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un Natale

 

Quella che desidero narrare è una storia natalizia con un finale a sorpresa.

Coloro che avranno la pazienza di leggerla non siano presi dalla curiosità di scoprire anzitempo l’epilogo, la sorpresa, appunto.

In alcune circostanze ciò è lecito o, almeno, indifferente. Si pensi alla consultazione di un orario ferroviario: sfogliare le sue pagine per programmare prima il viaggio di ritorno piuttosto che quello di partenza non pregiudica per nulla il risultato finale. Ciò non è altrettanto valido se si anticipa l’epilogo di un romanzo giallo o semplicemente di questa breve lettura.

Dunque, cortese navigatore del Clamfer, vi narro di un padre di nome Feliciano… alt! Non vi piace questo nome? Avete ragione, tra l’altro mal si adatta al clima della narrazione ed all’attesa conclusione.

Vi accontento.

Mario era il padre di due bimbetti, Alberto e Paolo, e stentava a tirare avanti la famiglia perché il suo stipendio bastava si e no ad arrivare, come oggi si dice, alla terza settimana del mese.

Mario quel giorno era tanto triste. Come avrebbe potuto non deludere le trepida attesa dei due bimbi che in cuor loro attendevano l’arrivo di Babbo Natale?

Il pensiero e l’ansia di Mario erano alle stelle, così decise di uscire da casa almeno per divagarsi, allontanare la tristezza che lo coinvolgeva. Arrivò al vicino parco pubblico dove alberi di varie essenze creavano una scenografia invernale ed alla vista di Mario anche natalizia.

Nella sua mente affiorò un pensiero che egli subito rigettò ma la realtà gli rafforzò l’idea. In fondo che male sarebbe stato rubare un ramo basso di quell’abete rigoglioso, magari un ramo nemmeno troppo grande? La ragione ebbe il sopravvento. Mario spezzò a fatica un ramo modesto e, con il favore delle tenebre sopraggiunte, lo portò a casa. La moglie ed i bimbetti ormai dormivano, inquieta lei, sereni i fanciulli.

Mario per tenerlo eretto infilò la base del ramo in un secchio che avvolse in una carta azzurra servita per incartare gli spaghetti. Con qualche spezzone di stagnola e di carte colorate realizzò alcune palline che appese al ramo d’abete. Dai Natali precedenti erano rimasti alcuni mozziconi di candeline di cera variopinta che avrebbe accesi al cospetto dei bimbi per rallegrare la scena. Purtroppo ai piedi del “secchio” non era in grado di deporre regali ma soddisfatto se ne andò a dormire.

La mattina successiva fu il primo ad alzarsi, accese le candeline e chiamò i bimbetti e la loro madre che, sorpresi, ammirarono le luci, le palline colorate, l’albero.

Ma un momento!

Sulla soglia della porta scorsero l’impronta di uno scarpone: di chi?

Ai piedi dell’albero era deposta una piccola capanna di cartone che, aperta, aveva dato vita alla natività con semplici figurine in rilievo. Sulla sommità la stella cometa riportava nella sua coda la scritta “Gloria in excelsis Dei”.

Qui finisce la storia.

Un piccolo post factum. Era il 1946 e Paolo oggi ve la racconta.