di Maurizio Panconesi Ormai l’autunno è alle porte ed il periodo è l’ideale per ritirarsi nel proprio studio a progettare escursioni da portare poi a termine nella prossima primavera. Con l’arrivo della bella stagione infatti, l’appassionato di ferrovie sente spesso il desiderio di ritrovarsi “sul campo” per andare alla riscoperta di quanto resti di vecchie ferrovie, in alcuni casi anche scomparse ormai da tempo: e questo è tanto più affascinante se ad essere teatro di queste ricognizioni sono degli antichi tracciati abbandonati, un tempo sede di linee su cui correvano degli sbuffanti , piccoli treni a vapore come quello di cui brevemente tratteremo. E’ il caso della Ferrovia di Vallombrosa, quella che potremmo definire il piccolo gioiello della Toscana, l’equivalente di altre linee di montagna rimaste meritatamente famose in altre regioni (la Rocchette – Asiago, la Spoleto – Norcia, ecc…). Ma l’antica Ferrovia S. Ellero – Saltino (questi erano i suoi estremi) conserva forse un fascino ancor più marcato per quell’alone di romanticismo che pervade tutte quelle opere realizzate dall’uomo nel cuore di una natura incontaminata dove, ancor oggi, pare quasi impossibile che possa essere mai passato un treno! La nostra linea nacque nel lontano 23 maggio 1892 su iniziativa e progetto del Conte Giuseppe Telfener, rimasto colpito dalla bellezza di quei luoghi dove aveva villeggiato, ospite di un amico, appena un anno prima, nell’estate del 1891. Sollecitato ed aiutato in questo suo progetto dall’allora Ministro dell’Agricoltura, onorevole Chimirri, il Telfener vorrà battezzare con il suo nome una delle tre locomotive in servizio sulla futura linea. Acquistati terreni ed attrezzature, il dinamico imprenditore realizzò l’intera ferrovia nell’arco di soli 4 mesi potendo essere inaugurata il 25 settembre di quello stesso anno ed aperta al pubblico esercizio il successivo 2 ottobre (un vero record, tenendo conto, più che della lunghezza del tracciato – di soli 8 chilometri – del dislivello, di ben 846 metri, dai 111 di Sant’Ellero ai 957 di quota del Saltino). Lo scopo del Telfener era quello di dare sviluppo allo splendido altipiano di Vallombrosa dove era tra l’altro insediata la millenaria, omonima abbazia fondata nel 1036 dai frati Benedettini: per questo, egli volle creare una degna struttura ricettiva con la costruzione di villini e del gigantesco Grand Hotel Vallombrosa, con una dotazione di oltre 100 camere. Ma la vera attrattiva della ferrovia fu costituita dalla cremagliera, realizzata su apposito progetto dallo stesso Telfener, uno spezzone della quale si può oggi ammirare nelle sale dell’interessante Museo di Oggettistica Ferroviaria dell’ex Stazione Leopolda di Firenze; il binario era a scartamento metrico e su di esso correvano (si fa per dire, la velocità media nella salita del 234 per mille toccava a malapena gli 8 km/orari!) tre caratteristiche locomotive, di fabbricazione americana, della casa Balwin, a caldaia inclinata al fine di compensare le forti pendenze della linea oltre a 4 carrozze e 7 carri merci di vario tipo: i convogli erano solitamente costituiti da una vettura viaggiatori (o due carri merci) sospinta da una locomotiva la cui limitata potenza non poteva sopperire ad uno sforzo maggiore. La salita in ferrovia ed il soggiorno a Vallombrosa divennero, negli anni che seguirono, una delle attrattive più in voga della ricca borghesia della Belle Epoque tanto da far sì che sul finire del secolo, nel corso di un’afosa estate, lo stesso Governo vi si trasferisse al completo seppur per un breve periodo, tenendovi le proprie sedute.
La locomotiva Chimirri del 1895.
