chiudi la pagina

 

recensione di  Luigi Fiorentino

 

La vigilia di Natale a casa dei miei genitori, era considerata un vero avvenimento. Mia madre, ottima cuoca, preparava per l’occasione una cena speciale secondo le antiche e veraci tradizioni napoletane. Il menù prevedeva: spaghetti a vongole per principiare, quindi cefalo del golfo in bianco, seguito da capitone ed anguille preparate in due versioni: fritte ed affogate nell’aceto con l’aggiunta di un’odorosa foglia di lauro. Indispensabile poi continuare con il baccalà fritto accompagnato dai broccoletti al limone. Quindi attaccavamo l’insalata di rinforzo che riapriva lo stomaco con il suo cavolfiore, le papaccelle sotto aceto, le acciughe, olive bianche ed olive nere. Facevamo poi onore alle scarole imbottite. Se non ne mangiavi almeno una, mamma si dispiaceva. Proseguivamo con noci, nocelle, fichi secchi bianchi e neri, datteri, prugne della California per concludere con i dolci. Raffioli, mostaccioli al cioccolato, roccocò ed i sublimi struffoli, fatti secondo una ricetta esclusiva e misteriosa che nostra madre aveva ereditato da una zia di Posillipo, insieme ad un monumentale mobile ed un pesantissimo tavolo di noce dove veniva imbandita la lauta mensa.  La fresca e generosa acqua di fontana accompagnava il pasto di noi ragazzi. Solo papà ci dava dentro con il rosso asciutto Terzigno della vicina cantina “Campagnola”.

Si capisce che per preparare tutto questo ben di Dio, nonché per acquistarne gl’indispensabili ingredienti, occorreva molto tempo. Allora per dare libertà e tranquillità creativa alla cuoca, io, i miei fratelli e papà, trascorrevamo insieme tutto il giorno prima di cena, fuori di casa. Era una specie di zingarata che aveva  però due punti fissi: mangiare una bella pizza ed andare a cinema. Al  rientro trovavamo tutto pronto per festeggiare l’Avvento. La tavola apparecchiata con una bella e semplice tovaglia bianca, le modeste posate sistemate con gusto insieme alla brocca con l’acqua, la bottiglia di vino, il cestino con il pane, davano un’idea di piccolo confort e di benessere.

In un angolo poi della stanza accanto al modernissimo radio-grammofono “La voce del padrone”, c’era il grazioso e piccolo presepe con i pastori di creta di umile e modesta fattura, migliorata però da piccoli e buffi vestitini di stoffa che mia sorella, sartina in erba, gli aveva cucito addosso. Il suo paesaggio, fatto di gesso e sughero, colorato con lo spruzzatore del Flit, era d’ispirazione irpina. Proprio quella zona della Campania in quei tempi, forniva alla città anche gli zampognari che suonavano agli angoli delle strade nel periodo natalizio, la novena all’Immacolata e poi al Bambin Gesù.

Si passava tutti a tavola con spensierata e gaia allegria. Quando in strada l’ultima insegna si spegneva e lo scarso traffico cessava del tutto, un silenzio totale ed irreale scendeva sul nostro quartiere. Solo allora ti rendevi conto che quella era una notte speciale per tutti. Quel momento magico che riuniva le famiglie intorno ad un tavolo, rappresentava un momento unico ed irripetibile.

Tutto questo lentamente ma inesorabilmente è cambiato. Il presepe, rustico ed ingombrante, ha fatto posto al pratico ed elegante albero di Natale. Lo scambio di semplici e tradizionali auguri, sovente affidato ad una cartolina dall’immagine ingenua e naif, è stato sostituito da un forsennato e consumistico scambio di regali tra parenti ed amici. Anche il cenone della vigilia si è illanguidito, un poco perché la fame non è più quella di una volta, di tempo per cucinare ce n’è poco ed una visione moderna della salute, c’induce a vigilarla con costanza, serietà e sobrietà. Senza parlare della Befana, la vecchiaccia col cappellone e scopa volante che il 6 Gennaio portava i doni ai più piccini che si è pensionata sostituita da quell’ineffabile personaggio internazionale che è Babbo Natale e dimora al Polo Nord.   

Proprio Lui ha dato lo spunto al regista americano Robert Zemeckis di realizzare un film moderno ed innovativo come “Polar Express”; ispirato tra l’altro da un breve racconto di uno scrittore americano: Chris Van Allsberg. Il regista, usando una tecnica computerizzata denominata “Performance capture 3D” e coinvolgendo un grande attore come Tom Hanks che qui recita in sei ruoli diversi, ha realizzato questa pellicola assolutamente sbalorditiva.

Mi spiego in parole semplici. I personaggi che recitano, sono in origine in carne ed ossa così come sono ripresi. Questa nuova e sorprendente tecnica esamina le inquadrature con gli attori, li cattura e li trasforma in personaggi di cartoni dandogli una consistenza tridimensionale. Ciò conferisce alle immagini della storia che si svolge sullo schermo, la dimensione virtuale e favolistica che richiede. 

