Nel 1914, quasi alla vigilia della prima guerra mondiale, la Societé
Anonyme de Tramways Napolitains (S.A.T.N.) immette in servizio ben
60 tram, costruiti dalle Officine Meccaniche Italiane di Reggio
Emilia, ma che – per tutta la loro vita ed anche oltre – saranno
definiti in Azienda “Charleroi”, perché dotati in effetti (allo
stato d’origine) di due motori A.C. 81 costruiti dall’Atélier della
città belga famosa proprio per la Casa costruttrice di componenti
tranviarie.
Il disegno “centenario” delle Charleroi – tuttora conservato in
A.N.M. –
è in realtà quello del costruttore della cassa, l’O.M.I. di
Reggio Emilia.
Costruite su un truck Brill 21 E allungato nel passo a 2000 mm,
lunghe 7860 mm e verniciate in giallo/rosso, le Charleroi hanno
casse che appoggiano sul truck a mezzo di quattro molle a balestra e
che sono dotate, lateralmente, di sei finestrini, fissi nella parte
superiore. Sul tetto è presente il classico lucernario, peraltro
notevolmente più lungo di quello delle serie precedenti. Il frontale
delle vetture è ormai quello solito dei tram napoletani,
contraddistinto da quattro finestrini, ma appare, per così dire,
“schiacciato” sì da rendere inconfondibile questa serie di rotabili
che occupa le matricole da 561 a 620. Le piattaforme sono dotate di
accessi chiusi dai consueti cancelletti. Adottano il freno a
pattini, a comando meccanico, montato su tutti i tram a due assi
aziendali.
La Charleroi n. 595 ritratta in servizio sulla linea 9.
L’immagine laterale della vettura
sottolinea i frontali “schiacciati” di questa serie di motrici
(coll. G. Litigio).
Con
la suddivisione fra gli esercizi urbano (A.T.C.N.) ed interurbano
nel 1919, ventuno vetture rimangono alla S.A.T.N. conservando le
matricole originarie.
Le altre, passate all’Azienda Comunale, vengono - in parte -
modificate nella motorizzazione e suddivise in tre serie, tra il
1920 e il 1921:
561 ÷
566, con motori G.E. 57; 571 ÷ 596, rimaste con gli originali
A.C. 81; 601 ÷ 607, con motori C.T. 135. Queste ultime vengono anche
dotate di motocompressore, che sarà montato sulle G.E. 57 solo a
partire dal 1928, allorché - per le A.C. 81 - avverrà la
sostituzione del compressore su boccola con quello assiale.
Negli
anni successivi, con la riunificazione degli esercizi, subiscono una
ulteriore modifica di numerazione, in seguito al riaccorpamento
delle motrici ex-S.A.T.N.: 561 ÷ 566 vengono accodate ad altre G.E.
57 con i nuovi numeri 50 ÷ 55; 601 ÷ 607 sono rinumerate 691 ÷ 697,
le A.C. 81 rientrate dalla S.A.T.N. assumono le nuove matricole 597
÷ 617 in continuazione del gruppo precedente.
Due Charleroi si incrociano all’altezza dell’Hotel Bertolini al
Corso Vittorio Emanuele (coll. E. Bevere).
Una delle motrici modificate con l’adozione dei motori GE 57:
ha assunto ora la matricola 54 (coll. G. Litigio).
La motrice n. 600 (secondo la “nuova” numerazione unificata del
1927)
ritratta al capolinea vomerese di piazza Vanvitelli (coll. A.
Cozzolino).
Nel corso degli anni le Charleroi subiscono varie modifiche nelle
struttura della cassa, consistenti soprattutto nella semplificazione
della verniciatura (bi-verde, senza filettature), nell’aggiunta di portine in legno
per la chiusura degli accessi, ristretti con la costruzione di una
piccola paretina sul lato compartimento viaggiatori, sostituzione
degli organi di repulsione, montaggio - sul lucernario - della
“cassetta” contenente l’interruttore di linea.
Verso la fine degli anni ‘30, presso gli stabilimenti
della MATER, un’ulteriore modifica per il gruppetto 691 ÷ 697: i
frontali vengono completamente ridisegnati, rendendoli somiglianti a
quelli delle vetture più recenti: tre vetri, indicatori di
percorrenza “interni”, veletta laterale per il numero di linea.
