La recente gita sociale Clamfer al Museo Piana
delle Orme, da me definito Museo dinamico per il continuo
arricchimento della sua immensa collezione, ci ha fatto scoprire
quanto vi siano validamente rappresentati storici mezzi di trasporto
su ruota. Quindi la redazione ha pensato di offrire ai gentili
lettori di questo sito un piccolo album, sintesi di questa
esposizione che da sola meriterebbe un Museo e, per realizzare
l’idea, si è avvalsa dello splendido foto-reportage realizzato dal
socio A. Bertagnin in occasione della visita.
Il Museo Piana delle Orme sorge nella campagna
pontina, sul territorio di Latina. Esso si deve alla lungimirante
visione di Mariano De Pasquale (1938-2006), un illuminato
floricoltore di origine siciliana. Il realizzatore, partendo
semplicemente da un banale baratto di una jeep contro una partita di
fiori, incominciò a raccogliere tutto ciò che potesse contribuire a
ricreare, a futura memoria, la storia della Bonifica Pontina e degli
avvenimenti della II GM. Il luogo per accogliere l’immenso
patrimonio che si stava concretizzando fu individuato in una
struttura già occupata da un allevamento avicolo industriale
dismesso. L’impegno finanziario fu rilevante; nondimeno quello
professionale dovendosi impiegare un esercito di ingegneri,
architetti, scenografi e museografi.
Nel corso del 1996 la grande impresa poteva dirsi
completata ed aperta al pubblico.
Essa si presenta con due teorie di grandi
padiglioni divisi in due ali di sei edifici ciascuna (più due per
impieghi organizzativi): nell’ala di sinistra trova posto la prima
tematica ed in quella di destra la seconda, quella bellica.
Pianta con la dislocazione dei padiglioni del Museo di
Piana delle Orme.
La visita inizia da un primo
hangar che accoglie una ragguardevole raccolta di giocattoli
d’epoca. Si passa dunque alla storia della bonifica (1924-1937).
Dopo immensi lavori, eseguiti
con l’utilizzo di macchine di movimento terra per lo più a vapore
(ben esemplificati con scenari di sorprendente realismo), i suoli,
liberati dagli acquitrini, furono messi con piccoli lotti a
disposizione dei reduci di guerra disoccupati provenienti, per lo
più, dal Veneto e dalla Romagna. La concomitante apertura della
nuova linea ferroviaria Roma-Napoli (Via Formia), detta
direttissima, offrì la possibilità di far pervenire queste
maestranze in treno. Per dare un’idea di questa trasmigrazione, è
stata creata una sorta di stazione ferroviaria. Vi si immagina
l’arrivo delle famiglie, rappresentate da manichini, nel momento in
cui sono in corso le operazioni di sbarco dal convoglio. La scena ha
un tono di apprezzabile realismo.
Treni-giocattolo realizzati in latta serigrafata.
La carrozza che rappresenta il trasporto
ferroviario, è cronologicamente plausibile; si tratta infatti di una
vettura a doghe ed a scartamento ordinario. Rivolgendomi ad una
platea di appassionati, ritengo di dover dare qualche notizia in
più. Essa, ovvero quel modello, non è mai appartenuta alle Ferrovie
dello Stato. Si tratta infatti di veicolo di proprietà della
dismessa tramvia Padova-Malcontenta-Fusina, gestita dalla Società
Veneta. La sua chiusura, avvenuta nel 1954, portò alla vendita di
una dozzina di queste vetture che furono acquistate dalla Società
Ferrovia Nord Roma per utilizzarle sulla linea di Viterbo. Ivi
fecero servizio fino al 1969. Poi passando per vari utilizzi, si
sparsero per il mondo. Un esemplare pervenne qui dove fa bella
figura e contribuisce a rendere l’idea.
Due momenti dell'arrivo dei coloni alla stazione "Cisterna
di Roma":
la discesa dal treno ed il carico delle masserizie su un
vecchio autocarro.
Seguendo passo passo gli altri padiglioni si può
assistere, attraverso le varie scene, allo sviluppo delle aziende
agricole. È mostrata la vita dei campi e la civiltà contadina che
sviluppa la sua evoluzione anche attraverso la tecnologia. Difatti è
notevole la presenza di una collezione di trattori ed altri
macchinari. Con la fine della II GM, l’uomo dei campi mostra tutta
la sua insoddisfazione per quel lavoro che non sempre compensa i
sacrifici profusi nella campagna.
