Quello che stiamo per leggere ha
davvero dell’incredibile. Le notizie riportate
sono tratte tutte da cronache dell’epoca e
raccontano di una giornata indimenticabile
durante la quale accadde di tutto e di più.
Era
il 15 settembre dell’anno 1830 e, mentre il buio della notte cedeva il posto ad
una nuova alba, una gran folla già iniziava ad
occupare i primi posti per assistere ad uno
spettacolo nuovo. Un avvenimento molto
particolare avrebbe avuto inizio nella tarda
mattinata: l’apertura ufficiale della strada
ferrata tra Liverpool e Manchester.
Cartina della Liverpool-Manchester con indicazione delle
località citate nell'articolo (elaborazione A.
Gamboni).
L’inaugurazione
Data l’importanza della manifestazione, molti
erano i cronisti di giornali e di periodici che
quel mercoledì, già dal mattino, stavano
occupando le loro posizioni lungo la linea per
registrare le impressioni dal vivo da tramandare
ai posteri. Durante il fine settimana erano
stati consegnati inviti agli uomini più notevoli
della nobiltà, della politica, dell’arte e della
scienza; tra questi vi erano il Primo Ministro,
quel Duca di
Wellington che aveva da poco sconfitto
Napoleone, e William Huskisson, Presidente del
Ministero dell’Industria e Commercio. Alcuni portarono
anche le loro mogli,
una delle quali era Mrs. Elizabeth Huskisson.
Erano presenti anche diplomatici stranieri; tra
questi l’Ambasciatore austriaco con il compito
di fare il riassunto e riportare la novità al
suo governo. Un cronista scrisse che i nomi più
famosi furono gridati da un banditore fuori la
città di Liverpool. Una
tale affluenza di pubblico non era certo
sfuggita alle attenzioni degli intraprendenti
commercianti; infatti, per giorni, erano stati
reclamizzati “appartamenti per stare seduti e
camere da letto” con servizio di “vini ed
alcolici della migliore qualità”. Le
cittadine di Manchester e di Liverpool da due
giorni erano piene di persone e, dalla sera
precedente l’avvenimento, per molti non fu
possibile trovare un posto per mangiare o
dormire. Poiché tutte le locande della città
erano al completo, per mancanza di alloggi molte
carrozze private furono costrette a stazionare
di notte nelle strade in appositi recinti messi
a loro disposizione. Tribune coperte erano state
allestite a Liverpool, Manchester e nel Viadotto
di Sankey, dove “rinfreschi abbondanti” furono
offerti; nella tribuna coperta eretta sulla
discesa di Sutton, invece, i servizi includevano
anche “vini, alcolici ed una colazione fredda”. Per le classi più povere di Liverpool, la novità
di quei giorni si limitava alla sola vista di
splendidi cavalli e carrozze riccamente ornate
che portavano gentiluomini con le loro signore
sfarzosamente vestite. Il periodico “Albion”
scrisse che l’evento “attirò un grande numero di
eminenti uomini politici e del mondo scientifico
che mai erano affluiti insieme in questa città”.
La strada
ferrata principiava alla Crown
Street di Liverpool, verso il lato
sud della città. Qui, un imponente
fabbricato viaggiatori era stato
eretto in posizione laterale al
fascio binari, come se fosse una
stazione di transito; infatti, lo
scopo era quello di prolungare le
rotaie fino al porto. Non a caso per
la ferrovia fu scelto un tracciato
che unisse Liverpool, il più
importante scalo portuale inglese
dell’epoca, con Manchester, sede di
importanti industrie manifatturiere.
La stazione di Liverpool. Sul fondo, il Wapping
Tunnel all'uscita del quale vi era Hedge
Hill,
località scelta per la cerimonia
dell'inaugurazione (dipinto di Bury 1831).
L'interno del Wapping Tunnel con la
caratteristica illuminazione a gas
(dipinto di Bury 1831).
Per la partenza dei treni inaugurali fu scelta
la trincea di Edge Hill, una montagnola oltre il
tunnel della ferrovia; probabilmente perché in questa
località, molto vicina a Liverpool, i binari erano
incassati e, quindi, visibili
dall’alto da parte di un pubblico
che non doveva interferire con la
cerimonia.
La trincea di Hedge Hill. Al centro, il Wapping
Tunnel proveniente dalla stazione di Liverpool (dipinto di Bury 1831).
