Siamo ai primi del ‘900 e Napoli, quale erede della illuminata
politica economica borbonica, vantava ancora una grande esperienza
nella industria meccanica. Basti ricordare che la prima nave a
vapore che solcò il Mediterraneo era napoletana così come
il primo bacino di carenaggio;
la prima ferrovia della penisola italiana fu napoletana e che
le Officine di Pietrarsa furono le prime a costruire locomotive e
che il primo faro lenticolare Fresnel fu impiantato a Napoli. Ed
ancora, nel 1876, dai
cantieri navali di Castellammare fu varata la “Duilio”,
la nave più potente del mondo che raggiungeva i 15 nodi.
Il fondatore dell’industria metalmeccanica napoletana fu senz’altro
l’inglese Thomas Richard Guppy. Egli sbarcò nella capitale borbonica
il 1° dicembre del 1849 portandosi dietro un cospicuo bagaglio del
quale facevano parte, oltre che un migliaio di libri, perfino due
scrivanie. Tutto ciò lascia supporre che egli era venuto a Napoli
per sistemarsi in modo stabile. Il Guppy era un industriale molto
conosciuto a Bristol che scelse di trasferire la sua esperienza
nella città partenopea a seguito di un ambiente ostile venutosi a
creare nella sua Inghilterra.
Un altro ingegnere inglese che avrà un ruolo determinante
nell’industria metalmeccanica del mezzogiorno, fu Giovanni Pattison.
Egli era stato inviato a Napoli da Stephenson nel 1842 per dirigere
l’officina di riparazione del materiale della ferrovia del Bayard.
L’attività di Pattison continuò anche dopo la caduta dei Borbone ed
era così intensa che per apostrofare chi lavorava alacremente si
diceva “me pare ‘a cemmenera ‘e Battison” [mi sembri la ciminiera
di Pattison], ciminiera sempre emanante fumo, per l’appunto.
In quel tempo vi erano ancora i cantieri Armstrong a Pozzuoli, le
officine di Alfredo Cottrau a Castellammare e di Carmine De Luca e
S.O.F.I.A. a Napoli.
La zona franca di Napoli in una cartina del 1918
con cerchiate in giallo le Officine Ferroviarie (coll. A. Gamboni).
Fatta questa piccola premessa, ricordiamo che le
Officine Ferroviarie Meridionali (OFM) erano una società anonima con
sede in Napoli e si occupavano della costruzione e riparazione di
materiale mobile ferroviario e tranviario. Esse furono fra le prime
officine ad essere realizzate nella zona orientale della città (zona
franca) su un terreno paludoso al Vasto (Corso Orientale, oggi via
G. Porzio) nel
novembre 1904 con un capitale iniziale di lire 1.500.000,
successivamente aumentato a 3 milioni.
Nel marzo 1914 il capitale venne portato a 4
milioni allo scopo di rilevare le Officine della S.O.F.I.A., anch’esse
costruttrici di rotabili ferroviari. Il nuovo complesso era noto
come Officine della Bufola, alla Madonna delle Mosche.
Le
Officine Ferroviarie Meridionali,
che dall’origine avevano avuto ad Amministratori il comm. Tommaso
Astarita, il comm. Dante Ferraris, il comm. Giovanni Prampolini e i
fratelli Benvenuti, nel 1918 passarono a far parte del Gruppo Romeo
con a capo il Grand’Uff. Ing. Nicola Romeo (proprio quello
dell’Alfa-Romeo) il quale era nativo di Sant’Antimo, in provincia
di Napoli.
Lo stabilimento della Bufola e quello del Vasto
delle OFM (coll. E. Bowinkel).
Veduta generale ed ingresso dello stabilimento
della Bufola delle OFM (coll. E. Bowinkel).
Dopo la
Grande Guerra, le Officine avevano un capitale di 7 milioni
interamente versato e due stabilimenti, entrambi in zona franca: uno
al Vasto (Corso Orientale) dove
era la Direzione Generale, l’altro alla Bufola.
