Era nato il Telegrafo! Da lì a poco, Samuel
Morse trasmise, questa volta da Baltimora, il primo telegramma di fronte a
una commissione del Congresso degli Stati Uniti, su cinque
miglia di filo telegrafico. Il testo riportava la notizia della
elezione di un candidato alle presidenziali, politico
talmente poco noto al pubblico che furono in pochi a credere
della sua elezione fino a quando, dopo più di un ora, giunse
la stessa notizia per posta ordinaria.
Molti si convinsero
che il telegrafo poteva essere il mezzo di comunicazione del
futuro. Nonostante ciò, lo scetticismo nei confronti di
questo nuovo sistema di diffusione restava alto, come
spesso succedeva per tutte le nuove invenzioni. Per molti
anni, infatti, esso fu visto come un “misterioso agente”, di
cui si ignorava l’origine e la reale natura.
La
trasmissione telegrafica permetteva l’invio di notizie e
informazioni varie (dispacci) e di
messaggi (telegrammi); e tutto questo senza che l’informazione fosse
trasportata fisicamente come normalmente avveniva mediante
il servizio postale che utilizzava i mezzi di trasporto
disponibili all’epoca, tra i più diffusi quello ferroviario. |
Verso la fine dell’Ottocento ci si rese conto che
il “ticchettio” del registratore a carta poteva permettere
l’interpretazione “a orecchio” di quanto trasmesso. Fu
quindi sviluppato uno specifico apparecchio per la ricezione
acustica, il sounder, il cui impiego consentì di raggiungere
velocità addirittura doppie che con la zona di carta. Esso
divenne parte dei sistemi telegrafici, e il suo uso si
mantenne sino all’accantonamento del telegrafo.
Nel
frattempo il nuovo mezzo di trasmissione si diffondeva attraverso l’Europa, a
partire dai paesi più progrediti: in testa la Gran Bretagna
e il Belgio, seguiti dagli Stati tedeschi, dall’Impero
austriaco e dalla Svizzera. Il primo Stato della nostra
penisola a dotarsi del telegrafo fu il Granducato di Toscana
con la progettazione e realizzazione della linea
Pisa-Livorno nel 1847 ad opera di Carlo Matteucci,
professore di fisica all’Università di Pisa e uno dei
maggiori studiosi del tempo nel campo dei fenomeni
elettrici. Nel 1865 nasce l’Unione Telegrafica
Internazionale, con lo scopo di consentire comunicazioni
telegrafiche al di là dei confini; vi aderirono venti Stati con sede a Parigi.
Lo sviluppo della rete
ferroviaria, portò però, gradualmente al disuso della rete
viaria principale, rafforzando in cambio quella secondaria.
Infatti, se da una parte la ferrovia rendeva obsolete le
strade ordinarie, dall’altra era indispensabile il
potenziamento di quelle periferiche che permettevano il
trasporto delle merci dal luogo di produzione alla più
vicina stazione ferroviaria e viceversa dalle stazioni
ferroviarie al luogo di utilizzo delle merci.
Il
telegrafo divenne anche uno strumento indispensabile per
l’organizzazione e la sicurezza del servizio ferroviario,
permettendo di organizzare in modo efficiente il trasporto
dei passeggeri e delle merci. Perché i treni potessero
viaggiare in sicurezza, era infatti indispensabile uno
strumento di comunicazione simultanea tra le stazioni.
Grazie al telegrafo, i capistazione potevano far fronte ad
eventuali imprevisti legati alla movimentazione dei treni,
avvisando i passeggeri in attesa, di eventuali problemi
relativi al traffico, ed infine inviando soccorsi nel caso
in cui un convoglio ne avesse bisogno. Il tutto veniva
gestito dal Blocco telegrafico.
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A partire dagli anni cinquanta del XIX
secolo, quello telegrafico fu
il primo sistema di blocco adottato dalle principali
ferrovie del mondo. Il sistema, oltre a garantire l’invio di un solo treno per
volta in ogni sezione di blocco, permetteva lo scambio di
informazioni e dispacci. Il blocco telegrafico fu
l’applicazione del telegrafo alla sicurezza della
circolazione ferroviaria. I dispacci di invio o di giunto,
inoltrate mediante il telegrafo, permettevano di assicurare il
regolare invio di un treno in linea e la possibilità di
informazioni sulla sua tabella di marcia. Tali procedure,
definite ’dispacci’ di movimento, venivano scambiate tra i
vari operatori addetti ai movimenti dei treni nelle
stazioni. In Italia la prima applicazione ferroviaria del
blocco telegrafico risale al 30 giugno 1847, sempre ad opera
di Carlo Matteucci, sulla già citata tratta ferroviaria Pisa–Livorno.
Il legame fra ferrovie e telegrafo divenne,
progressivamente sempre più intimo, ma non reciproco. Infatti
a partire dalla metà dell’ottocento, mentre potevano essere
costruite linee telegrafiche non necessariamente collocate a
fianco delle strade ferrate, non fu più possibile realizzare
nemmeno un chilometro di ferrovia senza che gli venisse
posta accanto una linea telegrafica.
