"L'amore ritrovato”

Italia, 2004 colore cinemascope 98’

Regia di: Carlo Mazzacurati

Attori: Stefano Accorsi, Maya Sansa

 

 

 

 

di Gennaro Fiorentino

 

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Non sempre buoni ingredienti garantiscono la piena riuscita di una pietanza. Questo principio è applicabile in maniera metaforica anche in campi diversi dall’arte culinaria. Per esempio nello sport, nel lavoro e, perché no, nell’arte cinematografica. Prendiamo ad esempio il film di cui ci occupiamo: “L’amore ritrovato”. I suoi “ingredienti” ne avrebbero fatto prevedere un’opera pienamente riuscita. Infatti esso è tratto dal romanzo “Una relazione” del bravo e famoso scrittore C. Cassola. Affidato alla casa di produzione Medusa la quale non ha lesinato mezzi, si avvale di un cast artistico di tutto rispetto con Stefano Accorsi, Maya Sansa ed un simpaticissimo Marco Messeri e diretto da Carlo Mazzacurati, definibile un eccellente regista.

Invece il risultato è quanto mai deludente, con ritmi che ho trovato addirittura noiosi. Eppure il film è girato in gran parte in esterni, con accurate e dettagliate ambientazioni d’epoca. Il soggetto è facilmente riferibile. Si sviluppa in Toscana negli anni ’30 alla vigilia della guerra d’Africa.

Un impiegato di banca si sposta ogni giorno per raggiungere il posto di lavoro. Durante una di queste sue trasferte, ritrova una sua vecchia fiamma che, malgrado il suo nuovo stato di sposato con un figlio, si renderà disponibile per intraprendere una relazione. Essa sarà consumata prima in maniera frugale e scomoda (pinete, sotto ponti, spiaggia). Poi in una confortevole pensione con vista sul mare di Livorno, profittando del corso da ufficiale di Marina che ivi sta svolgendo, il richiamato ragioniere. La guerra separerà di nuovo i due fedifraghi, facendoli ritrovare dopo l’armistizio, tra macerie morali e materiali, per un addio questa volta definitivo. Eppure il film qualche merito ce l’ha ed è il motivo per cui ne parliamo nell’ambito di questo sito.

 

Foto 1 - Arrivo del convoglio.

 

Tutto il plot è cadenzato da un treno che sembra volerne definire i vari capitoli. E la presenza di questo convoglio è così ossessiva che lo spettatore finisce col perderne la logica. Infatti ad un certo punto, non si riesce più a capire se è un convoglio che va o che torna dalla sua immaginaria meta. Questo dubbio è alimentato dalla circostanza che per esigenze di produzione, la locomotiva e le vetture siano le sempre le stesse. Inoltre, e qui siamo a livelli surreali, è sempre lo stesso anche il capotreno Franchino, interpretato dal bravo e simpatico attore toscano Messeri. Evidentemente aveva fatto del treno la sua dimora! Potrei intuire che la figura del treno, così invadente e irrazionale, sia stata assunta dagli autori come elemento simbolico la cui valenza, tuttavia non si riesce a comprendere.

 

Foto 2 - È in partenza dal secondo binario .... Si noti il fascio littorio sotto il fumaiolo.

 

Allo spettatore, appassionato di ferrovie (e di cinema), resta la soddisfazione di vedere un bel treno a vapore in suggestive inquadrature nel dolce paesaggio toscano oppure nella stazione di Livorno, ove è stata ricreata l’atmosfera di 70 anni fa. Non di meno gli attori sono comunque apprezzabili per la loro simpatia e bravura. Entrando nel dettaglio tecnico, possiamo dire che la ferrovia che fa da sfondo alla trama è, nella realtà, quella di Asciano-Monte Antico, chiusa ormai da decenni ma sfruttata con buon successo, dalle automotrici d’epoca dell’Associazione Turistica “Trenonatura”. Il convoglio che vediamo ripetutamente nelle sequenze, è costituito dalla locomotiva a vapore 640.148 con al seguito un bagagliaio a due assi, una carrozza di III classe serie 31.000 e tre carrozze cento porte. La composizione mi è parsa coerente con l’epoca.

 

Foto 3 - Il gigante d'acciaio.

La 640 ha di norma la sua base operativa nel deposito di Siena, dove ogni sera rientrava in una prima fase delle riprese svoltesi nei mesi di marzo/aprile e parte di maggio 2004. Successivamente si decise di ricoverarla nella stazione di Monte Amiata, base logistica della troupe, per evitarle il trauma dell’andirivieni. Ovviamente, ogni giorno si doveva provvedere per il suo rifornimento di carbone, che perveniva via ferrovia, con idonee tradotte trainate da una D345. Le stazioni interessate alle riprese sono state, oltre a Monte Antico ed Asciano, anche come detto Monte Amiata. Vi esponiamo una serie di frames tratti dalla pellicola.

 

Foto 4 - Fanali nella notte.

Foto 5 - Franchino nell'esercizio delle sue funzioni: in carrozza!

Le ultime immagini si riferiscono, nella finzione cinematografica, ad un convoglio di profughi dell’immediato dopoguerra, dove le carrozze hanno lasciato posto a pianali merci occupati promiscuamente da passeggeri, merci ed animali. La locomotiva è invece sempre lei: la 640.148. Una curiosità: secondo le cronache dal set, i convogli interessati alle riprese, furono due. Il secondo era costituito dalla locomotiva 625.100 che trainava una vettura salone ed una carrozza ristorante. Questo strano convoglio, di cui esistono foto di scena, sarebbe dovuto essere impiegato per girare alcune scene in un immaginario confine italo-francese. Ebbene nella versione definitiva del film visionata dal pubblico, questo treno scompare; non vi appare, né la sceneggiatura offre spunti per immaginare dove sarebbe stato utilizzato. Magia del cinema!

 

Foto 6 - Il treno dei profughi. Si noti il segnale ad ala.

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