risaltano
dalla rara immagine a colori.
Settembre 1966 (Collez. G. Fiorentino).
Alla
chiusura non fu rottamata, sorte di gran parte del materiale
rotabile. Al contrario fu con giudizio, ceduta alla ferrovia
museo Blonay-Chamby, dove ancora oggi svolge un servizio
apprezzato dalle centinaia di visitatori che annualmente la
frequentano.
Nuova vita per la giardiniera
B21 a Blonay in attesa di espletare un treno turistico.
Agosto 2018.
(Foto G. Fiorentino) |