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di Luigi Fiorentino
La bella chiesa cinquecentesca di S. Domenico Soriano si trova sul marciapiede di Piazza Dante, una delle piazza più movimentate di Napoli, fino agli anni cinquanta capolinea di innumerevoli linee tramviarie. Di fronte al suo ingresso principale veglia la statua del sommo poeta mentre, alle sue spalle, la suggestiva Port’Alba e l’emiciclo borbonico le danno un tono di eleganza e grandiosità. La piazza è molto amata dai napoletani che oggi, scomparsi i tram, vi si recano per prendere la metropolitana collinare che sale verso il Vomero e che qui ha il suo attuale e momentaneo capolinea. Non di meno vi si possono fare acquisti negli svariati negozi presenti, passeggiare oppure semplicemente oziare osservando l’umanità varia che vi transita. Molti sono i negozi di abbigliamento che insieme a storiche librerie, pizzerie e bancarelle di ogni tipo, rappresentano la reale economia della zona. Fra i locali per così dire gastronomici, ce n’è uno che da sempre è stato il simbolo del mangiar bene e veloce, dal caratteristico nome di “vaco 'e press” [vado di fretta]. Adiacente la bella entrata dai bei marmi lavorati, si apre una vetrina per il servizio caldo e veloce che mostra ai passanti le specialità del giorno: invitanti pizzette calde al pomodoro e basilico, palle di riso ripiene di filante mozzarella, calzoncini imbottiti di freschissima ricotta, dorati panzarotti. Si ordina, si paga e si consuma sul marciapiede, tutti insieme velocemente ed allegramente; in ossequio alla promettente insegna. Naturalmente alle persone meno frettolose, viene offerto all’interno un efficiente servizio ai tavoli con una vasta scelta di pietanze, patrimonio della nostra saporita cucina napoletana. Fra i tanti piatti cito capidopera come la sublime parmigiana di melanzane, il gattò di patate ed i peperoni imbottiti. Ed in questa bella piazza mi trovai una bella e freddissima domenica di febbraio insieme a mio padre, al quale per tradizione e per devozione piaceva ascoltare la messa domenicale in quella antica ed affollata chiesa. Poi al termine mangiare una pizzetta e ritornare a casa per gustare il tradizionale ragù della mamma. Quella domenica misteriosamente e con mio grande piacere, il programma ebbe un risvolto completamente diverso. Infatti appena arrivati in piazza mangiammo subito la pizzetta. Quindi guadagnando un vicoletto adiacente, c’infilammo nell’oscurità del vicino cinema Rossini che effettuava con regolarità spettacoli di mattina. |
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Così mi trovai subito immerso in uno dei più straordinari film di avventura di tutti i tempi: “Robin Hood” di Michel Curtiz con Errol Flynn ed Olivia De Havilland. Era il primo film a colori che vedevo e ne rimasi estasiato. Ma in verità tutto il film mi entusiasmò: gli attori, la storia d’amore tra Robin e lady Marion, gli scenari sontuosi, il trionfo della giustizia con l’arrivo di Riccardo Cuor di Leone, il duello finale tra Robin e lo sceriffo di Nothingham. Insomma uno dei capisaldi dei film di avventura rimasto praticamente inalterato a distanza di settant'anni. All’uscita del cinema, trovammo piazza Dante immersa nel sole e quasi deserta in quanto era l’ora di pranzo. Quindi a malincuore per il costo dei biglietti, fu deciso di prendere il tram per un rientro veloce in collina. Durante il percorso papà mi spiegò che nella storia originale Robin moriva e veniva sepolto nella foresta. Lady Marion invece prendeva i voti per dedicare il resto della sua vita all’esistenza monastica. Non ci ho mai creduto, oppure ora che ci penso, non ci ho mai voluto credere. Per me il finale resta quello classico dove i due eroi mano nella mano, si allontanano dal castello del loro amato re Riccardo, verso la felicità. Locandina del film "Robin Hood" (coll. L. Fiorentino). |
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