In questa grande famiglia vi sono
inclusi anche i tram, molti dei quali sono stati
soppressi e sostituiti con trasporto su gomma o
con la metropolitana. In particolare, la linea
Termini-Cinecittà che transitava nella via
parallela alla mia abitazione (via Filippo
Turati), veniva espletata dalla società Stefer
utilizzando un tram articolato la cui
caratteristica forma delle testate, non poteva
passare inosservata ai miei occhi di bambino. Vi
ravvisavo infatti la somiglianza con uno strano
animale, frutto di un improbabile quanto
impossibile incrocio tra un’anatra ed un
serpente. Come omettere di realizzare il modello
di un così curioso mezzo di trasporto sul quale
centinaia di volte avevo viaggiato?
Deciso! Procuratomi il figurino sul quale sono
riportate le misure di massima, ho ingrandito il
disegno alle dimensioni H0 (1/87) dal quale ho
desunto poi tutte le altre quote necessarie alla
costruzione e, coadiuvato dalle numerose foto
del reale, scaricate da Internet, ho iniziato a
disegnare in autocad le varie parti.
La scelta prioritaria è stata quella di decidere
se costruire un modello motorizzato o meno, dal
momento che questa differenza implica importanti
e notevoli diversità nella progettazione e nella
stesura dei disegni; diversità che in nessun
caso potranno essere modificate una volta
realizzato il modello. Devo
subito dire che la mia tecnica costruttiva non
si avvale del costoso (per me) processo di
fotoincisione ma del più economico (ma non per
questo meno preciso) taglio laser. In questa
fase bisogna immaginare e “costruire”
mentalmente il modello, capire come ancorare le
parti tra loro, dove occorrono filettature ecc.
e quindi prevedere incastri, piegature,
forature, saldature. Se si è optato per la
costruzione di un modello motorizzato, occorre
tener conto dell’interasse del carrello motore
(se si preferisce questa soluzione). Nel mio
caso adotto un Halling (variabile tra 23 e 30,4
mm) e adattare di conseguenza i disegni dei
carrelli e le dimensioni delle fiancate in
resina alla minima misura disponibile (23 mm
invece dei 21 mm della versione in scala H0,
compromesso tutto sommato accettabile).
A proposito delle piegature, esse verranno
effettuate disegnando una linea tratteggiata, in
quanto il laser “taglia” dove il disegno riporta
una linea e si interrompe sul pieno. Quindi si
avrà un taglio tratteggiato, che faciliterà la
piegatura anche nei punti difficili, come ad
esempio i sottili montanti dei finestrini
frontali senza interferire con i bordi dei
finestrini stessi. Non dimentichiamo, nel
calcolo delle misure dei vari elementi, di tener
conto dello spessore dei materiali che si
intende usare. A tal proposito ed a titolo
meramente esemplificativo, il materiale da me
usato è l’ottone in vari spessori: 1,5 mm per i
paraurti o comunque parti di grande spessore 1
mm per i pianali, supporti per il tetto ecc. 0,5
mm per i carrelli, supporti motore ecc. 0,3 mm
per la carrozzeria, frontali ed altre parti
minori. Si tenga presente che con il taglio
laser si possono realizzare anche piccoli
particolari completi di incisione (es. balestre
o boccole) (v. Foto 1)
ed anche ottenere delle incisioni più o meno
profonde delle varie parti (es. porte interne,
cornici, linee ecc.). Dopo aver disegnato tutte
le parti necessarie al nostro modello,
evidenziando come già detto le piegature e, in
colore verde le incisioni, e dopo aver
verificato la loro corrispondenza in un
montaggio virtuale, si convertono in un formato
leggibile dal laser (Corel Draw) e si spediscono
alla ditta che fornirà i materiali ed eseguirà
il taglio di tutte le parti occorrenti
(v. Foto 2).