La semplice trama. Un ragazzino di otto anni Hero Boy, afflitto da dubbi circa la reale esistenza di Santa Claus, la vigilia di Natale s’imbarca su un treno favoloso a vapore, il Polar Express, la cui destinazione è proprio il regno di Babbo Natale al Polo Nord. Gli saranno compagni di viaggio altri bimbi, un burbero ma simpatico capotreno ed il vagabondo Hobo. Arriveranno alla meta dopo un viaggio avventuroso ed incredibile, giusto in tempo per vedere Santa Claus spiccare il volo con la sua slitta trainata dalle renne e colma di regali destinati ai bimbi buoni di tutto il mondo. Imparerà dunque ad avere fede ed entusiasmo, secondo la metafora del sogno americano per cui credere e sognare sono gli obiettivi per cui vale la pena di vivere.

Rientrato a casa, il nostro Hero Boy osserverà un modello di treno correre sul pavimento tra la messe di regali, ponendosi il problema se il suo viaggio non sia stato frutto di un sogno. Ma una semplice campanella, regalatagli al Polo Nord da Babbo Natale, darà una conferma definitiva di realismo alla sua avventura notturna. Da quel momento crederà per sempre all’esistenza del rosso personaggio natalizio.

Lo schematico soggetto è tutto qui. Ma la sua realizzazione è davvero stupefacente con i suoi novanta minuti di cinema tecnologico di gran classe. Fu girato in origine su pellicola larga da 70 mm, proiettabile anche su schermo IMAX 22 x 16 metri accompagnato da effetti 3D stereoscopici. Degno di menzione è altresì la colonna sonora di Alan Silvestri. Il film, malgrado le sue qualità non comuni di originalità e spettacolarità, al botteghino non ha fatto sfracelli. Forse i suoi rimandi alla cultura americana, ne hanno fatto un prodotto troppo legato al territorio. Per non dire della storia svolta in maniera cupa ed angosciante, sottraendo quella naturale simpatia ai personaggi che diversamente, ne avrebbe fatto un prodotto diretto ai bambini. Quindi senz’altro consigliato agli adulti come lavoro di grande interesse e forse, precursore di nuovi strumenti per rendere le immagini meno virtuali e più reali.

A conclusione esprimo un breve pensiero natalizio 2008.

Benedetti i “cinepanettoni” che con la loro semplicità e mediocrità, allietano da 25 anni le feste natalizie agli italiani, dando una boccata di ossigeno alle esauste casse del cinema di casa nostra.

 

 

 

Il "Polar Express" in sosta presso la casa di Hero Boy per poterlo imbarcare come passeggero.

 

 

La coda del treno con il classico balconcino dell' observatory car.

La semplice ma funzionale seconda classe.

L'interno della observatory car, dal confortevole interno e dalla luce ovattata.

Al Polo Nord accolti dagli Elfi, gli aiutanti di Babbo Natale.

Gli Elfi ricompongono il Polar Express per il ritorno.

Di nuovo a casa; un modello corre sul pavimento, forse ho sognato.

La campanella ricevuta da Babbo Natale, allora non è stato un sogno.

 

 

notizie ferroviarie di Gennaro Fiorentino

Qualche informazione per gli appassionati. La locomotiva, una dei protagonisti del film, viene citata come una Baldwin Locomotive Works del 1931 classe S3 dal rodiggio 2-8-4 con il peso di 456.100 libbre (circa 200 tonnellate). Ebbene questo modello è esistito davvero come anche la fabbrica citata. Il lotto fu richiesto nel 1928 in numero di 25 esemplari ed evaso negli anni successivi. La matricola delle macchine era compreso tra 3350 e 3374. Quindi appare una tenera licenza poetica, la matricola 1225 (la data del Natale in inglese) citata da uno dei giovani personaggi del film. Per quanto riguarda la fabbrica Baldwin, che ne fu la costruttrice, essa fu fondata nel 1831 a Eddystone in Pennsylvania e cessò la propria attività nel 1956 dopo essersi convertita alla costruzione di macchine elettriche ed a trazione termica. Il suo fondatore aveva iniziato l’attività come gioielliere interessandosi altresì allo studio di cilindri a vapore. Gli affidarono il compito di costruire una ferrovia per bambini nel Museo della sua città. Incredibile ma vero, il successo che arrise a quella attrazione da luna park, trasformò presto il gioielliere in industriale di locomotive.

Notate anche che la teoria delle carrozze termina con un “Observation car”, il caratteristico veicolo a balconcino tipico delle ferrovie americane, una volta impiegato anche come tribuna itinerante di estemporanei comizi dei candidati alla Presidenza USA. L’interno di tale particolare veicolo era altresì curato con particolarità: in genere non vi erano sedili ordinari ma comode poltrone, abat-jour e talvolta confortevoli cuccette per trascorrervi la notte in viaggio.

Anche nel pur fantasioso contesto del film “Polar express”, i disegnatori hanno descritto l’interno del “coach” con un arredamento davvero speciale ed ispirato alla realtà.

 

 

 

Se abbiamo suscitato la Vostra curiosità di voler vedere il film, Vi informiamo che Polar Express sarà trasmesso a Natale e successive repliche sui canali Sky. Inoltre ne è stata presentata una riedizione de Luxe su supporto DVD e BLUERAY in vendita nelle migliori discoteche, con infiniti allegati e documenti circa le sue originali tecniche di realizzazione. Infine i quattro occhialini che ne completano la lussuosa confezione, consentono anche la visione a 3D.

 

 

 

chiudi la pagina