Sui binari erano stati
approntati otto convogli e su ciascuna locomotiva
vi era una bandierina colorata per segnare la
corrispondenza tra i biglietti speciali dei
passeggeri ed il treno stesso. Passate le
nove e mezza, gli otto personaggi che dovevano
condurre le ansimanti locomotive, tra i quali
tutti gli Stephenson, presero posizione sui
treni loro assegnati. Alle dieci in punto, il
Duca di Wellington, fatto un breve discorso di
apertura, prese posto nella carrozza ducale con
i suoi ospiti; fu, quindi, impartita la
benedizione della linea dal Vescovo di Lichfield.
Alle ore
dieci e quaranta fu sparata una salva di cannone
e, tra l’orrore degli spettatori, un pezzo di
stoppa fuoriuscito dalla canna colpì un garzone
sul volto. Il povero ragazzo perse un occhio.
Purtroppo il triste incidente non fermò la
manifestazione che proseguì mentre il
malcapitato era stato affidato alle cure dei
soccorritori.
Il pubblico presente a Hedge Hill
andò via dopo che tutti i convogli avevano
superato l’Arco Moresco.
Il convoglio del Duca di Wellington con al
centro la vettura delle autorità.
Tutti i convogli si dirigeranno oltre l'Arco
Moresco visibile sul fondo. Tornando all’inaugurazione, sappiamo che il
convoglio con il Duca di Wellington occupava da
solo il binario legale, mentre tutti gli altri
quello parallelo. Tale disposizione era stata
attuata per permettere al treno ducale di
effettuare soste impreviste per ammirare il
percorso senza interferire con gli altri treni.
Trainato dalla Northumbrian guidata da Stephenson,
il treno era composto da quattro carrozze; nella
prima vi era una Banda militare, nella seconda
invitati di riguardo, nella terza il Duca di Wellington con i suoi ospiti
personali, e nella quarta i direttori della
ferrovia con i loro amici. Come si vede, anche
all’epoca, essere amici degli amici portava a
dei privilegi; ma glissons… Gli altri convogli
erano formati da tre, quattro e cinque carrozze.
A titolo di curiosità, ricordiamo che lo
scartamento adottato era quello di 4 feet 8½
inches (mm 1435) ed i treni marciavano sulla
sinistra. Di seguito, i
nomi delle locomotive impegnate per la
cerimonia, il corrispondente colore
della bandiera ed il macchinista:
LOCOMOTIVA |
BANDIERA |
MACCHINISTA |
Northumbrian
Phoenix
North Star
Rocket
Comet
Arrow
Meteor
Dart
|
lilla
verde
giallo
blu chiaro
rosso scuro
rosa
marrone
porpora
|
George Stephenson
Robert Stephenson
(figlio di
George, di anni
27)
Robert Stephenson (fratello più giovane
di George)
Joseph Locke (di
anni 25)
William Allcard
Frederick Swanwick
Antony
Harding
Thomas L. Gooch
|
Gli ultimi
cinque nominativi in elenco erano tutti giovani accoliti di
George che, impiegati per altre attività, per
l’occasione facevano i macchinisti.
Naturalmente, il treno speciale per il Duca di
Wellington era condotto dallo stesso Stephenson. Purtroppo altre due locomotive, già ordinate
mesi prima a James Cropper ed a Ericsson, non
riuscirono ad arrivare; altrimenti molti più
passeggeri sarebbero stati trasportati.
La locomotiva Northumbrian in una incisione
dell'epoca.
La locomotiva North Star ed il relativo
biglietto d'invito con le indicazioni del treno
e del colore (da sito internet).
La locomotiva Rocket in testa al treno per
Manchester (coll. A. Gamboni).
L’incidente della Phoenix
I convogli viaggiavano ad una velocità regolare
quando, superata la piana di Rainhill, la
storica località dove si svolse la gara che vide
la locomotiva Rocket vincitrice, nei pressi di
Parr, qualche
chilometro prima del viadotto di Sankey, la
prima collisione della storia delle ferrovie
ebbe luogo tra due treni passeggeri.
La strada ferrata nei pressi di Rainhill
(dipinto di Bury 1831).
Scrisse il cronista A. Railer che viaggiava a bordo del
convoglio trainato dalla Phoenix: “Una delle ruote motrici, non so
come, fuoriuscì dal binario. L’aumento di attrito
fece rallentare il treno fino a fermarlo. La
macchina dietro di noi, non essendo consapevole
della nostra disavventura, ci piombò addosso a
forte andatura”. Non essendoci stati danni
a persone, la Phoenix fu rimessa in sede ed il
viaggio continuò tra la folla festante che
agitava cappelli e fazzoletti lungo la linea.
