Parafrasando l’incipit
di un vecchio articolo custodito nell’archivio del sito Clamfer,
inizio queste note di viaggio affermando che “giovedì si va a ….
Mosca”.
Dopo alcune ore di volo, sbarcammo nell’aeroporto
moscovita, grande ma nulla del lusso che possiamo apprezzare nelle
nostre aerostazioni. Salimmo a bordo del bus a nostra disposizione,
dovevamo percorrere forse una ventina di chilometri per raggiungere
l’albergo. Attraversammo una serie di grandi strade piuttosto
squallide, piene di buche colme dell’acqua che era caduta nelle ore
precedenti. Un traffico densissimo senza semafori o controlli, nel
quale ad ogni autista è lasciata l’iniziativa di districarsi dalla
morsa caotica, ci costrinse a più di due ore di viaggio.
Finalmente Mosca.
Una megalopoli di 12 milioni di abitanti nella
quale alla magnificenza dei vecchi edifici zaristi, alle cupole
d’oro zecchino delle chiese del Cremlino, fanno contrasto gli
anonimi e spesso mal ridotti palazzi d’epoca staliniana.
Non poteva mancare una visita ed un viaggio sulle
metropolitane nelle cui stazioni, vere gallerie d’arte, moltitudini
di viaggiatori incessantemente si avvicendano in arrivi e partenze.
Tale situazione non mi ha permesso di fotografare i veloci convogli,
chiedo venia ai cortesi lettori.
Tutto
passa e così la permanenza a Mosca; dovevamo raggiungere la seconda
tappa del viaggio, San Pietroburgo.
Quale il mezzo migliore? Il treno, naturalmente.
Si partì da una delle tante stazioni ferroviarie
della città, niente di architettonicamente notevole: alcuni binari
con pensiline, nient’altro.
Il collegamento è realizzato con il treno ad alta
velocità “Sapsan”. Scegliemmo sull’orario il treno 162 in partenza
alle ore 16,30, la prenotazione è obbligatoria con biglietto di
seconda classe in caratteri cirillici! La nostra carrozza è la
numero 6. All’ingresso un solerte ferroviere con berretto tipo
guardia rossa controllò elettronicamente il biglietto ed autorizzò
l’accesso in vettura ad una persona per volta, eravamo tanti così si
formò un po’ di fila. Avevamo valige e, unica pecca, non esisteva un
bagagliaio per cui le più ingombranti vennero lasciate nel piccolo
atrio ma alla fine furono tutte sistemate senza troppe difficoltà. I
trolley, più piccoli, si inseriscono nelle cappelliere, come sugli
aerei.
Con puntualità, alle 16,30 ora di Mosca, si
partì. Sono previste tre fermate intermedie ma non mi chiedete il
nome delle località, controllate sull’orario e se riuscite a
tradurle… buon per voi.
Inutile ribadire che gli orari di arrivo e partenza dalle località
intermedie sono stati da cronometro.
Durante il viaggio si raggiunse la velocità
massima di 220 chilometri orari, come indicato su un display che
riportava anche la temperatura interna ed il nome delle fermate. Il
comfort è molto buono, senza scossoni né sferragliamenti.
Alle 20,40, si può regolare l’orologio, fummo a
San Pietroburgo.
Avevamo percorso 650 chilometri in 4 ore e 10
minuti, dunque alla velocità media di 156 chilometri orari.
Ci
accolse una stazione che, come quella di partenza, è anonima e priva
di alcunché ma la città è ben diversa, non per nulla è detta la
“Venezia del nord” per i suoi palazzi storici e per essere
attraversata dalla Neva e da tanti canali fluviali. Il traffico
automobilistico qui è regolato da semafori ma la velocità delle auto
è, a dir poco, preoccupante.
Non è questa la sede per descrivere le bellezze
della città e dei palazzi d’epoca zarista, basti ricordare l’Ermitage
con i suoi tesori.
Un aspetto desidero
sottolineare. Dicevo che giungemmo in città alle 20,40 e dalla foto
si osserva che è pieno giorno. Si, è vero, eravamo a metà di luglio
ma nell’ultima foto che accludo, scattata alle 22,56 è ancora
giorno.
E’ la "notte
bianca" che la latitudine regala a
quelle genti. Per contro, al solstizio d’inverno sarà… la
"notte nera". Poveracci!
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