Io ho la passione dei treni. In
modo più forbito dovrei dire che coltivo, per hobby,
l’interesse per i mezzi su rotaia. È un interesse che parte
dalla più tenera età, come usa dire, tanto da suscitare, nei
miei genitori e negli altri “grandi” che mi circondavano,
molta curiosità (e qualche preoccupazione). In quei tempi
doveva essere un fatto abbastanza inconsueto, ed era
inevitabile che mi sentissi chiedere: “ma come ti è venuto
in mente?”.
Con il
passare degli anni mi sono incaponito a cercare una
risposta; che finalmente ho trovato in anni abbastanza
recenti, grazie alla memoria, che mi ha consentito di
mettere in fila eventi lontani e poco collegati fra loro.
Questo testo è, in un certo senso, il “verbale” di quello
che ricordo, con l’ottica dei miei anni lontani. Se a
qualcuno capitasse di leggerlo, sappia che l’ho fatto solo
per raccontare a me stesso l’esito di un’indagine sui miei
ricordi che oggi nessuno di coloro che li hanno condivisi
potrebbe più fare. Ma devo mettere in chiaro che ho
riportato solo ciò che so, o che ricordo, con le relative
sensazioni ed emozioni; non ho fatto ricerche di sorta, e
per le informazioni storico-tecniche sulle realtà di cui
parlo ci sono (per fortuna) tanti amici più informati di me,
e tante pubblicazioni ben documentate, che ho utilizzato più
che altro per ricavare immagini che servono a rendere più
comprensibile, e più ancorato alla realtà il mio racconto.
Credo che, alla base di tutto ci sia un fatto significativo:
sono nato a Catanzaro.
Tralasciando il fatto che la circostanza non mi
inorgoglisce, forse perché in questa città ho vissuto
pochissimo, e, visitandola poi “da grande”, l’ho trovata
deludente, almeno alla luce di certi modelli che la vita mi
era andata via via proponendo, o perché questa annotazione
sui documenti mi ha talvolta creato qualche imbarazzo, devo
dire che, ai miei tempi, (e, in parte, ancora nel momento in
cui scrivo), aveva un requisito oggettivo per me importante:
una casistica ferrotranviaria quasi completa, con tre (o
addirittura cinque, secondo altri punti di vista) tipologie
diverse di mezzi su rotaia.
Quando vi
trascorrevo gli anni della mia prima infanzia, cioè alla
fine degli anni ’30, Catanzaro disponeva di una serie
consistente di infrastrutture di trasporto pubblico su
rotaia; va detto che, in quei beati tempi, “trasporto
pubblico” significava, in gran parte dei casi, “mezzo su
rotaia”; ogni altro tipo di veicolo era irreparabilmente un
ripiego, o un supporto e lo si usava solo quando non c’erano
alternative.
Le
infrastrutture di cui parlo sono:
Una
stazione delle Ferrovie dello Stato
sulla linea S. Eufemia Lamezia
- Marina di Catanzaro (oggi Lamezia Terme - Catanzaro Lido),
di transito su una linea complementare a binario unico non
elettrificata; una presenza non particolarmente
significativa, anche perché dislocata lontana dall’abitato,
in una stazione denominata “Catanzaro Sala”, dal nome della
borgata presso la quale era ubicata. Vi transitavano
parecchi “accelerati”, tutti svolti da convogli di 2 o 3
automotrici ALn 556 FIAT, salvo due “misti” a trazione a
vapore. La trazione di questi ultimi, oltre che dei merci,
era assicurata da fumiganti 640, 625 o 740. In composizione
a un “misto” c’era la carrozza diretta per e da Roma, che
portava e ritirava a S. Eufemia Lamezia, dove si incontrava
la litoranea tirrenica, prima o dopo un percorso notturno.
All’epoca, infatti, ogni capoluogo di provincia del Regno,
quando possibile, doveva disporre di un collegamento
ferroviario diretto con la Capitale.
La stazione di Catanzaro Sala delle F.S. in
una cartolina degli anni '20.
È visibile, sul fondo, l’imbocco della
“Galleria del Sansinàtora”, all’ingresso lato S. Eufemia
Lamezia;
in alto la città, collocata su un
colle.
Tre
stazioni delle “Ferrovie Calabro-Lucane”
sulla linea Cosenza -
Catanzaro Città - Marina di Catanzaro, di 110
chilometri, a scartamento ridotto di 0,95 metri. Le stazioni
si chiamavano Catanzaro Città, Catanzaro Pratica e Catanzaro
Sala. Da qui la linea proseguiva verso il Mar Jonio. Il
tronco fra Catanzaro Città e Sala, di circa 5 chilometri,
era parzialmente armato a cremagliera, data la forte
pendenza, per cui richiedeva un modello di esercizio
specifico.