Foto 1:
balestre,
boccole ecc. Foto 2:
taglio laser delle
varie parti. In attesa della consegna dei
particolari tagliati, occupiamoci dei
particolari minori. Intendo: Fanali (tubetto di
ottone “tornito” con il “minidrill”, ivi
inserito uno spezzone di fibra ottica e
completato con una piccola goccia di resina
trasparente ad imitazione del vetro bombato) (v. Foto 3). Fiancate
carrelli, ottenute assemblando le varie parti in
ottone (balestre, boccole, molloni ecc.) su un
pezzetto di bi-scotch e colandovi gomma
siliconica allo scopo di ottenere lo stampo che
servirà per la costruzione di tutte le fiancate
dei carrelli in resina caricata con pigmento
nero (v. Foto 5); allo
stesso modo sono realizzati i predellini. Per la
giostra Urbinati e per far sì che essa ruoti in
sincronia con il carrello centrale, è stato
previsto un perno quadrato di 2 x 2 tra questo e
la giostra. Tutti gli altri particolari minori
(barra di traino, supporto di essa ecc.) sono
tutti costruiti in proprio, per i lampeggiatori
sono state usate micro rondelle di acciaio da 1
mm. con una goccia di resina arancio, rossa o
trasparente anteriore (v. Foto
3).
Foto 3:
piccoli particolari
(fanali, fanalini ecc.).
Foto 4: le varie parti del modello dopo la
saldatura.
Gli unici componenti acquistati sono il
pantografo, le ruote e le decals
disegnate con Corel Draw ed ordinate via mail,
mentre le tabelle di percorrenza sono state
realizzate al pc su carta fotografica. In questo
prototipo, in via sperimentale, sono stati
montati i tettini in ottone, ma la difficoltà
data dalla non facile geometria degli stessi,
con quelle particolari “basette”, suggerisce in
un prossimo modello, di adottare dei tetti
realizzati in plasticard, materiale molto più
lavorabile. Prima di iniziare il montaggio vero
e proprio mediante saldatura a stagno, bisogna
togliere tutte le piccole “bruciature” che il
laser inevitabilmente causa, strofinando le
varie parti su carta vetrata 600. Non
dimentichiamo di “cuocere” con una fiamma tutti
quei pezzi che prevedono una piegatura allo
scopo di non far spezzare l’ottone durante la
detta. Dopodiché si inizia saldando le fiancate,
le testate, e via via tutte le parti componenti
la carrozzeria utilizzando come flussante,
dell’acido cloridrico (muriatico) al 30%
opportunamente spento con zinco. La tipica
bombatura sui respingenti anteriore e posteriore
è ottenuta con un particolare in ottone da 1 mm
sormontato da stucco da carrozziere (v. Foto 4). A parte si
saldano i carrelli e si completano con ruote a
vela da 9 mm e con il telaio che sosterrà le
fiancate dei carrelli in resina
(v. Foto 5). Se il
modello dovrà essere motorizzato, si
incolleranno ai due lati di ogni carrello, due
piccole basette in vetronite da 0,5 mm complete
di una lamella prendicorrente in rame al
berillo, mentre per l’illuminazione anteriore,
costruiremo un piccolo c.s. in vetronite per il
led SMD, bianco caldo.
Foto 5:
fiancata in resina e
carrelli montati.
Dopo il montaggio della carrozzeria si
asporteranno con spazzola metallica montata sul
minidrill, tutte le eccedenze ed asperità delle
saldature. Indi si provvederà a lavarla insieme
a tutti gli altri componenti in un bagno di
acqua calda e detersivo per piatti. Ottimo per
chi riesce a trovarlo, è anche il VIM in
polvere, strofinandolo con vecchio spazzolino da
denti. Infine si sciacquerà molto bene il tutto
e si lascerà asciugare tutta la notte. Il giorno
dopo si potrà stendere una mano di primer
su tutto il modello, che verrà successivamente
verniciato di bianco panna non dimenticando le
porte, la giostra Urbinati e le lastrine
coprirespingenti. Asciugata la
vernice bianca si provvederà alla mascheratura
della metà superiore della carrozzeria e si
potrà verniciare di blu la parte sottostante
(v. Foto 6). Lasciamo
passare una giornata per assicurarci che la
vernice sia ben essiccata. Ora passiamo ad
applicare le decals (che proteggeremo
con pochissimo trasparente dato con un
pennellino). Una volta essiccato, potremo
stendere una mano di trasparente a tutto il
modello per permettere di poterlo maneggiare
senza temere di danneggiare le decals e
le vernici sottostanti. Verniciamo ora i tettini
in grigio perla e, dopo averli mascherati,
verniceremo le loro parti centrali superiori in
grigio antracite. Prepariamo le porte: dopo aver
mascherato e verniciato anch’esse con il bianco
ed il blu, con un pennarello finissimo
indelebile (max 0,5 mm), si ripassano le
incisioni che simulano le antine. Indi
vi si incolla (non con attak!) una lastrina di
acetato trasparente. Si incolleranno al loro
posto con colla bicomponente.