La locomotiva Phoenix, guidata da Robert
Stephenson, era al traino del treno verde.
Quasi a metà percorso (circa 27 km da Liverpool)
si incontrava il Viadotto di Sankey. La grande
opera in muratura piacque molto al Duca di
Wellington tanto da farlo esclamare: “Stupefacente e Magnifico!”
Effettivamente si trattava di una splendida
opera d’arte che, con le sue nove arcate,
superava il Sankey, un corso d’acqua all’epoca
navigabile.
L'imponente viadotto realizzato per
superare il fiume Sankey (dipinto di Bury 1831).
L’incidente di Parkside
Come
previsto, dopo circa un’ora tutti i treni
fermarono a Parkside, località posta quasi a
metà percorso, per caricare combustibile, acqua
e lubrificare le macchine locomotive. In questa
stazione di rifornimento vi erano cinque binari
paralleli; pertanto era stato vietato scendere
dalle carrozze in quanto poteva sopraggiungere
un treno su ognuno di essi.
Dopo che Stephenson sulla Northumbrian ebbe fermato il
convoglio del Duca, gli altri treni transitarono
lentamente sui binari paralleli per fare
omaggio a Wellington.
Quando la linea fu
sgombera, William Huskisson e molti amici,
disubbidendo alle disposizioni impartite dalla
Società ferroviaria, discesero dalla carrozza
del Duca per distendersi restando in piedi tra due binari.
Parkside era una stazione di rifornimento
collocata a metà percorso Liverpool-Manchester (dipinto di Bury 1831).
Poiché negli ultimi tempi le relazioni tra Huskisson e
Wellington erano tese, il
momento sembrò propizio per una conciliazione.
Così, come il Duca si affacciò dalla porta della sua
carrozza, Huskisson gli si avvicinò. In quel
momento, un acuto fischio avvertiva che la Rocket stava avvicinandosi e si udì un
ferroviere che gridava
“Entrate dentro! Entrate dentro!” Le persone che
erano scese dal treno si “arrampicarono
pazzamente in tutte le direzioni ed alcuni, con
grande presenza di spirito, si pigiarono contro
il lato della carrozza”. Nel panico, Huskisson
non riuscì a salire nella vettura del Duca e fu
investito dalla Rocket guidata da Locke il quale
non riuscì a fermare il convoglio.
Allora George Stephenson prese subito in mano questa
incresciosa situazione che presentava un uomo
morente ed anziano. Egli diede ordine di
staccare tutte le vetture dalla Northumbrian
tranne la prima, quella occupata dalla banda
musicale che fu fatta scendere dal treno. Adagiato,
quindi, il ferito nella carrozza, Stephenson si
diresse a tutta velocità verso Eccles, distante
da Manchester poco più di quattro chilometri.
L'incidente di Parkside visto da un
disegnatore di fine '800.
Erroneamente Huskisson viene trasportato dai
soccorritori in una carrozza stradale e non
nella vettura della Northumbrian.
(coll. A. Gamboni)
La scena che si
presentava a Parkside era caotica e confusa;
Wellington ed alcuni altri avrebbero preferito
che l’infelice corteo rientrasse a
Liverpool, mentre altre eminenti personalità
asserivano che la cerimonia doveva continuare. I
direttori della ferrovia pensarono che “un falso
panico avrebbe colpito seriamente il futuro della
strada ferrata” della Società. Inoltre, si
temeva che la folla che attendeva a Manchester,
delusa grandemente, avrebbe creato dei problemi.
Dopo lunga discussione tenuta al margine delle
rotaie, fu deciso di continuare.
Fu pertanto disposto che i convogli avrebbero
proseguito il loro corso, ma i fischi a bordo di
ciascun treno dovevano rimanere in silenzio ed
ai passeggeri fu chiesto di non rispondere al
saluto delle folle. Infine, la banda militare
doveva attendere i treni per rientrare a Liverpool.
Si continua per Manchester
Presa la decisione di continuare, i sette
convogli si avviarono verso Manchester.
Purtroppo il telegrafo ancora non era stato
inventato e nulla si sapeva sulla sorte di
Huskisson.