La stazione di Catanzaro Città delle
Calabro – Lucane negli anni ’50.
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Pianta
schematica
di Catanzaro
alla fine degli anni ’30,
lucidata
dall'autore
dalla “Guida
breve d’ Italia” del T.C.I.
Sono visibili:
-
la stazione di Catanzaro
Sala, delle F.S., sulla linea S. Eufemia
Lamezia – Marina di Catanzaro, affiancata, a
Ovest, dalla stazione omonima delle Ferrovie
Calabro – Lucane, sulla linea Cosenza –
Marina di Catanzaro, a scartamento ridotto;
-
il percorso della “Tranvia
Automotofunicolare”, dalla stazione di Sala
a Pontegrande, divisa in 3 tronchi: Stazione
Sala – Piede della rampa funicolare – Rampa
(fino a piazza Roma) – Percorso urbano.
Quest’ultimo, disegnato a tratto e punto,
attraversava la città sulle strade ordinarie
e proseguiva verso Nord, fuori dalla pianta,
fino alla frazione di Pontegrande.
Il tracciato della Calabro –
Lucana, oggi ancora in esercizio, sottopassa il
Centro cittadino fra Catanzaro Città e Catanzaro
Pratica. Dopo questa fermata, un lungo tratto
fino alla stazione di Sala F.C.L., è armato con
cremagliera Strub, e richiede perciò mezzi di
trazione specifici.
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Una
linea tranviaria
che percorreva tutta la città
in senso longitudinale, congiungendo la stazione di
Catanzaro Sala, nella vallata del Corace e dei suoi
affluenti, con piazza Roma, posta sul colle all’inizio
dell’abitato, e da lì alla borgata suburbana di Pontegrande,
sempre sul colle, ma all’estremità opposta. Il tratto fra un
punto posto a 500 metri dalla stazione F.S, e piazza Roma,
in forte pendenza, funzionava tramite un impianto funicolare
idraulico, con due carri-freno muniti di cisterna, ai
quali si appoggiavano le vetture. In tal modo la vettura
motrice, lasciato il piazzale della stazione ferroviaria,
dove c’era il capolinea tronco, percorreva un breve tratto
pianeggiante, per innestarsi con uno scambio a regressione
sul piano inclinato. A questo punto il carro-freno,
trainato dalla fune, si accostava alla vettura (non più
motrice), e la spingeva per la salita, portandola alla
stazione in città. Qui trovava, su un binario a fianco, una
classica vettura tranviaria a 2 assi, che svolgeva il
servizio urbano.
Vettura tramviaria mentre
percorre il Corso Vittorio Emanuele.
Il piede della rampa della
funicolare negli anni ’30, con il carro-freno.
È visibile il sistema di
trasporto della carrozza, innestatasi a monte del
carro-freno con la cisterna vuota d’acqua
e spinta da questo fino al
termine della salita. Un altro carro-freno, trattenuto
all’altra estremità della stessa fune,
si appresta a iniziare la
discesa dalla stazione superiore, con la cisterna riempita
d’acqua per contrappeso, che sarà svuotata all’arrivo.
Questa copiosa dotazione di
mezzi su rotaia (copiosa per una remota cittadina del
Mezzogiorno sul finire degli anni Trenta del secolo passato,
quando ospitava più o meno 50.000 abitanti), al momento in
cui scrivo, è ancora in parte attiva, sia pure con vicende
avventurose, specie negli ultimi tempi. La sola struttura
veramente scomparsa è la linea tranviaria, nel tratto
semi-pianeggiante sul colle, per la cui sopravvivenza, del
resto, già ai miei tempi nessuno avrebbe scommesso un
centesimo. Naturalmente, tutto è radicalmente cambiato; la
stazione di Sala è stata dismessa, e ne è stata costruita
una nuova, a qualche chilometro di distanza, mentre esiste
un piano di sviluppo di una “metropolitana di superficie”
basato sulla rete a scartamento ridotto delle Ferrovie
Calabro - Lucane, che forse la prossima generazione vedrà
completato.
In un prossimo articolo
descriverò cosa era, e come ricordo io
la funicolare ed
il tram, chiamato localmente “a
trambia”, avendo cura di pronunciare il gruppo “tr” come lo
pronuncerebbero gli inglesi.
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