Testo di Ennio Castelletti - Foto di Antonio Bertagnin

chiudi la pagina

 

... ubriacatevi, ubriacatevi sempre!

Di vino, di poesia, di virtù, come vi pare ...

(Charles Baudelaire)

 

Il vino è stato celebrato nella letteratura, nella pittura e nelle ferrovie: sì, perché oltre ad aver ispirato scrittori e poeti, oltre ad averla illustrata nei dipinti celebri pittori, questa nobile bevanda è stata al centro dell’attenzione di quanti si interessarono di ferrovie fin dalla comparsa di questo nuovo mezzo di locomozione. Produttori di uve, mosti e vini da taglio individuarono nel treno un veloce mezzo di scambio per poter collegare tra loro le aree di produzione con le zone in cui era prevalente la presenza di aziende dedite alla vinificazione, all’imbottigliamento ed al commercio del vino.

Interno dello stabilimento "Cinzano" di Santa Vittoria d'Alba.

Sulla destra, il binario di raccordo ferroviario (da cartolina postale).

Fu così che dalla Sicilia sbuffanti treni a carbone, formati da carri che trasportavano uva e vini di ottima qualità, superato lo stretto di Messina sui “ferry boat”, che finalmente collegavano le due sponde, risalivano tutta l’Italia per raggiungere le cantine della Toscana, del Piemonte e della Francia.

Anche dalla Puglia, principalmente da San Severo, iniziarono consistenti scambi commerciali di vini verso il nord Italia, l’Austria e la Germania. Dalle cantine partivano carretti carichi di botti verso la ferrovia per essere caricati su carri scoperti, ed è evidente che la vicinanza degli stabilimenti alla stazione era importante, anche per collegare questa, con binari di raccordo, alle aziende più importanti.

Questo sistema di trasporto presentava, d’altra parte, molte lacune sia per la scarsa protezione del prodotto, sia per la possibilità di spillare dalle botti il loro contenuto durante le soste che intervallavano le lunghe trasferte e, non da ultimo, per atti di brigantaggio, per cui spesso gli imprenditori effettuavano estenuanti viaggi a bordo del treno, armati, per difendersi da assalti e salvaguardare il carico.

Il crescente volume di movimento di questo prodotto, sia tra le Regioni Italiane che con l’Estero, spinse ben presto sia la Rete Mediterranea che la Rete Adriatica a mettere in servizio carri specializzati per il trasporto del vino, spronate anche dalla presenza, in Italia, di carri francesi strutturati con una o due botti fissate al telaio e protette con coperture.

Convoglio composto da carri a due botti (da foto d'epoca).

Ponte per il carico delle botti sui pianali (da cartolina postale).

Sono state proprio alcune foto relative a carri francesi ed italiani che, scattate sul finire del XIX secolo e pubblicate in una serie di articoli apparsi negli scorsi numeri del “Bollettino FIMF”, mi hanno incuriosito inducendomi a riprodurre una serie di questa tipologia di vagoni in scala H0.

Ho così realizzato un carro ‘monofoudre’ con garitta, dall’aspetto particolare per i tiranti che ancorano al telaio (autocostruito) la botte proveniente da una bottega di arte presepiale. Nella realtà il vagone appartenne alla Ditta A. Schule-Vincennes (Seine). Il risultato, a mio avviso abbastanza soddisfacente, mi ha spinto a continuare nella costruzione dei carri più caratteristici, assolutamente introvabili nei negozi di modellismo.

È poi uscito dal mio banco di lavoro il carro ‘bifoudres’ della ditta ‘Gay- Montel’ di Montpellier, caratteristico per la copertura rigida a protezione del carico e botti a vista.

Il carro "monofoudre" della ditta A. Schule-Vincennes (Seine), e ...

... e quello "bifoudres" della ditta ‘Gay- Montel’ di Montpellier.

Il carro che però ha destato in me più interesse e del quale non potevo evitare la realizzazione in scala H0, fu costruito dalla “Miani & Silvestri” ed immatricolato nella Rete Mediterranea: ha tre botti disposte trasversalmente, protette con tetto e teloni laterali scorrevoli che danno un tocco di particolare curiosità al modello.

Il quarto vagone è ricavato dalla riduzione in scala H0 del disegno della Tav. 81 del servizio materiale della Rete Adriatica e si riferisce ad un carro serbatoio per trasporti vinicoli, della serie Le. A differenza dei precedenti, questo carro non dispone di botti, ma è costituito da un serbatoio in acciaio, laccato all’interno, completamente rivestito all’esterno con un fasciame di legno, per isolarlo dalle variazioni di temperatura e poggiante su di un telaio in acciaio con garitta.

Carro costruito da "Miani & Silvestri" per la Rete Mediterranea.

Carro tipo Le a serbatoio unico per trasporti vinicoli della R.M.

L’ultimo modello è stato da me realizzato per dedicarlo al ferry-boat “Cariddi” ed è una semplice elaborazione di un pianale Maerklin a sponde basse, sul quale ho caricato quattro botti, fissate con catenella e marcate ‘Terre Lilibetane-Marsala’. Nella realtà la RM noleggiava a privati carri pianali a sponde basse, da questi attrezzati con botti, disposte trasversalmente, per trasportare vino, mosti ed uve pigiate. Questo carro, accoppiato ad un carro chiuso con garitta alta (caratteristico dell’epoca) per trasporto ‘agrumi di Sicilia’, forma il carico sul ponte binari del traghetto.

Carro Maerklin con carico di quattro botti per trasporto vino.

I carri privati con botti in legno, all’epoca mobili o fisse, avevano alcune limitazioni perché il legno non isolava bene il vino dalle variazioni di temperatura e di umidità stagionale; inoltre, non si potevano usare gli stessi carri con botti fisse per mosti bianchi e rossi poiché le botti si impregnavano di pigmenti ed aromi. Fu così che le amministrazioni ferroviarie iniziarono a commissionare la costruzione di carri cisterna con serbatoi in cemento od in acciaio che, se da un lato ottimizzarono il trasporto dei vini e dei mosti, d’altra parte tolsero dai binari quei vagoni che, con le loro botti a vista, facevano correre la mente all’operosità delle cantine, alla gaiezza delle libagioni ed alla festosità di un brindisi ... PROSIT!

Panoramica dei cinque carri realizzati per trasporto vino.

chiudi la pagina