Presso
le OFM si costruivano carri ferroviari di qualsiasi tipo e qualsiasi
scartamento, dai carrelli Decauville per lavoro di sterro, dai carri
per trasporto carbone e merci, ai vagoni serbatoio per alcool,
petrolio, vini, ecc. ed a quelli di grande portata per trasporto
rotaie, trasformatori ed artiglierie. Ed ancora carrozze ferroviarie
a carrelli e senza, di qualsiasi tipo e classe, carrozze postali,
bagagliai, automotrici tramviarie e ferroviarie per servizi urbani
ed interurbani, di qualsiasi tipo, scartamento e potenza, ed
adattate a qualunque tipo di equipaggiamento elettrico, rimorchiate
tramviarie e per ferrovie secondarie, locomotori elettrici
completamente equipaggiati, anche azionati da accumulatori.
Alcuni rotabili costruiti dalle OFM. Le immagini
sono tratte da un catalogo del 1929 (coll. E. Bowinkel).
Per poter realizzare tutto quanto sopra descritto,
vi erano reparti per la grande e la piccola fucinatura, per la
lavorazione meccanica del ferro, una grande segheria, un grande
reparto per la lavorazione meccanica del legno, grandi tettoie e
fabbricati chiusi per il montaggio dei telai, dei carrelli e delle
casse, reparti di tappezzeria, locali per la verniciatura.
Nelle
OFM i veicoli venivano costruiti in tutti i loro più
minuti particolari, e per la bontà della costruzione e per
l’accuratezza della esecuzione queste Officine erano al livello
delle più rinomate case italiane costruttrici di materiale mobile
ferroviario e tramviario.
Malgrado
la lontananza enorme dai centri di produzione delle materie prime,
che le mettevano in stato di evidente inferiorità
rispetto alle altre concorrenti, mediante sforzi incessanti e
perfezionando sempre più la produzione, si riuscì a superare le più
grandi difficoltà tanto da farla divenire una delle più temibili e
serie concorrenti nelle gare per forniture ferroviarie e tramviarie.
Durante
la guerra del 1915-18, oltre a tutti gli svariali materiali prodotti
per la nostra artiglieria, si dedicò
anche alla costruzione degli aeroplani e vi riuscì così ottimamente,
da meritare un
encomio speciale da S. E. l’On. Chiesa, allora Commissario per
l’Aviazione.
Cosi,
ancora una volta, l’industria napoletana ebbe modo
di affermare la sua
capacità
e la sua volontà di prendere un posto sempre più preponderante fra
l’industria italiana.
Nel 1936 la Breda acquisì le Officine Ferroviarie
Meridionali, azienda aeronautica e ferroviaria del Napoletano che
fu prima ribattezzata IMAM (Industrie Meccaniche Aeronautiche
Meridionali) poi IMM (Industrie Meccaniche Meridionali), allorché la
produzione aeronautica fu riservata all’Aerfer di Pomigliano d’Arco,
fondata nel 1949.
Concludo queste brevi note con tre segnalazioni fattemi da
Gennaro Fiorentino.
La prima riguarda
un film del 1932 diretto da Alessandro Blasetti ed interpretato da
Raffaele Viviani dal titolo
“La tavola dei poveri” del quale furono girate alcune
scene presso le nostre officine. La seconda, invece, ci porta
lontano: in Portogallo. Il nostro solerte Vice Presidente del
Clamfer ha fotografato in un Museo una vettura con targa Officine
Ferroviarie Meridionali che vi proponiamo. Infine, un raro documento
del 1950 che, nel pubblicizzare una marca di vernice, mostra una
vettura delle FS fotografata nello stabilimento IMAM.
Alcuni fotogrammi del film "La tavola dei poveri"
(1932) relativi alle scene girate presso lo stabilimento delle OFM.
(segnalazione di G. Fiorentino)
Una vettura realizzata nel 1931 dalle Officine
Ferroviarie Meridionali per le ferrovie portoghesi (foto G.
Fiorentino).
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