La CT 135 n. 696 prima e dopo la ricostruzione operata dalla
MATER a fine anni ’30: nella prima immagine
(coll. E. Bevere) ha ancora tutte le caratteristiche delle
Charleroi (a parte la mutata motorizzazione) e ...
... ritratta a fine carriera nei pressi del Bosco
di Capodimonte, è priva del lucernario e presenta
il ‘nuovo’
frontale con parabrezza centrale unico (Archivio fotografico Ruggieri).
Fra la fine degli anni ‘30 ed i primi anni ‘40, le “Charleroi”
subiscono ulteriori modifiche nella motorizzazione e conseguenti
nuovi cambi di matricole; solo otto unità (574, 582, 583, 586, 599,
604, 606 e 607 oltre 584 radiata nel 1946 per danni bellici)
conservano i motori originali, non subiscono ulteriori rinumerazioni e vengono progressivamente radiate entro il 1950. Con
i motori G.E. 57 rimangono 50 ÷ 55, che perdono, sempre per danni
bellici, la 53; nel dopoguerra assumerano – “aprendo” il gruppo di
tutte le G.E. 57 – le matricole 1÷5. 691 ÷ 697 rimarranno con motori
e matricole inalterate, mentre tutte le altre motrici del gruppo
(ormai solo di nome “Charleroi”) vengono dotate di motori CT 139K e
confluiscono nel relativo maxi-gruppo che comprende le matricole da
279 a 398; anche in questo caso sono esse ad ‘aprirlo’, anche se le
immagini fotografiche non ci consentono di affermare che siano esse,
e solo esse, ad occupare le matricole 279 ÷ 321, mentre è certo che
alcune unità avevano già assunto – prima della riclassificazione
post-bellica – altre matricole (es. 390).
Essendo praticamente
impossibile seguire – in mancanza delle esatte corrispondenze – la
vita ulteriore delle motrici residue possiamo solo ricordare che
quelle dotate di motori G.E.57 (alle quali si aggiunse anche 282
senza cambiare numerazione!) risultano ancora tutte presenti
nell’inventario del 1957.
Tre immagini risalenti al 1949, tutte
provenienti dall’Archivio A.N.M. Di seguito vediamo:
la Charleroi n. 293, immutata nell’aspetto esteriore, ma ora
dotata di motori CT 139K e di ... un inusitato respingente; la
motrice post-bellica n. 4, una Charleroi con frontale a tre luci, ma
ancora dotata di lucernario,
e infine la 282 che – pur adottando motori GE 57 negli anni ’50
– non verrà ulteriormente riclassificata.
Concludiamo questo ricordo “centenario” con la menzione delle
rimorchiate “Reggio Emilia”, prodotte dalle Officine Meccaniche
Italiane contemporaneamente alle motrici “Charleroi”. Avevano fin
dall’origine piattaforme “chiuse”, con accessi protetti dai consueti
cancelletti. La cassa, della lunghezza di 7855 mm (entro i
respingenti), presentava lateralmente sei finestrini, con parte
superiore fissa. La presenza del lucernario sul tetto, uniche fra
tutte le rimorchiate napoletane, denota l’unificazione del disegno
della cassa con quello delle motrici della serie 561 ÷ 620, di cui
riprendevano anche il frontale. All’interno erano caratterizzate
dalla presenza di due panche lungitudinali. Numerate da 1301 a
1320, effettuavano servizio accoppiate alle Charleroi, delle quali
riprendevano l’elegante schema di verniciatura. Nel 1919 furono
equamente ripartite fra S.A.T.N. ed A.T.C.N.; le rimorchiate
S.A.T.N. continueranno a circolare, sulle linee vesuviane, con i
loro numeri di servizio originari, mentre quelle passate
all’Azienda Comunale sono “ricompattate” nella serie 1301 ÷ 1310.
Riunificati gli esercizi nel 1927, tutte le “Reggio Emilia” sono
rinumerate nella “nuova” serie 1381 ÷ 1400. Ma gran parte di esse
non sono in felici condizioni di manutenzione, tanto che già verso
la fine del 1930 sono alienati tredici esemplari; ed il resto della
serie sopravvive per poco più di quattro anni: le ultime sette
“Reggio Emilia”, infatti, sono definitivamente radiate nel marzo del
1935.
Rimorchiata di tipo “Reggiane” ritratta a
Torre del Greco (coll. E. Bevere). |