Stazione terminale del Saltino nel 1906. Il personale ammontava complessivamente a 32 unità, tra cui erano comprese 4 donne; le paghe rispettavano i criteri dell’epoca, conferendo cioè maggior importanza ai macchinisti (con 1440 lire annue) per toccare poi le 847 lire per i fuochisti, le 912 lire massime per i capistazione, e ridursi alle 120 lire per le guardabarriere e le guardiane lungo la linea (dati del 1906). Le corse erano variabili a seconda del periodo dell’anno: una sola coppia nella stagione invernale, per il trasporto degli scarsi viaggiatori e della posta, anche se a volte, causa le copiose nevicate, anche questa finiva per essere soppressa; fino a quattro invece durante il periodo estivo, con l’ultima corsa in coincidenza con l’apposito treno (!) della Mediterranea tra Sant’Ellero e Firenze. I viaggiatori sulla Ferrovia di Vallombrosa andarono progressivamente aumentando dagli iniziali 1.300 del 1892, ai 9.000 del 1901, per toccare poi i 15.000 nel 1906. Se il gradimento verso la ferrovia parve più che positivo, quasi subito fallimentare si rivelò invece la sua gestione ed esercizio: i debiti contratti dalla Società che l’aveva in gestione, la mancanza di provvidenze e sussidi economici, finirono per creare una situazione profondamente deficitaria che si concretizzò nella mancata corresponsione di diverse mensilità arretrate di stipendi ai dipendenti e dalla quale la piccola Ferrovia non sarebbe più uscita negli anni che avrebbero fatto seguito. Passata in gestione al Governo durante il periodo della Grande Guerra, nel 1919 la linea ritornò sotto la gestione privata che tuttavia rifiutò di adeguare le paghe del personale ai nuovi livelli inflazionisti dell’epoca, causando nuove proteste e conseguenti sospensioni del servizio. La stessa Società che esercitava la Ferrovia S. Ellero – Saltino, propose nel 1920 la sostituzione della linea con un autoservizio non ritenendosi in grado di poter adeguare la linea alle nuove esigenze derivanti dall’aumentato traffico commerciale.
Locomotiva n. 2 "Vallombrosa" nel 1905 a Sant'Ellero e personale in posa a Sant'Ellero nel 1905. Dopo alterne riprese del servizio e nuove sospensioni, la suggestiva ferrovia venne definitivamente chiusa il 18 aprile 1924. Se la ferrovia che saliva a Vallombrosa oggi non esiste più, possiamo tuttavia ritrovarne tracce del suo pittoresco tracciato tra prati e boschi: partendo da Sant’Ellero, di cui ancora esiste l’antica rimessa delle locomotive, possiamo con fatica identificare solo a tratti la vecchia sede ferroviaria, ora spesso sede di intricati rovi e di una fitta vegetazione. Della stazione di Donnini resta ancora il fabbricato di cui gli anziani del luogo ricordano ancora il vecchio vagone merci del trenino, rimasto abbandonato lì fino al 1937 e divenuto simpatica sede di giochi per i bimbi della zona; continuando a salire lungo il tracciato della ferrovia, ritroviamo quasi intatta, pur nel suo triste abbandono, la stazioncina di Filiberti, con le ampie finestre ora murate. Spesso, nel bosco rigoglioso, si incontrano ancora i bassi muretti in pietra che un tempo delimitavano la sede ferroviaria: poco più avanti si incontra la Fattoria del Vignale dove il trenino sostava per fare acqua. Oltrepassato il cartello indicatore del Saltino, si giunge infine a Villa Rognetta un bianco edificio che fu un tempo la stazione terminale del Saltino e sul retro del quale si può ancora intravedere tra l’erba il marciapiede su cui scendevano nelle estati di oltre ottant’anni fa, gli accaldati passeggeri del trenino provenienti dalla calda pianura dopo un’ora di salita fra i boschi. Sulla facciata della costruzione, una vecchia lapide del 1899 ricorda ancora l’ardita ferrovia opera del Conte Telfener: un magnifico sogno, rimasto in vita soltanto per pochi anni!
Sopra il titolo: Il trenino alla stazione terminale del Saltino a Vallombrosa ai primi del '900 Le immagini che corredano l'articolo sono tratte da: Pestelli -Baldassini - Wittum, Un treno per Vallombrosa ,Edizioni Polistampa - Firenze, 2005
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