Testo di Gennaro Fiorentino

Realizzazioni modellistiche e foto di Giuseppe Vitiello

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I recenti periodi di lock down hanno stimolato la fantasia del nostro socio e provetto modellista Peppe Vitiello. Sono nati così sei diorami, realizzati con il cosiddetto materiale di risulta, i fondi di cassetto ben noti agli appassionati. Le immagini di questi angoli del mondo hanno suscitato in me interesse misto ad ammirazione. Ritengo piacevole condividerle con i lettori del sito. Le foto, di per sé eloquenti, sono accompagnate da miei piccoli commenti con funzione di didascalia.

Ci troviamo in un angolo d’Europa, in uno spiazzo periferico. L’epoca potrebbe essere quella tra gli anni ’80 e ’90.

Ci sono di aiuto per la datazione le due auto in transito. Si tratta di due modelli Volkswagen in auge proprio in tale periodo;

per l’esattezza notiamo un coupé Scirocco in grigio e la berlina di prestigio Passat. Un gruppo di coltivatori diretti attende

al mercatino settimanale dei prodotti sull’area periferica disposta dal Comune. Si tratta delle proposte a chilometro zero. Trattandosi di un periodo ante euro, immaginiamo che i prezzi segnati potrebbero essere in marchi.

La caratteristica pavimentazione a piastrelle è tenuta pulita da ogni fronda o scorza.

Qualunque abuso potrebbe indurre gli uffici comunali a ritirare la concessione.

I figurini sono della Preiser, per lo più dipinti a mano a cura del modellista.

Ci spostiamo oltre Oceano. Immaginiamo gli Stati Uniti in preda alla grande depressione: quella del 1929.

Ispirata dal crollo dei prezzi agricoli, essa si estese rapidamente a tutti i comparti economici

culminando con la caduta di Wall Street. Il momento difficile costrinse intere famiglie,

per lo più dedite ai lavori “a giornata” in ambito agricolo, a trasmigrazioni interne.

Sempre alla spasmodica ricerca di un lavoro da espletare per guadagnare il proverbiale tozzo di pane.

Un lavoro anche modesto poteva apparire una chimera. Qui siamo su un’ipotetica ferrovia a vapore.

Non staremo in questo contesto a parlare della scelta americana di prediligere la trazione termica.

Basti pensare ai chilometri e chilometri (o dovremmo dire miglia) delle lunghe linee e della necessità di tenere

sempre sotto controllo gl’itinerari. Per questo fine, di tanto in tanto troviamo nelle stazioni delle draisine.

Con il famoso olio di gomito come trazione, si procede sotto il sole, l’acqua o la neve, alla verifica

del buono stato della struttura. Ma è pur sempre una buona occupazione ancorché faticosa, in un momento di ristrettezze.

Restiamo negli States datando la scenetta intorno agli anni ’50.

Siamo presso una stazione di servizio con l’emblema del brand con il numero 66.

Ciò ci fa pensare che quella strada sia la high way più famosa d’America (o forse del mondo).

Costruita nel 1926 poco più che come un tratturo in terra battuta, la route 66 fu asfaltata solo nel 1938

in concomitanza con lo sviluppo esponenziale della motorizzazione privata. È lunga 4000 chilometri e,

attraversando 8 Stati, collega Chicago con Santa Monica e dunque la California.

L’impianto di distribuzione ci sembra avere ancora l’erogazione manuale.

Intanto fa capolino una vettura della famosa Highway patrol che sovraintende al traffico stradale.

È una Cadillac Eldorado in austera livrea nera. Questo veicolo venne prodotto a partire dagli anni ’50.

Non appaia bizzarro che sia dotata di sole due porte per un utilizzo di polizia.

Fu proprio negli anni ’50 che la polizia stradale italiana aveva in dotazione le Fiat 1400 cabriolet

che avevano anch’esse due porte.

Immagino che questa scenetta potrebbe riferirsi a tanti posti negli USA.

Ma sono portato a pensare che siamo a Los Angeles, dove le distanze sono fuori da ogni umana considerazione.

Tant’è che la famosa metropoli viene anche definita “la città Stato”. Hollywood ne costituisce un immenso quartiere.

Saranno queste lunghe percorrenze che inducono alla necessità di una sosta rapida per mangiare qualcosa

o per altre esigenze anche fisiologiche. Non è raro incontrare dei ristoranti un po’ inventati ed alloggiati

in carrozze ferroviarie dismesse oppure in ex carrozzoni di circo.

L’insegna diner ci indica una tavola calda dove mangiare qualcosa di frugale, ma non di meno saporito.

Chi non ha mai assistito a scene da film con pasti costituiti da invitanti uova fritte o hamburger?

In questo caso la trattoria è ospitata in un vecchio vagone ferroviario con il suo bravo lucernario che ne tradisce l’origine.

Nella realtà la vetturetta è un prezioso rudere della ditta Pocher resuscitato a nuova vita dalle mani dell’artista.

Per quanto riguarda l’auto, troviamo ancora una Cadillac Eldorado ma questa volta in versione cabriolet.

In qualche parte d’Europa, nel terzo millennio: questa mi sembra la datazione che evoca il diorama del campeggio.

Certo, gli alberi e il limpido ruscello farebbero pensare ad una località alpestre

dove a pochi passi potrebbe correre una ferrovia di montagna.

Immagino una risorta ferrovia della Val Gardena. Il campeggio è annoverabile tra gli attendamenti liberi.

I turisti, con senso civico ed urbano, piantano le proprie tende

dove gli garba nel pieno rispetto dei luoghi e dell’ambiente.

 

 

Ho lasciato per ultimo questo diorama che definirei con la famosa frase dello scrittore svedese Axel Munthe

ossia “A dream comes true” cioè un sogno diventa realtà. La pandemia è ormai un ricordo bruttissimo.

Tutti i soci del Clamfer possono ormai da tempo ritrovarsi ed abbracciarsi con rinnovata stima e spirito cameratesco.

Ma c’è una novità. Per intercessione della Fondazione FS, il Clamfer non dovrà più penare per avere un tetto.

Infatti, la benemerita associazione ha procurato al Club una vecchia carrozza dove tenere le proprie riunioni.

Non solo ciò, ma ha anche concesso un pezzettino di suolo dove stabilire l’ancoraggio della carrozza.

Ha posto però una condizione. Al Clamfer è stato concesso in comodato un altro cimelio:

una locomotiva destinata alla fiamma ossidrica. I soci ne dovranno tenere cura offrendo a scolaresche

ed appassionati l’accesso con visita guidata. Il Consiglio ed i soci tutti hanno immediatamente

ratificato l’accordo che oggi è diventato una meravigliosa ed insperata novità.

Purtroppo, come tutti i sogni, anche questo finisce all’alba o per lo meno resta in scala 1 a 87.

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