Dopo l’Unità
d’Italia, essendo il Servizio Telegrafico gestito
dall’Amministrazione Statale dei Servizi Telegrafici sotto
la Direzione Generale del Ministero dei lavori Pubblici ed
il Servizio Ferroviario da Compagnie private, fu
indispensabile stipulare delle convenzioni che regolassero
la costruzione, la manutenzione e la sorveglianza delle
linee telegrafiche da posare al fianco delle Ferrovie,
avendo queste bisogno di una rete telegrafica sociale per
gestire il traffico dei propri convogli. Giuridicamente le
reti telegrafiche sociali erano di proprietà delle singole
Compagnie ferroviarie, tuttavia la loro costruzione, e
spesso la loro sorveglianza e manutenzione, veniva
effettuata dall’Amministrazione dei Telegrafi.
Le
Compagnie ferroviarie quindi pagavano, all’Amministrazione
Telegrafica, sia la realizzazione, la manutenzione e la
sorveglianza. Inoltre l’Amministrazione Telegrafica aveva la
possibilità di posare altre proprie linee lungo quelle appartenenti alla Compagnia Ferroviaria. In questo
modo, era possibile disporre di una nuova linea telegrafica, pagando
soltanto il costo del filo. Inoltre, il fatto di posare una
linea Telegrafica Governativa lungo la stessa linea di una
Compagnia Ferroviaria, forniva una maggiore garanzia sia per
L’Amministrazione telegrafica che per le Compagnie
Ferroviarie in caso di guasti.
Ciò accadeva perché,
secondo la legge piemontese del 23 giugno 1853 ereditata
dal Regno d’Italia, le comunicazioni telegrafiche dovevano
essere gestite secondo il regime di monopolio statale, salvo
le convenzioni speciali stipulate tra Governo e società
concessionarie delle strade ferrate. Questo perché
l’esercizio dei telegrafi derivava da quello postale e la
necessità era ancora più sentita per la riservatezza delle
comunicazioni, con le quali nei primi anni si trasmettevano
soprattutto gli ordini di governo. Le Compagnie ferroviarie
rappresentavano dunque un’eccezione. Il privilegio delle
comunicazioni telegrafiche veniva loro concesso solo perché,
come già detto, indispensabile per la sicurezza ed il
corretto servizio ferroviario.
Nelle convenzioni, tra
l’altro, era previsto che le varie stazioni ferroviarie
fossero anche sedi di Ufficio Telegrafico; in questo modo poterono essere utilizzate, fin
dall’Unità d’Italia, come veri e propri uffici telegrafici,
dai quali, oltre ai telegrammi di servizio ferroviario,
potevano essere inviati anche quelli privati e governativi.
Si poteva così avere, senza dispendio di denaro, da parte
dell’Amministrazione dei Telegrafi, un ufficio telegrafico
aperto al pubblico in tutte le località dotate di stazione
ferroviaria. Inoltre, sia le regole di trasmissione che le
tariffe venivano rigorosamente determinate
dall’Amministrazione Telegrafica.
La concessione del
servizio pubblico veniva infatti data alle Società
ferroviarie soltanto allo scopo di poter diffondere
maggiormente il servizio telegrafico nella Penisola. In
tutti i casi venne previsto che i telegrammi di servizio
ferroviario, necessario alla corretta circolazione dei
convogli, fossero trasmessi con priorità assoluta, rispetto
a quelli privati e governativi, essendo il servizio
telegrafico l’unico sistema atto a garantire la sicurezza
del servizio ferroviario.
Nel 1889 fu istituito il
Ministero delle Poste e dei Telegrafi. Si concludeva così il
riordino del servizio di comunicazioni che nel 1866 aveva
vissuto una tappa fondamentale con la costituzione di due
Direzioni generali, una per le Poste e l’altra per i
Telegrafi, sotto il Ministero dei Lavori Pubblici.
Nel 1905 anche le compagnie ferroviarie italiane
si unificarono creando le Ferrovie dello Stato, pertanto
molte convenzioni furono cambiate o abrogate, ma il Servizio
dei Telegrafi rimaneva sempre Monopolio di Stato.
Le
reti ferroviaria e telegrafica si svilupparono
prevalentemente lungo le coste, essendo l’Italia
attraversata per tutta la sua lunghezza dalla catena
montuosa degli appennini, il che rendeva molto difficile
realizzare collegamenti diretti fra le località tirreniche e
quelle adriatiche, Negli altri Paesi europei, il cui
territorio era prevalentemente pianeggiante, la rete
telegrafica e quella ferroviaria assunsero la tipica forma a
stella, in cui le principali città erano tutte collegate
alla capitale mediante linee dirette.
Verso la fine del
dell’Ottocento, nonostante si stessero creando le prime reti
telefoniche, le compagnie ferroviarie, fedeli alla vecchia
massima: “verba volant, scripta manent”, continuarono a
lungo ad utilizzare esclusivamente il
telegrafo per il servizio ferroviario che lasciava una
traccia degli ordini trasmessi, e a non fidarsi delle
comunicazioni verbali telefoniche.
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Concludo queste brevi note con il
riportare una poesia del 1886 di
Giovanni Pascoli il quale volle omaggiare il matrimonio tra
Telegrafo e Ferrovia. Il poeta
definiva il telegrafo che correva lungo i binari come una
immensa arpa sonora, al vento.
Tra gli argini su cui mucche
tranquillamente pascono, bruna si difila
la via ferrata che
lontano brilla;
e nel cielo di perla dritti, uguali,
con
loro trama delle aree fila
digradano in fuggente ordine i
pali.
Qual di gemiti e d’ululi rombando
cresce e dilegua
femminil lamento?
I fili di metallo a quando a quando
squillano,
immensa arpa sonora, al vento.
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