La vettura 102 della FAA di Chieti, alla fine della sua carriera, fu
riverniciato in blu ed esposto all’interno del parco di Piana delle
Orme.
Vista posteriore dell'OM "Tigrotto" esposto nel Museo.
La seduzione della città e la chimera del famoso posto fisso,
inducono molti giovani a seguire un iter contrario di quello
percorso dai loro padri. Essi lasciano l’economia agricola con tutti
i mezzi possibili: prima con le corriere (qui rappresentate) e poi
con il treno per raggiungere con le loro valige di cartone Torino e
le altre città del nord. La presenza di un tram proveniente proprio
dalla rete urbana della città antonelliana, sintetizza il fenomeno
noto come urbanesimo.
La vettura esposta in realtà è stata riportata
per finalità museali, ad un suo utilizzo passeggeri. Spieghiamone la
storia. Costruita nel 1910 negli stabilimenti Diatto, faceva parte
di un lotto di 130 esemplari del tipo biassi. Il copioso ordinativo
servì a sopperire alle previste esigenze per l’Expo (oggi così si
sarebbe chiamata) intendo Esposizione Internazionale del Lavoro del
1911. La nostra aveva in origine matricola 131. Una notizia curiosa
riferisce che una piccola parte di questo lotto prese la via della
Germania durante la II GM; poi rientrò e partecipò alla lenta
rottamazione per obsolescenza; ma non la 131. Essa fu trasformata in
veicolo di servizio con il numero 434 e con la funzione di sabbiera.
L’acquisto da parte del complesso museale l’ha riportata allo stato
d’origine.
La ricostruita vettura tramviaria di Torino.
Attraversiamo il grande giardino, percorso da un
ruscelletto che separa le due ali. Una bella locomotiva 835, su
binario specifico, colpisce la nostra attenzione. Per la sua
ambientazione, è stato scelto di metterla al traino di un carro
pianale di provenienza “Ferrovia Nord Roma”. Il connubio non si può
certo dire perfetto da un punto di vista filologico, ma bisogna pur
concedere un po’ di licenza poetica agli espositori.
La locomotiva rappresenta un numeroso gruppo
delle Ferrovie dello Stato. Il suo numero di matricola 051, la fa
ascrivere ad una macchina che operava in Liguria ed esattamente a
Sestri Levante. Pare che abbia concluso la sua carriera
nell’Arsenale della Marina de La Spezia.
Vecchio carro pianale P 312 della Ferrovia Nord Roma, e . .
.
. . . una locomotiva da manovra del gruppo 835 delle F. S..
Infine ci aspetta il momento più emozionante
della visita e peraltro di recente inaugurazione (Marzo 2013). È la
ricostruzione della tragedia dell’olocausto. In una ipotetica
stazione ferroviaria, la locomotiva 640.019 con al seguito una
teoria dei famigerati carri F, imbarca per un viaggio, per i più
senza ritorno, una folla di derelitti tra ebrei ed altre categorie
sgradite al regime. I personaggi sono esposti in forma di manichini
con un volto disperato. In prospettiva si intravede il sinistro e
noto cancello di Auschwiz (riproduzione) con il
motto “Arbeit macht frei” (Il
lavoro rende liberi).
Riproduzione dell'ingresso di un campo di concentramento.
La locomotiva Gr. 640.019 alla testa di un convoglio
diretto ai campi di concentramento.
Gli appassionati esperti osserveranno che la
locomotiva volge il muso verso il termine-binario; e poi la 640 FS
non arrivava in Germania. Mettano per una volta da parte le pedanti
ancorché corrette osservazioni. Il contesto davvero commuove
suscitando riflessioni e ricordi. Ed al Museo di Piana delle Orme,
sono le emozioni che contano.
Concludo con una notizia modellistica. Proprio la
locomotiva con questa matricola è stata riprodotta qualche tempo fa,
dalla casa Os.Kar e, per quanto mi risulta, ha riscosso un buon
successo commerciale.
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