Testo e foto di Ennio Castelletti

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La mia speranza era quella di viaggiare su un convoglio storico, in uno scompartimento con panche in legno di una centoporte trainata da una sbuffante GR 625, ma nessun treno storico era programmato per quei giorni sulla linea e mi son dovuto accontentare di raggiungere la mia destinazione a bordo di una borbottante ALn 668 col suo bel mantello color sabbia e verde lichene, anch’essa storica, ma in normale servizio.

Giungo così alla fermata di Tetti S. Antonio, ove il piccolo fabbricato della stazione è impresenziato, essendo la linea gestita a Dirigente unico, ma è tutto ordinato, pulito e ridente, con le sue aiuole molto curate e fiorite, come accade in località turistiche così ridenti e così armonicamente incastonate nella natura che le circonda.

Scendo, con gli altri escursionisti sul marciapiedi della stazioncina e di fronte ho la stazione di partenza della funivia. Decido quindi di salire all’eremo di S. Antonio con la funivia e di ridiscendere poi con una lunga passeggiata a piedi sul sentiero che riporta a valle.

Veduta panoramica del modulo FREMO.

Il viaggio in funivia mi apre uno spettacolo mozzafiato perché in un solo salto la cabina supera il torrente Acquachiara e si inerpica sul costone montuoso, costellato di abeti, che mi si para di fronte. Dall’ampia finestratura della cabina vedo il viadotto ferroviario “quattroponti”, l’imbocco della galleria S. Antonio ed il tortuoso viottolo che percorrerò più tardi.

La stazioncina a valle della funivia e ...

... quella di arrivo sulla vetta con la chiesetta.

Intanto la stazione di partenza è ormai lontana e, dopo una sella del costone montuoso, appare la stazione superiore nella sua tipica architettura alpina simile ad una grossa baita. La cabina si ferma dondolando dolcemente; scendo, con gli altri passeggeri e guadagno l’uscita che si apre su un belvedere da cui lo sguardo spazia sulla vallata e sulle cime innevate che la circondano. L’aria pura e frizzante che si respira qui mi dà una nuova carica di energia e, con un breve percorso, giungo all’eremo di S. Antonio. La chiesetta di montagna è piccola ma molto mistica nella sua semplicità ed il custode è molto disponibile a raccontare la storia dell’eremo fin dalle origini, con dovizia di particolari sulle persone importanti che qui sono venute in pellegrinaggio fin dai tempi più antichi. I prati circostanti sono di un bel verde muschio da cui sorgono siepi fiorite e rigogliose piante che in questo clima trovano il loro habitat ideale: un piazzale accoglie la statua di S. Antonio ed alcune panchine sono a disposizione dei turisti per riposo e pic-nic.

 Il viottolo che porta al mulino.

Lascio l’eremo ed inizio la discesa verso il torrente, lungo il sentiero carrabile in terra battuta e ghiaia; sul tornante c’e un capanno in legno che funge da stalla per il cavallo che lì vicino sta pascolando. Incontro dei turisti che, come me, passeggiano ammirando il luogo ed un motociclista che ha preferito raggiungere l’eremo sul suo rombante cavallo d’acciaio.

Raggiungo quindi il caseggiato del mulino ad acqua, ormai abbandonato e quasi cadente, ma con la ruota a pale che cigolando, mestamente gira ancora sospinta dall’acqua, come quando muoveva le mole per macinare il grano nel polveroso candore della farina che invadeva il locale.

 

La mente vola al periodo in cui settimanalmente giungeva alla fermata il merci di collettame per caricare i sacchi di farina prodotti dal mulino; era bello vedere quel merci con i tre o quattro carri che raccoglieva i prodotti locali che i valligiani mandavano ai mercati di città, prodotti che arrivavano alla fermata di “Tetti S. Antonio” nelle gerle, a dorso di mulo.

Sono distratto dai ricordi nostalgici, nel vedere sull’altra sponda del torrente un pescatore intento a controllare la lenza che ha lanciato. Continuo il mio girovagare passando sotto l’imponente arcata del viadotto “quattro ponti” e raggiungo il ponticello che scavalca il torrente “acquachiara”; il rombo cadenzato di una moto mi raggiunge: mi volto e vedo una “Guzzi 500 con sidecar“ che si arrampica sulla via verso il passaggio a livello incustodito.

È quasi ora di riprendere il treno, ma c’è giusto il tempo di dare un’occhiata alla piazzetta di “Tetti S. Antonio” ove, oltre al fabbricato della stazione ed la casello, c’è una villa e due box in lamiera ondulata; da uno di essi, che ha le porte semiaperte, si intravede il muso di una sbarazzina 2 CV Citroen.

Il tempo è tiranno e non posso proseguire lungo il viale che costeggia il torrente, torno alla fermata ed aspetto di veder spuntare dalla galleria il muso dell’automotrice che mi riporterà a casa.

 

 L'automotrice per il rientro ferma nella stazione di Tetti - S. Antonio.

 

Questa escursione sarebbe molto interessante e distensiva, ma può essere solo immaginata trasmigrando in un personaggio in scala H0 che visita il mio modulo “Fremo”. Forse mi sono così immedesimato nel lavoro fantastico che ho eseguito, da essermi sentito realmente un turista in scala 1:87 a passeggio sulla mia realizzazione che ha preso spunto nel momento in cui l’amico Alfredo Falcone, presidente del Clamfer, mi ha regalato due cabine di funivia che aveva in un cassetto, inutilizzate. Ha preso allora corpo l’idea di costruire, per esse, un paesaggio montuoso in stile piemontese (da cui la toponomastica “Tetti S. Antonio) e ne è derivato un modulo “Fremo” che ha le testate a norma e le fiancate in multistrato da 20 mm. che circoscrivono un blocco di polistirolo sagomato con la smerigliatrice per determinare la conformazione del suolo e del letto del fiume. La ruota del mulino è azionata da un motore Faller, mentre il meccanismo della funivia, autocostruito, è dotato di due cavi di acciaio da 0,5 portanti ed un cavo trainante guidato da pulegge: quella a valle è movimentata da un motore opportunamente demoltiplicato, mentre quella della stazione a monte comanda due microswich che azionano un relè per l’inversione di marcia.

È stata per me una grande soddisfazione l’aver presentato il modulo alla manifestazione indetta dalle Ferrovie e Servizi (FS) a Pietrarsa nei giorni 2, 3 e 4 ottobre scorsi dove ha riscosso notevole successo ed ammirazione da parte dei visitatori che affollavano lo stand del “Clamfer”.

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