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di Andrea Cozzolino |
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Lo studio medico dei tre fratelli Cozzolino era sito al n. 3 della Traversa Marconi in Resina, oggi Ercolano, al piano terra di quella che era la “casa avita” di famiglia: vi si accedeva attraverso un arco bianco (!) ed era circondata da un vasto frutteto (la ‘terra’) che accoglieva volentieri i giochi infantili di chi ora sta scrivendo queste righe. Ma la mia famiglia abitava a Napoli, ed ogni giorno mio padre, per raggiungere il suo “luogo di lavoro”, doveva spostarsi in treno fino a Resina. Non era raro che in estate, finito l’anno scolastico, il piccolo Andrea, che già aveva manifestato tutti i preoccupanti sintomi della sua irreversibile malattia, chiedesse di poter raggiungere “con papà” la vecchia casa ora abitata solo da zia Luisa, non solo e non tanto per rivedere i suoi parenti quanto per vivere l’emozionante esperienza del viaggio in Vesuviana! Il treno rosso! E magari, con qualche capriccio ben dosato, quello “senza fermate”, che non raggiungeva la piccola stazione (ora non più esistente) di “Pini d’Arena-Belvedere”, ma quella più grande di “Pugliano-Ercolano-Resina”, certo più distante da casa, ma così imponente, così bella, così … stazione, a fronte del piccolo casotto rosso dove la ‘guardiana’ Carmela sorvegliava attenta il passaggio a livello … Al corso Garibaldi la vecchia stazione era imponente, con le colonne all’ingresso, il suo doppio atrio, la colorazione in rosso pompeiano e … la pasticceria Sgambati che attirava compratori con l’intenso profumo delle sue meravigliose sfogliatelle. Dall’ampia biglietteria, irrimediabilmente impregnata dall’odore di fumo (altri tempi!!!), si scendeva attraverso un grande scalone sulla sinistra (quello di destra serviva per risalire) verso il piazzale di stazione, una meraviglia per un appassionato dove sostavano motrici e carrozze forse un po’ monotonamente simili, ma certo affascinanti per gli occhi di un bambino! E poi, qua e là, quelli che per me erano gli ‘oggetti misteriosi’, i locomotori tutti rossi che in genere erano in testa ai treni della Nola-Baiano, che mio padre giudicava molto negativamente, notando che (per servire aree molto abitate) un treno al traino di un locomotore era un modo per rendere più pesante un convoglio destinato ad offrire comunque un elevato numero di posti.
La ‘vecchia’ stazione di Napoli della Circumvesuviana al corso Garibaldi: è ben visibile la pasticceria Sgambati, famosa per le sue squisite sfogliatelle (Archivio fotografico Ruggieri).
Uno dei cinque locomotori TIBB (serie 0301÷0305) in dotazione alla Circumvesuviana: tanto erano invisi … a mio padre, tanto erano graditi al personale che si sentiva orgoglioso di poter essere alla guida di macchine tanto potenti! (foto M. Diotallevi). Mio padre era conosciutissimo in Vesuviana e credo fosse molto stimato, se è vero che una volta un ferroviere (ne ricordo benissimo il nome, ma non lo cito per non violare il diritto alla privacy!) ritardò la partenza di qualche minuto vedendo che – quasi trascinandomi dietro di sé – “il dottore” cercava di raggiungere il diretto delle 7.34 per Sorrento in partenza dal binario 2! Perché all’epoca i treni in livrea avorio-rosso della ferrovia Circumvesuviana partivano sempre dallo stesso binario: il 2 accoglieva appunto i diretti e direttissimi per Pompei-Sorrento, il 3 gli accelerati per Poggiomarino, il 4 i convogli diretti ad Ottaviano e a Sarno, il 5 quelli della Nola-Baiano; tutti gli altri binari del piazzale, con l’eccezione del n. 1 (di servizio), erano destinati agli “Arrivi”.
Due diverse ‘viste’ dell’interno della stazione di testa della Circumvesuviana: la foto b/n appartiene alla coll. Bevere, quella a colori si deve a Mario Kaiblinger. Ma eccoci in partenza: da Napoli Garibaldi il treno attraversava una piccola galleria che sbucava quasi all’ingresso dell’Autostrada per Pompei, poi raggiungeva le piccole stazioni di via Gianturco e di S. Giovanni (sempre pienissima di materiale rotabile: avrei scoperto in seguito che era la sede dell’Officina!) per arrivare a “BARRA-SI CAMBIA!”, come spesso sentivo dal capotreno, perché era l’ultima stazione comune alla Napoli-Ottaviano-Sarno e alla linea costiera diretta a Torre Annunziata e che da qui si sarebbe ulteriormente diramata verso Poggiomarino o verso Castellammare e Sorrento. Poi – non diversamente da oggi, ma a binario unico – S. Maria del Pozzo e San Giorgio a Cremano, e ancora Bellavista (con la splendida stazione di Cassano-Campitelli non a caso preservata come monumento), via Salute (oggi non più esistente), il passaggio attraverso la fitta vegetazione del “Bosco Reale di Portici” e finalmente Pugliano …
Convoglio appena uscito da uno dei due tunnel che sottopassavano la Stazione Centrale FF. SS. (oggi vi è una sola grande galleria che ospita la stazione di Napoli-Garibaldi) (Archivio fotografico Ruggieri).
La fermata di via Gianturco: la tratta da Napoli a Barra fu raddoppiata negli anni ’30 del XX secolo (Archivio Circumvesuviana).
Il fabbricato della stazione di S. Giovanni a Teduccio (Archivio Circumvesuviana) e un convoglio in transito dinanzi al deposito-officina (foto P. Gregoris).
Il vecchio percorso ‘a raso’ del treno a S. Giorgio a Cremano (coll. E. Bevere).
L’elegantissima stazione di Cassano Campitelli-Bellavista in una classica immagine d’epoca (coll. A. Cozzolino).
Ed eccoci a Resina: la stazione di Pugliano della Circumvesuviana era posta esattamente di fronte a quella della ferrovia del Vesuvio (coll. A. Gamboni). Se spesso mio padre si lasciava convincere ad utilizzare il treno diretto del mattino, a sera non c’era scelta: il trenino accelerato con tre sole carrozze da Pini d’Arena alle 19.13 che (me lo avrà detto un viaggio sì e un altro pure!) era un “limitato” a Pompei partito da Napoli alle 16.42 e ripartito dalla città mariana alle 18.37: sempre sulla motrice, sempre al centro della motrice, sempre sul lato destro della motrice, sempre nella sezione “NON FUMATORI”!
Orario del 1959 con evidenziato in giallo il treno del rientro (coll. A. Cozzolino). Si arrivava alle 19.35 a un passo da Napoli, ma – ahimé! – il più delle volte si era fermati dal “disco rosso” all’ingresso della galleria che (parallela a quella dell’andata) immetteva sul piazzale della stazione terminale. Ma erano solo pochi minuti, e l’avventura del viaggio in Vesuviana era finita! Ne sarebbero venute molte altre, fino alle attuali estati da pendolare tra Napoli e Meta, ma “quei” viaggi con papà sarebbero rimasti solo nel sogno, forse ingigantiti e idealizzati dal ricordo, ma sempre nostalgicamente presenti alla fantasia dell’eterno bambino che vive in un appassionato di treni ….
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