Foto 6: il modello a verniciatura ultimata. A questo punto
potremo completare tranquillamente il nostro modello
incollando lampeggiatori, fanali, predellini,
tabelle di percorrenza, specchietti retrovisori,
porte ed una strisciolina di scotch nero da 4 mm
a simulare la gomma della giostra Urbinati. Per
ultimi si incolleranno i vetri di acetato per i
finestrini (sempre con colla bicomponente). Si
monteranno con una vite da 2 mm i carrelli
completi delle loro fiancate, i ganci di traino
(vite da 1,6 mm) ed i tettini, avvitandoli sulle
traverse precedentemente filettate e saldate a
filo carrozzeria. Completeranno il tutto il
pantografo con i suoi supporti verniciati in
colore argento e fissati nella metà del tetto
anteriore ed i tergicristalli sul frontale.
Ora il modello è pronto a far bella mostra di sé
in una vetrina o, se motorizzato, ad effettuare
il suo tragitto (v. Foto 7 ed
8). Buon lavoro a tutti.
Foto 7 ed 8: il modello ultimato visto dalle due
parti.
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di Gennaro
Fiorentino
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Correva il 1936:
così cominciano
le belle storie
a lieto fine. Ed
allora anche
questa, che è
una storia di
tram, può
iniziare così.
Il tram era il
mezzo di
trasporto per
antonomasia e
pertanto c’era
una vera e
propria febbre
alla ricerca di
soluzioni che, a
parità di
impiego degli
agenti a bordo,
potesse offrire
all’utenza una
maggiore
capacità. Era
anche l’epoca in
cui le soluzioni
innovative
trovavano
nell’ambito dei
depositi delle
stesse aziende,
la loro
primogenitura.
E’ questa una
tendenza oggi
desueta ma che è
stata vigente
fino agli anni
’60.
Ma
ritorniamo alla
nostra storia.
Le linee
tramviarie di
forza della Stefer, oltre
alla rete dei
Castelli era la
Termini-Capannelle
e la
Termini-Cinecittà.
Il direttore
dell’epoca
dell’azienda
suburbana era
l’ing. Mario
Urbinati. A lui
venne l’idea di
creare un
sistema di
articolazione
(poi detto
Giostra) per
l’invenzione di
un tram snodato
(costituito da
due semicasse) e
quindi con un
apprezzabile
aumento di
capacità
rispetto ad una
vettura a
carrelli. La
joint venture
con le officine
Stanga diede la
luce nel 1938 ad
un promettente
prototipo
immatricolato
con il numero
401.
Una volta
esaurita una
immaginabile
fase
sperimentale,
iniziò la
produzione della
serie di
ulteriori 11
veicoli
(402-420) con
piccole
differenze
rispetto al
prototipo. Le
novità del tram
del domani, come
si potrebbe
considerare
l’innovativa
vettura, non si
limitavano
all’articolazione,
ma riguardavano
anche una serie
di aggiornamenti
tecnici ritenuti
per l’epoca
molto moderni.
I
tram Urbinati
hanno svolto un
lavoro
incessante fino
agli ’80
assistendo e
corroborando
l’urbanizzazione
del quartiere Tuscolano. Quasi
in automatico
furono
pensionati quel
febbraio dell’80
quando la linea
A del Metro,
fece diventare
da un giorno
all’altro tutto
vecchio e
decrepito, anche
i bei tram
Urbinati.
Oggi
ne restano
ufficialmente
tre
sopravvissuti:
lo storico 401
presso il Club
dei tram storici
di Torino, il
404 esposto al
Museo della
Piramide a Roma
ed il 402
incluso nella
collezione del
Museo
ferroviario di
Colonna. In giro
per l’Europa
(Francia,
Germania, Paesi
Bassi) ho notato
che anche i
tipici tram Duwag e Siemens
fino agli anni
’90, includevano
l’invenzione
geniale del
benemerito
ingegnere Mario
Urbinati.
La
Urbinati 402 in
corsa verso
Porta San
Giovanni (coll.
G. Fiorentino)
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