di Gennaro Fiorentino

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Il film di questa puntata non solo è definibile un film vecchio, ma direi piuttosto preistorico risalendo come prima uscita al 1933. Ma d’altro canto, trattando la materia ferroviaria in maniera inconsueta, è di certo degno di avere un, sia pure modesto, articolo dedicato. Ho preferito dividere l’argomento in piccoli paragrafi in modo da evidenziarne gli aspetti salienti.

LA TRAMA

Il semplice plot trae spunto dalla istituzione nel 1931, dei treni popolari ad opera del Ministero delle Comunicazioni. Essi furono vigenti dal 1931 fino al 1939 quando chiusero la loro carriera annotando un bilancio con circa 8 milioni di passeggeri trasportati. Il servizio svolto è intuibile. Nello spirito di sviluppare il turismo cosiddetto di massa e dunque farne usufruire a quante più persone possibile, i treni popolari venivano programmati in occasione di feste particolari (Ferragosto, Pasqua, Domenica ecc.). Vi era un orario fisso di partenza e di ritorno. Le mete erano scelte tra le più seducenti tra quelle operabili in un sol giorno. Cito a mo’ di esempio un Milano-Venezia che ebbe un successo clamoroso, il Bologna-Pesaro, Pisa-Viareggio e così via. I prezzi praticati erano di assoluta convenienza con apprezzabili sconti per le famiglie numerose che potevano arrivare all’80%.

La storia del nostro film si svolge durante l’arco di una giornata ossia durante una gita ferroviaria ad Orvieto con partenza da Roma e ovvio ritorno. Sotto l’obiettivo viene mostrata la varia umanità che, entusiasta, esce di casa per concedersi un giorno diverso e a buon mercato.

La bella, il bello, il goffo.

Si vede il pensionato single, la famiglia con tanti figli, il Don Giovanni con una giovane corteggiata e sorpreso dalla moglie gelosa; ma su tutti viene dato massimo risalto al classico triangolo lui-lei-l’altro che diventerà una situazione ricorrente in tanti altri film postumi.

 

L’assalto alle Centoporte di III classe.

Basti pensare al popolare Fantozzi alla conquista della signorina Silvani, corteggiamento sempre compromesso dal bel Carboni. Mi spiego meglio. Giovanni, elegante ma impacciato e goffo impiegato, ha convinto la graziosa collega Lina a venire alla gita. Il rapporto (ed il corteggiamento) non partono nel migliore dei modi. Ma la situazione si aggrava quando irrompe sulla scena Carlo, bello e disinvolto tombeur de femmes, che avrà gioco facile nel conquistare Lina. Un incauto e involontario tuffo nel fiume vestiti, rafforzerà la stima e l’amore di Lina verso Carlo. Il rientro a Roma mostra turisti felici e soddisfatti di aver passato un giorno diverso e in qualche caso, aver trovato l’amore. Ed anche Giovanni forse troverà l’anima gemella.  

IL CAST

Gli attori che ricoprono i vari ruoli, ci appaiono oggi 2017 dei perfetti sconosciuti. Li cito comunque in caso che si volesse approfondire la materia. Il ruolo di Lina è ricoperto dall’attrice Lina Gennari; mentre Carlo e Giovanni sono interpretati rispettivamente da Marcello Spada e Carlo Pietrangeli.

Un folto stuolo di caratteristi abbastanza sconosciuti completa il pittoresco cast. Qualche parola è invece da spendere per il regista Raffaello Matarazzo (1909-1966). Qui alla sua prima prova, costellerà la sua carriera di film che, se non saranno annoverabili tra i premiati da Oscar o Leone d’oro, allieteranno con semplicità generazioni di spettatori. Ma ancora di più renderanno felici le casse di illuminati produttori. Basti pensare, a mo’ di esempio, alla pellicola “Cerasella” con una giovanissima Claudia Mori al suo primo film. Il Matarazzo nel film in questione, si è con vanità ritagliato una piccola apparizione nel ruolo del direttore della banda di Orvieto; anticipando un vezzo che sarà anche di Alfred Hitchcock.

La breve apparizione del regista Matarazzo come direttore d’orchestra.

Le musiche del film furono composte da un giovane Nino Rota (1911-1979) che legherà la sua futura carriera ad una stabile quanto proficua collaborazione con Federico Fellini.

I MEZZI DI TRASPORTO

Certamente è il treno che la fa da padrone nel film. Le riprese furono effettuate davvero al seguito di un treno popolare che era trainato da una locomotiva con tender appartenente al gruppo 685 e con precisione la matricola 209.

Il nostro convoglio in arrivo a Orvieto con la 685.209.

Molto articolata la vita di questa famiglia di macchine che diedero origine anche a tanti altri sottogruppi. Una piccola indagine mi ha permesso di rilevare che la “nostra” fu prodotta dalla Breda e di certo perì sotto le nefaste incursioni belliche. Il treno è costituito altresì da vetture cento porte di III classe. Tuttavia è plausibile immaginare che alcune scene furono girate in un simulacro di tale vettura per consentire una maggiore libertà operativa alle riprese. Un’altra curiosità è offerta dalla visione dell’antica funicolare di Orvieto.

La funicolare in ascesa alla Rocca.

Essa dopo vari ed intuibili aggiornamenti tecnici, collega ancora lo scalo ferroviario con il centro storico (la Rocca). Così come la vediamo nel film, risaliva al 1888 con il sistema ad acqua che ebbe altri ma pochi, esempi in Italia. Dopo vari ripensamenti dettati da una nuova coscienza ecologica, venne ricostruita in maniera moderna nel 1990. Non più dunque un sistema ad acqua, ma una ricostruzione con il sistema moderno a doppia cabina.

LE AMBIENTAZIONI

Il film è girato per lo più, con un moderno stile per l’epoca, in esterni. Fuori dubbio che le scene iniziali sono state girate davvero in una stazione ferroviaria che nel discorso dovrebbe essere Roma. Altresì genuino l’arrivo del treno a Orvieto. Non sfugge la visione del bel Duomo della cittadina umbra e l’arcinoto “Pozzo di San Patrizio”, altra attrattiva artistica e turistica di spicco.

Il convoglio entra al binario 1 di Orvieto.

Il terzetto si avvicina al Duomo ...

… ed al Pozzo di San Patrizio.

Le scene della gita in barca e del suo tragicomico epilogo, si svolsero in effetti sul torrente Paglia che scorre ai piedi di Orvieto.

 La barca si affonda ed i due spasimanti finiscono in acqua.

CURIOSITA’

“Treno popolare” può essere altresì assunto come documento circa l’evoluzione che ha avuto la società ed il costume in questi ottant’anni. Io sono rimasto colpito da diverse cose che pur nella loro semplicità, mi sono sembrate degne di rilievo. I gitanti (gli uomini in giacca e cravatta mentre le signore per lo più con il cappellino) sono privi di borse, zainetti e quanto altro cui siamo abituati oggi. Tutto l’occorrente (panini, generi di conforto, bibite) è affidato a pacchetti o al massimo a valigette.

Un gitante con lo scomodo carico di pacchetti.

L’acqua minerale non conosce ancora il pratico tappo a corona ma si affida alla chiusura con tappo di sughero; di conseguenza necessario utilizzo del tire bouchon. La musica viene assicurata da un grammofono con ricarica a molla.

Che impresa aprire una bottiglia d’acqua.

Il grammofono a corda rallegra l’atmosfera.

 Il ferroviere ha un monumentale cappello mentre le strade, anche principali, appaiono di norma sterrate.

Il cappellone del capo treno.

Con le strade sterrate, la bucatura è assicurata.

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