A circa 40 km da Liverpool, lungo la tratta che
supera la palude di Chat-Moss, i convogli
incrociarono la Northumbrian con Stephenson che
rientrava da Manchester. Le notizie furono che
il ferito stava per essere sottoposto ad un
intervento chirurgico. Quindi, riagganciate le
tre carrozze alla Northumbrian, si procedette
tutti verso Manchester.
Un convoglio in corsa sulla palude di Chat-Moss
(dipinto di Bury 1831).
Purtroppo le cose non andarono secondo le
previsioni.
Quando i treni raggiunsero la periferia di
Manchester, la folla, divenuta impaziente,
iniziò ad
invadere i binari e, poiché le autorità locali non
erano in grado di sgomberarli, i treni erano
obbligati a procedere a bassa velocità tra la
folla. Finalmente arrivarono alla stazione
ferroviaria di Liverpool Road a Manchester dove
terminavano i 56 chilometri di strada ferrata.
Qui li attendeva un’altra folla ostile che
sventolava striscioni e bandiere contro il Duca
bersagliandolo con verdure. Ovviamente, ma forse
saggiamente,
Wellington si rifiutò di scendere dal treno e
ordinò che i convogli facessero subito rientro a Liverpool.
Ma i
guai non erano finiti.
Si rientra a Liverpool
La fretta di partire per Liverpool, i guasti meccanici e
l’impossibilità di riparare le locomotive
inefficienti, nonché la mancanza di spazio per
girare tutte le macchine, fecero sì che la maggior parte dei
convogli non erano in grado di lasciare Manchester.
Intanto il Duca di Wellington fece rientro
con il suo treno, mentre delle sette locomotive partite
da Liverpool solo tre erano utilizzabili. Si decise,
allora, di formare un unico convoglio
di 24 vetture trainato dalle tre locomotive
utilizzabili.
Nel
frattempo, il tempo volgeva decisamente al
peggio: le scure nubi settembrine
iniziarono a scaricare un’acqua torrenziale. Ciò
nonostante, alle ore 17,30 il lungo convoglio,
che trasportava circa 600 passeggeri,
lasciò Manchester procedendo ad 8 km l’ora mentre una gran folla lungo la
linea continuava a lanciare ortaggi e frutta
piuttosto matura. Fu scritto
da un cronista: “Il contrasto tra la nostra
partenza da Liverpool ed il nostro arrivo in
Manchester era una delle cose più impressionanti
alla quale io mai ho testimoniato”.
Intanto si era fatto buio e, non essendo stata
prevista alcuna illuminazione sia per le
locomotive che per le carrozze in quanto il
rientro era stato programmato per le ore 16, i
macchinisti rallentarono la velocità e si
servivano di quella poca luce data dalle faville
delle locomotive.
Allo scopo di evitare altri incidenti, si pensò
di far marciare in prima posizione la locomotiva Comet come vedetta con un
uomo sulla piattaforma che segnalava con una
bandiera rossa. Giunta a Rainhill, la citata
locomotiva pilota rovinò su una carriola che era
stata messa sulle rotaie, probabilmente di
proposito, ma senza danni.
La locomotiva Comet, vedetta del lungo
convoglio.
Appena superato Parkside, il luogo
dell’incidente, il convoglio incontrò un gruppo
di uomini in uniforme che procedeva con alcuni
fardelli lungo i binari e sotto l’acqua. Ma chi
erano costoro? Erano, questi, i componenti della
Banda musicale che, avendo atteso per ore un
treno che li riportasse a Liverpool, avevano
deciso di farsela a piedi.
Le locomotive
accoppiate, non essendo sufficienti a trainare
il lungo convoglio sulla pendenza di Sutton, si
distanziarono dalla Comet. Allora furono fatti
scendere tutti gli uomini, circa 400, i quali dovettero
camminare nel fango e sotto la pioggia per circa
due chilometri e mezzo.
Giunti all’ingresso del
tunnel di Wapping, le carrozze furono sganciate dalle
locomotive per essere trainate da corde collegate a
motori fissi. Il rientro a
Liverpool avvenne con 6 ore e mezza di ritardo.
Questo enorme ritardo non giovò certo a James
Radley, proprietario dell’Albergo Adelphi di
Liverpool, il quale aveva approntato per le ore
17 un banchetto per celebrare “il successo e la
promozione del vapore”. Egli aveva preparato
per 230 persone delle quali 60 avevano pagato in
anticipo. Fu, questo, l’ultimo
degli eventi drammatici di quel giorno?
Purtroppo no; Huskisson morirà il giorno dopo. |